Anche i giganti hanno i piedi di argilla e gambe tremolanti: succede se in buona o in mala fede si macchiano di colpe tenute segrete ma svelate da novelli Davide e rese note al mondo. Il gruppo automobilistico primo sulla Terra per vendita di auto, la Volkswagen di Wolsburg, ha truffato milioni di utenti alterando i tassi di inquinamento di suoi ambitissimi modelli. Il colosso tedesco non ha provato neppure per un attimo a bleffare e il suo presidente, con il capo chino, metaforicamente cosparso di cenere, ha chiesto scusa al mondo. Le reazioni sono state finora deflagranti: in caduta libera le azioni Volkswagen, sconcerto tra i milioni di acquirenti del marchio ritenuto sinonimo di affidabilità, serietà e abilità costruttiva. Nel baratro finisce anche Angela Merkel, la cancelliera dell’austerità, perché al corrente dell’imbroglio. Le conseguenze miliardarie della truffa minano la solidità finanziaria del gruppo. La domanda che si pongono gli automobilisti di altri marchi: ma a barare è solo la Volkswagen o il gruppo tedesco è solo il primo a essere smascherato? Nella globalità di società avvezze alla corruzione, all’inganno, non è improbabile che il caso clamoroso del gigante europeo coinvolga altre aziende automobilistiche e non solo.
Nella foto una Volkswagen
Fuoco sui talk show
Una ne pensa, cento ne fa. Il Renzi “petrosino ogni minestra”, scopre l’“inadeguatezza” dei talk show televisivi e decreta l’impellenza di intervento su programmi storici della Rai, censurando una presunta ostilità antigovernativa di “Ballarò” e “Presa diretta di Riccardo Iacona. Le colpe? Troppe presenze di esponenti grillini, parzialità nell’interloquire solo con sindacati critici nei confronti del job act. Il presidente del consiglio evita accuratamente di esibire i dati del record di personali presenze nell’intero panorama dell’informazione radiotelevisiva, imparagonabile perfino allo strabordare del predecessore di Forza Italia. Ne fanno fede, oltre al presenzialismo in tutte le edizioni di tutti i telegiornali, le partecipazioni a programmi di intrattenimento e di approfondimento, di qualunque taglio e opzione partitica, come Otto e Mezzo, Porta a Porta, Virus, Quinta Colonna di Del Debbio. Ma a prescindere, come avrebbe aperto una parentesi Totò, il vero problema di programmi televisivi come Ballarò e affini, decotti da tempo, è la noia mortale di immancabili risse, provocate, di temi triti e ritriti, di chiacchierologia dettata da copioni precostituiti che spacciano paccottaglia, promesse da marinaio e bugie su fantomatiche strategie politiche. C’è poco da fare, il decisionismo renziano somiglia sempre più al dejà-vu di poteri forti, perché in sella al governo, che pretenderebbero radio e televisioni completamente asservite alla maggioranza di turno, con buona pace del rispetto per l’utenza, anestetizzata da “salotti” reiterati come accade per ricchi spot pubblicitari e da paccottaglia di fiction in stile Grand Hotel o film d’azione, polizieschi a iosa, perché innocui, estranei alla sollecitazione di riflessioni sulle realtà sociali del nostro difficile tempo.
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