Fatti, non intenzioni

Con grave e colpevole ritardo, l’Italia (ne era consapevole nei decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale) riscopre il drammatico stato di sofferenza del Sud del Paese. Sull’onda di un impressionante rapporto Svimez che gira il coltello nella piaga della diseguaglianza che spacca l’Italia in due, in danno del Mezzogiorno, Renzi si distrae per un attimo dalle beghe interne al Pd, chiude con le frecciate velenose contro la magistratura e il progetto di un nuovo partito con tutti (o quasi) dentro una mega coalizione che spazzerebbe via ogni residuo riferimento ideologico alla sinistra. Di qui l’annuncio di un rendez-vous generale per la respirazione bocca a bocca con il derelitto e agonizzante Sud e la riproposizione del problema Mezzogiorno (finora dormiente), pensate, perfino con la proposta di un ministro ad hoc e di direttive di accelerazione delle risorse non spese, una fra tante quella per il default trentennale di Bagnoli, in stato di abbandono, ma costato finora fior di milioni per bonifiche mai realizzate e prebende ai dirigenti di società fantasma, inadempienti. C’è chi teme che le intenzioni verbali restino parole di circostanza, per sottrarsi temporaneamente alla polemica sulle responsabilità del governo e di quanti lo hanno preceduto. Ne avremo presto la conferma o la sconfessione.

Nella foto, file all’imbarco degli aliscafi da Napoli per le isole.

 

A lezione di spagnolo

“Spagna” e “nostalgia” si integrano compiutamente di ritorno da una vacanza in Andalusia, sud della penisola iberica che detiene il patrimonio della Costa del Sol, una collana di pietre preziose che si chiamano Puerto Banus, Mijas (nella foto qui sotto) e molti altri luoghi incantevoli lungo la generosa costa mediterranea, ma anche nell’immediato retroterra.

In Spagna il turista è ospite d’onore, accolto nel rispetto di modelli d’eccellenza dell’accoglienza, capillarmente diffusi. E tutto funziona, dai trasporti alla mobilità automobilistica, dalla qualità degli alberghi e degli stabilimenti balneari alla varietà dell’offerta gastronomica e di eventi complementari alla vacanza di solo mare. L’Italia non impara da questi specialisti del turismo e scoraggia i vacanzieri con una serie di disagi che ostacolano l’attuale tendenza degli stranieri a scegliere il nostro Paese a preferenza di mete esotiche, ritenute pericolose perché nel mirino del terrorismo.

Il caso Fiumicino esemplifica l’incapacità italiana a fronteggiare l’emergenza generale dell’esodo estivo e del transito o della destinazione finale del turismo internazionale. Quanto è successo nei giorni scorsi, con i viaggiatori abbandonati a se stessi, privi di assistenza e di comfort minimi, denuncia la crisi del sistema di accoglienza nello scalo aereo più importante del Paese, di là dalle conseguenze degli incendi (ma poi, ci sono colpe, e di chi?) che ne hanno ridotto ai minimi termini l’agibilità. Il lodevole impegno del ministro Franceschini di trasformare le ricchezze ambientali e artistiche del Paese in un volano trainante dell’economia naufragano nell’impreparazione storica a gestirle e a contornarle di efficienza generale. Scioperi dei trasporti (quelli del settore aereo letali), degli operatori di musei e siti archeologici, la smobilitazione di servizi essenziali per insufficienza di uomini (le micidiali ferie concentrate in agosto, cioè non scaglionate) e di mezzi, rendono la vita difficile a quanti scelgono l’Italia nei mesi estivi (e non solo); non pochi alberghi e ristoranti, che speculano con costi maggiorati, scoraggiano soggiorni prolungati e non invogliano i clienti a interpretare il prezioso “passa parola” promozionale al ritorno nei Paesi d’origine. Napoli partecipa purtroppo al caos dei giorni caldi di vacanze estive che richiamano decine di migliaia di turisti, attratti dalla città d’arte e dal suo ruolo di stazione intermedia per escursioni nei luoghi di visita più ambiti, come Pompei, le isole, la costiera.

 

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