IL DIO DEI TERREMOTATI

Don Vitaliano Della Sala. In apertura i funerali ad Amatrice

Don Vitaliano Della Sala. In apertura i funerali ad Amatrice

Il teologo Karl Rahner giustamente affermava che la più grande eresia del nostro tempo è quella di riconoscere Dio solo in quei casi in cui ci aiuta. Perciò, non so voi, ma io provo sempre un senso di disagio quando ascolto certe prediche e certe frasi demagogiche e di circostanza che, vescovi e preti, pronunciano con leggerezza dopo catastrofi come il sisma che ultimamente ha colpito alcune zone dell’Italia centrale. Più che al Vangelo, assomigliano alle parole che potrebbe pronunciare qualsiasi antico stregone o moderno mago.

La frase peggiore che si sente dire in queste tragiche circostanze è “Dio lo ha permesso”. Come se Dio fosse un burattinaio che si diverte a vederci soffrire e, anzi, ci mette alla prova, con dolori atroci, per saggiare la nostra fede in lui: gioca a mandarci le disgrazie per vedere come reagiamo noi poveri esseri umani; un dio sadico, prigioniero della sua onnipotenza, impotente perché onnipotente; un dio vampiro che vuole ancora sacrifici umani per placare un’ira provocata da non si sa bene cosa, sempre arrabbiato per causa nostra e non sappiamo perché, visto che è stato lui ad averci creati così.
Uno degli interpreti di questo dio disincarnato e lontano è stato mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno e personaggio noto al grande pubblico per aver calcato le scene di alcuni programmi televisivi, finito al centro di inchieste giornalistiche sulla gestione dei fondi per la ricostruzione in un altro terremoto, quello dell’Aquila, dove ha svolto il proprio ministero pastorale prima di essere trasferito. Nell’omelia ai funerali delle vittime marchigiane, il monsignore ci ha proposto la domanda antica quanto l’essere umano, con quel pizzico di demagogia che non guasta mai – come insegnano i peggiori politici – «Signore, c’è chi ha perso tutto…. Dove stai? Apparentemente nessuna risposta, ma se guardate oltre scorgerete qualcosa di più profondo. Potete testimoniare che il terremoto può togliere tutto, tranne il coraggio della fede». Insomma una grande “supercazzola”, se non fosse per la tragicità del contesto in cui l’ha posta.
schermata-2016-09-09-alle-09-33-15In alcuni momenti è consigliabile il silenzio. Ma se non si può fare a meno di parlare, noi cristiani dovremmo avere il coraggio di testimoniare evangelicamente il Padre, il Dio di Gesù e quindi dei “perdenti”; il Dio dei crocifissi e delle vittime; un Dio che ci “scandalizza” perché mentre noi ci ostiniamo a volerlo vedere e invocare come l’Onnipotente, lui ci disobbedisce e si presenta come l’“onnidebole”. Il Padre che Gesù ci svela disobbedisce all’idea tutta umana di Dio e, caparbiamente, continua a immedesimarsi nella nostra vita, testardamente si incarna nella storia reale, nelle storie piccole, quotidiane e concrete, tra le pieghe, nei frammenti e negli scarti della Storia.
Invece noi abbiamo addolcito e smussato la provocazione, lo “scandalo” del nostro Dio. Abbiamo tentato una conciliazione impossibile tra il Padre e la nostra idea di un dio magico. Abbiamo nascosto la provocazione evangelica del Dio incarnato e crocifisso, sotto le prediche fervorose e le elemosine di circostanza che spacciamo per condivisione. Che Gesù, figlio di straccioni, sia anche il figlio di Dio urta contro la nostra sensibilità pelosa e contro la nostra troppo unilaterale idea di Dio. In fondo è più comodo considerarci a “immagine e somiglianza” di un dio potente che del Dio Straccione e Terremotato, e forse proprio per questo facciamo tanta fatica a vedere Dio nel povero, nell’emarginato, nel sofferente, nell’escluso.
Senza ipocrisia dovremmo ammettere che ci manca il coraggio di restituire il Padre alla gente, a quella gente povera, vittima del terremoto e delle speculazioni, senza casa, senza futuro, senza speranza; dobbiamo restituire il Padre a quelle persone che non sanno più o non sanno ancora che Dio appartiene soprattutto a loro, che sta dalla loro parte, terremotato come loro, schiacciato dalle travi delle case costruite male, ferito dai crolli di edifici che sarebbero dovuti essere sicuri, costretto a trasferirsi o a vivere nella precarietà di una tenda che si ostina a voler piantare “in mezzo a noi” e non sulle nuvole di un cielo troppo lontano.
Il nostro Dio non manda affatto i terremoti, ma è crocifisso ancora una volta nei terremotati. Perciò dovremmo avere il coraggio di restituire Dio a coloro a cui, per ignoranza, calcolo o stupidità, lo abbiamo rubato.

www.donvitaliano.it

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