Divina provvidenza per Azzollini

Pd: una bella (!) prova di salvataggio

Crac della casa di cura Divina Provvidenza (quale ironia l’aggettivo e il sostantivo), bancarotta fraudolenta, associazione per delinquere. Di qui la richiesta di arresti domiciliari della Procura di Trapani: chiamato a decidere, il Senato della Repubblica, senza vergogna, ha negato l’autorizzazione per il gaudio dell’accusato, al secolo Antonio Azzollini, del centrodestra (alleato di governo del Pd) che aveva elemosinato su tutti i fronti un “no” al voto arrivato puntualmente a salvarlo nel buio della segretezza, complici quanti del Pd hanno sposato l’ipocrita tesi di un necessario approfondimento e hanno interpretato l’invito del capogruppo Zanda a esprimersi secondo coscienza come il via libera per difendere scandalosamente la casta. Chi si destreggia nel svelare il back stage dei voti parlamentari calcola in sessanta il numero di senatori del Pd che hanno contribuito a cancellare la richiesta della magistratura (che lo stesso Renzi sembra non amare alla follia). Scandalizzati, a nome della minoranza Pd, Alfredo D’Attorre, a nome della strana maggioranza, Debora Serracchiani; commosso Schifani (centrodestra), che si dichiara convinto dell’innocenza di Azzollini, indignato Nichi Vendola che pronostica la nascita di un nuovo partito Renzi-Verdini (suo un nuovo gruppo antiberlusconiano)-Azzollini, caustico Grillo (“La legge non è uguale per tutti”); superindignati i Cinquestelle (“Fate schifo”), e come dar loro torto. Sullo sfondo rimane la vecchia e irrisolta polemica sull’etica del voto segreto, una specie di refugium peccatorum che consente di ribaltare valutazioni dei partiti espresse a chiare lettere nelle rispettive sedi e addirittura in Parlamento.

Nella foto, Antonio Azzollini

 

 

Il cachemire di Fausto

Se n’è andato l’ex senatore Mario D’Urso, napoletano, divenuto straricco come banchiere internazionale di investimenti, celebre avvocato, amministratore della galattica Lehman Brothers, assiduo frequentatore dei salotti “buoni” della Roma che conta come il suo amico Fausto Bertinotti (un piede nella sinistra-sinistra, l’altro negli ambienti dell’opulenta borghesia intellettuale). D’Urso è stato considerato un vero protagonista dell’eleganza maschile, accolto nel jet set e negli ambienti della più alta nobiltà. L’appetibile eredità, che comprende vestiti di classe, camicie e cravatte costosissime, ma soprattutto proprietà immobiliari, andrà al nipote, ma beneficiario del testamento è anche l’amico Bertinotti, gratificato con un lascito di cinquecentomila euro, con cui potrà incrementare il possesso di indumenti in cachemire e affini.

 

 

Disavventure di volo

Staccare il telefono, non rispondere alle e-mail, inventare alibi, frapporre tra utente e servizi barriere telefoniche che rimandano al mittente voci impersonali registrate, inutili, capaci solo di alzare il livello d’incazzatura di chi atterrato con un aereo a elica anziché con il previsto jet Alitalia non trova il proprio bagaglio e per giorni tenta invano di capire se e quando ne tornerà in possesso: così la prestigiosa compagnia di bandiera che non sembra aver tratto giovamento in efficienza con la partnership Etihad di cui si serve, per tratte brevi come la Roma-Napoli, per sostituire i propri jet con velivoli a elica, vecchi, piccoli e incapaci di sopportare un normale carico di il carico di bagagli, perciò in parte lasciati a Fiumicino per chissà quanti giorni. Viva l’Italia degli incapaci, proposta anche ad allibiti turisti internazionali.


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