PRESIDENZIALI USA / L’ENDORSEMENT – BOOMERANG DELL’EX CAPO CIA PRO CLINTON

Guerra di “endorsing” a stelle e strisce. Per un Clint Eastwood che opta per il male minore, Donad Trump, ecco che arriva uno smagliante Yes pro Hillary da un ex capo della Cia, Michael Morell. Il cui cui illuminato parere viene ospitato dal superclintoniano “The New York Times” nella pagina delle Opinioni illustri.

Ecco l’incipit: “Durante una carriera di 33 anni alla Central Intelligence Agency, ho servito presidente di entrambi i partiti, tre Repubblicani e tre Democratici. Ero al fianco di George Bush – gonfia il petto Morell – quando siamo stati attaccati l’11 settembre; come direttore dell’Agenzia, ero con il Presidente Obama quando abbiamo ucciso Osama bin Laden nel 2011”. Un vanto per gli States.

Michael Morell. In apertura Hillary Clinton e nell'altra foto Bengasi

Michael Morell. In apertura Hillary Clinton e nell’altra foto Bengasi

“Non sono iscritto né al partito Democratico né al partito Repubblicano. In 40 anni di esercizio di voto, ho votato per i candidati di entrambi i partiti. Come un ufficiale del governo, sono stato sempre in silenzio circa le mie preferenze per questo o quel presidente”. Ma adesso è giunto il momento di rompere quel muro e – sprezzante del pericolo – buttare l’appassionato cuore oltre l’ostacolo: come un perfetto marine fresco di West Point.

“Ora non più. L’8 novembre io voterò per Hillary Clinton. Da oggi a quel giorno, io farò ogni cosa per assicurare la sua elezione come nostro quarantacinquesimo presidente”. Ma eccoci alle ragioni del cuore.

“Due forti e radicate convinzioni mi hanno condotto a questa decisione. Primo, Mrs. Clinton è altamente qualificata per essere il nostro comandante in capo. Sono certo saprà adempiere al dovere più importante per un presidente, garantire la sicurezza alla sua nazione. Secondo, Donald Trump non è qualificato per questo lavoro, anzi egli può rappresentare una forte minaccia per la nostra sicurezza nazionale”. Un capo Cia con le idee ancora molto chiare e precise. Ma eccoci ai toccanti ricordi.

“Ho trascorso quattro anni della mia carriera con Mrs. Clinton quando era Segretario di Stato, la maggior parte dei quali nella ‘Situation Room’ della Casa Bianca (la postazione strategica, dove viene decisa ogni mossa sul presente della Nazione: ad esempio, da lì Obama osservò e ‘diresse’ in diretta l’operazione bin Laden del 2011, ndr). In quei critici, importanti meetings, l’ho trovata sempre preparata, perfettamente a conoscenza dei fatti, attenta, scrupolosa, curiosa e pronta a cambiare la sua opinione se si presentava una ragione di forza maggiore”. E’ solo l’inizio di un inno.

“Io ho visto il suo impegno per la sicurezza della Nazione; la sua convinzione che l’America è una Nazione eccezionale che deve comandare nel mondo proprio per garantire la sua stessa sicurezza e prosperità; la sua capacità di comprendere che la diplomazia può aver valore solo se viene concepita come una missione e solo se capace di usare la forza se necessario; e – cosa più importante – la sua capacità di operare anche la scelta più difficile, se si trattava della salvezza di uomini e donne d’America”. Tutti sull’attenti, è la voce del sergente Hartman che ve lo impone.

Schermata 2016-08-08 alle 20.58.36“Mrs. Clinton è stato il primo difensore dei raid che hanno portato bin Laden alla giustizia (più precisamente al suo omicidio, come lo stesso capo Cia ha descritto subito, ndr), sfidando il parere contrario dei suoi più importanti colleghi al Consiglio Nazionale di Sicurezza. Durante i primi confronti sulle modalità di risposta alla guerra civile in Siria, lei era la più decisa a proporre l’uso di un approccio aggressivo, quel solo approccio che – se portato avanti con maggior decisione – avrebbe potuto prevenire la progressiva conquista della Siria da parte dello Stato Islamico”. Ci sarebbe voluto il pugno di ferro – senza interferenze – di lady Clinton per battere l’Isis sul nascere: non le fu data totale carta bianca, ma adesso – col voto dell’8 novembre – c’è modo di riparare a quel clamoroso errore, parola di Morell. Che passa a descrive il mostro a due teste.

