Change, ovvero cambiare in Europa si può

Ma allora si può. Sembra che basti il coagulo di un governo di sinistra-sinistra per contrastare l’ingresso senza via d’uscita nel tunnel della crisi, che in diversa e comunque acuta criticità colpisce il mondo occidentale. La prova del nove arriva dalla terra del fado, di Amalia Rodriguez, dell’asso del pallone Ronaldo, di Saramago e Pessoa, da un popolo che ha scelto di incamminarsi sulla via del socialismo reale. Il fenomeno Portogallo meriterebbe l’attenzione del mondo, in crisi permanente per non aver capito che il liberalismo capitalista è un’inalienabile palla al piede, che genera mostri dell’antidemocrazia a vantaggio di pochi, dispotico protagonista di economie a senso unico, governate da cinica indifferenza per le povertà. Il Paese, raccontato mirabilmente da Tabucchi con “Sostiene Pereira”, al blocco di partenza come in una corsa di mezzofondo conclusa con il taglio del filo di lana, è scattato in avanti e si è lasciato alle spalle austerità e privatizzazioni. Premio per lo sprint vincente è la crescita dei salari e delle pensioni, l’inedito di contratti collettivi ridisegnati per un tetto delle ore di lavoro ridotto a 35 ore settimanali. Gioco di prestigio, magia, esorcismo da guru? Niente del genere. La sinistra al governo ha ripudiato la linea strategica della Ue Comunità, i diktat che costano manovre finanziarie repressive, l’imposizione di lunghe stagioni di lacrime e sangue, di stipendi decurtati e 40 ore di lavoro settimanale. E’ andata male ai conservatori di Coelho e conseguente rinuncia a governare. La responsabilità di uscire dall’émpasse l’ha ereditata il socialista Antonio Costa, tra lo scetticismo interno e della comunità europea. Ha inventato un sodalizio delle sinistre che altrove (leggi Italia) sembra impraticabile, con socialisti, partito comunista e blocco della sinistra. Allora si può. In cinquecento giorni Costa mette in busta paga un interessante surplus senza ricorrere al classico aumento delle tasse, anzi cancellando i balzelli introdotti da Coelho. Il tasso di crescita economica balza in alto di un paio punti percentuali, i senza lavoro diminuiscono nella stessa dimensione. Costa ammette che la crisi non è ancora alle spalle ma ricorda con legittimo orgoglio che il Portogallo è ora considerato da Bruxelles come un modello alternativo al sistema Bce. Sorprendenti corollari del governo di sinistra mirano tutti al welfare: libri scolastici gratuiti per esempio, a scapito di consumi non fondamentali come il tabacco e la piaga della Coca Cola, di altre bevande gassate, dannosi per la salute. Tutto vero, compresa la logica socialmente ineccepibile di una pressione fiscale che in progressione colpisce il lusso. Marisa Matias, europarlamentare, probabile prossima presidentessa del Portogallo (per il Blocco della sinistra) è paladina della strategia realizzata, della riuscita coniugazione di crescita e giustizia sociale. Commenta con entusiasmo l’operazione che ha cementato l’alleanza tra Socialisti, Comunisti e Blocco di sinistra e chissà che il Portogallo non consenta ai protagonisti di questa svolta politica di esportare il modello in Paesi come l’Italia perché si liberi con forme di autonomia sensate della pesante austerity comunitaria, con una rivoluzione che ben dentro la Ue importi il sistema lusitano anticrisi.

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