TANGENTI ENI IN ALGERIA / PARTE A MILANO IL PROCESSO A SCARONI & C. GIA’ DIMEZZATO

Sta per partire a Milano il processo dell’anno. Ma uno dei tre motori, il principale, è già in avaria.

Si tratta del processo per corruzione internazionale negli appalti petroliferi in Algeria che vede sul banco degli imputati l’ex amministratore delegato Paolo Scaroni e alcuni dirigenti della controllata Saipem: il presidente del collegio giudicante (e anche presidente della quarta sezione penale) Oscar Magi, infatti, non sarà presente e verrà sostituito da un giudice onorario, ossia un non togato, uno degli oltre duemila che popolano le aule dei tribunali di casa nostra (i ‘got’, che svolgono nella vita un’altra professione, spesso avvocati anziani). Per la serie: come se per una delicata operazione venisse arruolato all’ultimo istante un barelliere o per pilotare un volo transoceanico una hostess.

Spiega un avvocato che da anni frequenta le aule di quel foro: “quando burocrazie e inefficienze arrivano ai confini della realtà. E’ successo che gli avvocati di Descalzi e dell’Eni – il principale è l’ex ministro Paola Severino – hanno chiesto e ottenuto dal presidente del tribunale Roberto Bichi l’estromissione di Magi, che a loro parere era incompatibile perchè in un precedente giudizio a carico di Saipem, sempre per corruzione internazionale, aveva sostenuto l’inadeguatezza del modello organizzativo Eni a prevenire le tangenti. Quindi secondo loro avrebbe applicato lo stesso metro di giudizio anche in questo caso. Per una serie di impedimenti, incompatibilità, motivi ostativi, questioni di anzianità oppure di fresco arrivo in una sezione, tutti i papabili sono stati esclusi, così come è stata scartata l’ipotesi di trasferire il tutto ad un’altra sezione. Per cui alla fine Bichi e il coordinatore penale del tribunale, Cesare Tacconi, hanno inserito nella formazione a tre un giudice onorario, la signora Maria Cristina Filiciotti”. Che ora si ritrova sulle spalle un peso da novanta, le sorti dei dirigenti Saipem e, soprattutto, dell’ex vertice Eni Scaroni.

Un processo non poco tormentato, con non pochi ostacoli per arrivare al dibattimento. Il giudice dell’udienza preliminare, Alessandra Clemente, aveva infatti chiesto nel 2015 il rinvio a giudizio per alcuni funzionari Saipem ma non per i vertici Eni. Un giudizio, quello del gup, poi ribaltato dalla Cassazione per cui ora il dibattimento può aver inizio. Ma con l’handicap.

Natale davvero bollente, in casa Eni, vista l’ennesima bufera in arrivo, ancora per corruzione internazionale. Chiuse infatti le indagini a carico sia di Scaroni che del nuovo amministratore, Claudio Descalzi, per altre tangenti targate Nigeria, che hanno potuto contare sulla supervisione di uno che se ne intende, Luigi Bisignani. Si è ora in attesa del parere del gup per il rinvio a giudizio. A quanto pare le prove messe insieme dalla procura sono schiaccianti, tra documenti & testimonianze.

Ciliegina finale il faccia a faccia tra Descalzi e l’ex dirigente del gruppo Vincenzo Armanna, nel 2011 incaricato dell’ente petrolifero di condurre la trattativa per il giacimento nigeriano Opl 245. Ecco il j’accuse di Armanna nei confronti di Scaroni: “Roberto Casula (altro dirigente Eni sotto inchiesta, ndr) con l’endorsement di Scaroni, e in un caso Scaroni in prima persona, hanno provato a far lievitare il prezzo finale di acquisizione del blocco, per permettere il pagamento della esorbitante parcella di Emeka Obi”, il mediatore nigeriano. Ancor più chiaro, del resto, era stato l’ex ministro del petrolio, Dan Etete, che aveva detto ad Armanna in un incontro all’hotel Bristol di Parigi: “Boy, you know for whom is this money, is for Paolo Scaroni” (“ragazzo, tu sai per chi è questo denaro, per Paolo Scaroni”).

Last but not least, la terza inchiesta relativa alle tangenti del secolo, quelle do Brasil che hanno mandato in crisi l’establishment carioca, provocando le dimissione di Dilma Roussef. Le mazzette targate Petrobras, infatti, sono finite anche in casa Saipem, nonché a favore del colosso privato di casa nostra Techint che fa capo al numero uno di Assolombarda Gianfelice Rocca. Non solo la maxi inchiesta Lava Jato portata avanti dai pm verdeoro, ma anche una parallela indagine condotta dalla procura meneghina: che ormai il “Sistema” Eni & consorelle lo conosce a memoria…

 

Nella foto un impianto Eni e, in alto, Paolo Scaroni