“In totale contrasto con Mrs. Clinton, Mr. Trump non ha alcuna esperienza in tema di sicurezza nazionale. E ancor peggio, dai segnali che ha fornito in questi mesi di campagna elettorale, egli sarebbe un povero, perfino dannoso, comandante in capo”. Un esemplare da contenzione psichiatrica, il rivale di lady Hillary.

“Manie di grandezza, iper reazioni ad ogni situazione, la tendenza a prendere decisioni basate solo sull’intuizione, il rifiuto a cambiare il modo di vedere di fronte a nuove circostanze, la scarsa dimestichezza con i fatti, la scarsa volontà di ascoltare gli altri, lo scarso rispetto per il ruolo delle leggi”: questo diabolico mix fa emergere la sagoma di un presidente che può “mettere in serio pericolo la nostra sicurezza nazionale”. Se vi par poco: uno da ricovero nella Situation Room più bollente del mondo! Ma è la sordida amicizia con Putin il piatto più avvelenato che il candidato repubblicano vuol servire al popolo yankee.

“Mr. Putin è un grande leader, dice Trump, ignorando che ha ammazzato o messo in galera giornalisti e oppositori politici, ha invaso due nazioni vicine e sta portando il suo paese alla catastrofe economica. Trump ha anche difeso politicamente gli interessi russi, e non quelli americani, favorendo lo spionaggio contro gli Stati Uniti, appoggiando l’invasione in Crimea e dando disco verde a una possibile invasione russa degli Stati Baltici. Nel linguaggio degli affari, potremmo dire che Mr. Putin ha reclutato Trump come un agente sotto copertura della Federazione Russa”. Più diretti di così, Mr. Morell, ben oltre ogni possibile endorsement…

Ma ecco che – tra i siti di controinformazione a stelle e strisce – fa capolino qualche indiscrezione a proposito del comandante Morell. “Una recente indagine ha rivelato che Morell ha lavorato a stretto contatto con la Clinton, al Dipartimento di Stato, ai tempi dei fatti di Bengasi, ricoprendo un delicato ruolo nella vicenda. Morell mente a proposito delle operazioni messe in campo dalla Cia, quando nell’Ambasciata furono uccisi quattro americani, compreso l’ambasciatore Chirs Stevens, mentre gli altri feriti e sopravvissuti sono rimasti per ben tredici ore senza alcun aiuto da parte del Dipartimento di Stato e del Pentagono”. Un attacco terrorista, quello di Bengasi, poi tutto da “decifrare”: e soprattutto da decifrare il ruolo svolto dalla stessa Cia con quegli “islamici”.

Una vicenda utilizzata, a quel tempo, dall’ambasciatore Usa presso le Nazioni Unite e attuale Consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice per soffiare sulle “proteste spontanee” in Libia appena agli inizi, quella “Arab Spring”, primavera araba che faceva molto comodo per detronizzare Gheddafi e creare l’odierna ingovernabilità (che sta portando oggi – guarda caso – ai nuovi raid Usa, con l’ok renziano per l’uso delle basi di Sigonella).

Ciliegina sulla torta, in una fresca intervista rilasciata al New York Post, il senatore Lindsay Graham attacca Morell: “ha cercato di nascondere – dichiara – che era lui l’uomo al centro delle operazioni di Bengasi, era stato lui ad organizzare le prese di posizione della Rice, sostenendo poi che c’era di mezzo l’Fbi”. Insomma, un bel groviglio.

Un endorsement pro Hillary, quello dell’ex super capo Cia, che può trasformarsi in un boomerang?

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LIBIA-TURCHIA-SIRIA / IL TRIANGOLO DI HILLARY

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