Giovedì 17 settembre. A Francoforte si taglia il nastro inaugurale della sessantaseiesima edizione IAA, la più importante rassegna del settore automobilistico a livello mondiale. Suona la fanfara Angela Merkel: “Grazie all’industria dell’auto abbiamo una crescita buona e stabile in Germania, il comparto auto è uno dei motori dell’economia tedesca che contribuisce anche alla crescita dell’occupazione”. E sottolinea che i tre quarti delle auto prodotte vengono esportate. Ma il clou deve ancora venire, quando con gli occhi umidi, rivolgendosi ai rappresentanti dei big del settore auto, Volkswagen, Bmw e Mercedes, scioglie la sua preghiera: “Mi rivolgo a voi che rappresentate un settore di successo. Se ci sono delle opportunità di aumentare l’occupazione, date una possibilità ai migranti”. I cittadini tedeschi, è il cuore dell’appello, devono accogliere “a braccia aperte gente che fugge da guerre e oppressione”. E la ciliegina finale: “siamo un Paese attraente per i rifugiati, e questa è una buona cosa”.
Lacrimucce a parte sul volto di ghiaccio di frau Merkel, in quelle ore rimbalzavano cifre da capogiro, numeri al “lotto”, degni del miracolo di San Gennaro in versione teutonica. Accoglieremo mezzo milione di migranti l’anno, ecco il messianico Verbo dell’Angela. Per una volta, prodigiosamente, non “strerminatore” di diritti, asfaltatore di Paesi, razziatore di economie, l’Attila in tutte le versioni rivedute e corrette. Ma la mai conosciuta sorella di San Francesco, venuta a parlare con i reietti, i respinti, i luridi migranti. Ad ospitarli nella Sua Grande Casa di Germania.
E subito i maligni a spargere zizzania: “lei vuole solo i più preparati siriani per sostituire i kossovari ignoranti. Una intelligente operazione di mercato, che fa molto comodo ai tedeschi”. Esecrabili dietrologie alla quali, però, dopo poche ore ha fatto seguito un imprevisto e immotivato dietro front. Niente più miracolo dei 500 mila, nessuna frau Merkel impegnata a camminare sule acque e a moltiplicare migranti & posti di lavoro. Forse un errore tecnico, con ogni probabilità qualche inceppo nei computer, ma di fatto quelle cifre “spariscono”, si liquefano come neve al sole.
In soldoni. Commenta un analista di piazza Affari. “La Merkel ha giocato a poker e non le è andata bene. Il governo sapeva dei risultati taroccati di Volkswagen, per questo ha cercato di fare un colpo ad effetto spingendoli ad assumere maree di immigrati. Sperava che quei risultati non venissero fuori, o almeno non così presto. In modo addirittura anomalo, a una settimana da quelle sue parole e a Salone di Francoforte ancora aperto”. Il Mega salone dell’auto, infatti, dura dieci giorni e chiude perciò il 26 settembre.
Altre dietrologie a parte (colpi bassi nel mondo internazionale dell’auto, con possibili vendette in corso; colpi bassi tra i papaveri dell’azienda, gli inflessibili super manager; con colpi bassi per frau Mekel versione umanitaria, scoprendola invece ben consapevole delle truffe del fiore all’occhiello dell’auto teutonica; colpo a tutto il governo tedesco, con il duro delle finanze Schauble ora preso con le mani nella marmellata, perchè “non poteva non sapere”), va ricordato che il mito di Volkswagen è costruito sull’intreccio pubblico privato, ossia con una partecipazione “finanziaria” del governo locale, e una compartecipazione alle decisioni dei sindacati.
E a questo punto, val la pena di ricordare qualche precedente, nel sempre luccicante, integro e trasparente mondo “di Germania”. Una dozzina d’anni fa scoppiò una scandalo, da quelle parti, che vide protagonisti alcuni top manager della illustre casa d’auto: perchè compravano in “natura” (prostitute più viagra) il voto dei sindacalisti all’interno del consiglio di sorveglianza, l’organo aziendale che decide il bello e cattivo tempo. Da ricordare solo che quel consiglio è democraticamente diviso fifty fifty tra dirigenti e sindacalisti (sic). Un altro pezzo da novanta dell’industria tedesca, Siemens, qualche anno dopo è andato sotto inchiesta per corruzione: oggetto, sempre i combattivi sindacalisti, comperati sia in casa che all’estero. Del resto, tutto il meglio del mondo economico tedesco – banche, poste, aerei, ferrovie, ossia Deutsche Bank, Deutsche Post, Deutsche Telekom, Lufthansa – ha regolarmente spiato non solo dipendenti, funzionari e sindacalisti, ma anche giornalisti. Ma questo, nel paese di frau Merkel, non è reato…
Nella foto il cancelliere Angela Merkel
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