L’ibrido del Bel Paese

L’Italia, non solo lei certo, ma un po’ di più,  va dove la portano le nuove tendenze, nel bene e nel male: nel mondo delle due e della quattro ruote il vecchio, il desueto, sono le auto con motori a benzina, anni addietro per chi lo ricorda, la ‘super’” con più ottani, la ‘normale’, buona solo per alcune vetture. Un modesto e molto abile meccanico inventò un semplice dispositivo, che installato sulla sua ‘500’ gli consentiva di andare da Napoli a Milano e tronare con sole diecimila lire di benzina. Inviati speciali delle famigerate ‘sette sorelle’, pool in regime di monopolio dell’oro nero, comprarono con immensa generosità l’invenzione e la seppellirono per non recare disturbo ai loro lauti profitti.

Con molta parsimonia le big del pianeta auto hanno introdotto innovazioni: motori diesel, alimentati dal Gpl, da metano, da propellenti misti benzina-elettricità, solo da elettricità, con attuale prevalenza della soluzione ‘ibrida’, termine, che appunto fa tendenza.

Come accade per le auto anche per l’identità dell’Italia non è improprio l’attributo ‘ibrida’. Solo che nel caso del Bel Paese non si tratta di connotare step innovativi, come avviene per le strategie commerciali dell’industria automobilistica, ma di definire la sua dimensione etica che include  numerose contrapposizioni tra eccellenze e il loro contrario. Impossibile sciorinare nello spazio minimo di questa nota quotidiana il chilometrico elenco di luci e ombre, ma si può rimediare con l’aiuto dell’attualità.

Muore Gino Strada. Schivata la stolta riserva mentale di quanti da becere posizioni di destra hanno tentato di offuscarne il mito addebitandogli di essere ‘troppo di sinistra’, il ‘siamo tutti Gino’ rappresenta il sentimento comune per un eroe del nostro tempo di cui va fiera l’italianità. Quasi contemporaneamente è in vetrina un protagonista del lato oscuro dello stesso Paese, l’ex magistrato Luca Palamara, a cui  con assurda e sconsiderata disinvoltura è stato concesso di presiedere l’Associazione Nazionale Magistrati, di essere consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, pubblico ministero a Roma e Reggio Calabria. È accusato di  episodi di corruzione, è stato rimosso dall’ordine giudiziario (carriera conclusa). Dal cappello a cilindro di esperto illusionista Palamara tira fuori un possibile ingresso nella casta dei politicanti di mestiere. Fonda il movimento ‘Palamara’ e si candida alle elezioni suppletive del quartiere romano di Primavalle, forte del ‘Like’ che gli esterna Salvini, con il viatico della ‘convergenza’ ideologica sul tema giustizia.

È chiaro perché l’Italia si può aggregare al termine di moda, all’aggettivo ibrido e ve ne fosse bisogno si può estendere all’incredibile boom editoriale di un paio di libri-autobiografia, cofirmati da ‘Io sono Giorgia’ (Meloni) e dal citato Palamara, esposti  in libreria negli stessi scaffali che ospitano Hemingway e Pasolini.

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