Ci voleva una tv iraniana per scuotere dal letargo il giornalismo italiano. Ci voleva l’emittente di stato creata dalla Guida Suprema iraniana Ali Khamenei per gridare allo scandalo di una magistratura – quella italiana – che soffoca la stampa indipendente assai peggio dei più feroci talebani.
Sì, ci voleva Press.tv per far conoscere al mondo la vergogna di un Paese che si diceva libero, che i nostri padri costituenti volevano democratico, e che invece è ormai ridotto al silenzio dalle mafie. Quelle che sparano e minacciano. E le altre, ancor più potenti: le mafie di Stato.
Come altro definire un Parlamento che da anni si gingilla con l’inutile quesito “carcere sì carcere no”?, mentre vengono decimate da sentenze civili di primo grado, provvisoriamente esecutive ed esigibili cash, le più coraggiose testate d’inchiesta, quelle che un tempo rendevano davvero libero e informato questo disgraziatissimo Paese?
Il caso della Voce delle Voci, rilanciato da Alberto Spampinato di Ossigeno – che lo ha inserito nel Report come emblema del giornalismo minacciato e ridotto in schiavitù – non è sfuggito alla tv iraniana, a quella grande Press Tv che, fondata a Teheran nel 2007, oggi ha sedi di corrispondenza in tutto il mondo. E al mondo è stata capace di mostrare, in un servizio andato in onda ieri, il volto di Nello Trocchia, giovane cronista di razza minacciato dalla camorra e tuttora senza alcuna protezione. E la vicenda giudiziaria che ha massacrato la Voce con una sentenza che assegna alla maestra di Cristiano Di Pietro, figlio dell’ex pm, la sbalorditiva somma di oltre centomila euro per il turbamento ricevuto dalla signora leggendo un pezzo scritto sulla Voce nel 2008 dal giornalista Rai Alberico Giostra. Di qui la caccia all’uomo, giornalisti trattati come narcotrafficanti colombiani, ingiunzioni spedite a casa con richiesta “di non alienare alcun oggetto personale”, né tanto meno la testata giornalistica, perché ormai, “per legge”, è roba loro. Tutto per una sentenza di primo grado, mi confermata in appello e lontana anni luce dalla Cassazione. In Italia funziona così.
Cosa c’è dietro a tutto questo? Possibile che stia venendo alla luce il disegno impressionante di una classe politica ormai definitivamente genuflessa dinanzi allo strapotere autoreferenziale dei magistrati e, ancor più per questo, ben decisa a spegnere definitivamente qualsiasi potere di controllo sul proprio operato da parte dell’opinione pubblica, seppellendo con leggi sempre più liberticide il giornalismo d’inchiesta?
Se questo fosse davvero lo scenario – e siamo pronti a crederlo – allora c’è sicuramente da invidiare l’Iran, dove una televisione di Stato viene finanziata con 25 milioni di dollari. Dove per l’Italia si sceglie un corrispondente preparato e rigoroso come Massimiliano Civili, il giornalista che ha firmato l’inchiesta andata in onda ieri sul bavaglio mafioso all’informazione in Italia.
Non ha guardato solo alle “lupare”, Max Civili, ma piuttosto, seguendo la linea tracciata da Spampinato – e ripresa poi dal grande Claudio Fava – ha voluto ascoltare la Voce delle Voci. Colpita da poteri forti ancor più indisiosi e, forse, ancor più invincibili.
Grazie Iran, grazie Press Tv.L’Italia dovrebbe imparare da voi.
Il link al servizio di Max Civili:
http://www.presstv.ir/Video/2015/08/11/424199/Italy-antimafia-commission–journalists-
Le foto sono tratte dal servizio di Press Tv: in alto Nello Trocchia e, qui sopra, Max Civili.
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