CARICHIETI / IL MISTERIOSO DEPOSITO ANAS DA 300 MILIONI. CHI LO DECISE?

Salerno-Reggio Calabria, dai tempi infiniti agli sperperi trentennali e ai subappalti a camorra & ‘ndrangheta. Fino ai “nascondigli” nei caveau della Cassa di Risparmio di Chieti, una delle 4 banche pirate – Etruria capofila – che hanno gettato sul lastrico migliaia di risparmiatori, sotto il “vigile” controllo di Bankitalia e Consob.

Una sentenza ratificata tre anni fa dalla Cassazione dettaglia per filo e per segno la perfetta suddivisione, lotto per lotto, chilometro per chilometro, dei lavori lungo tutto il mezzogiorno, dalle tratte campane perfetto appannaggio dei clan di camorra, fino a quelle calabresi equamente spartite tra le ‘ndrine: un Cencelli con coppola & compasso.

Costi stratosferici, lavori eterni, promesse mai mantenute. E un’Anas mangiasoldi che non termina mai i lavori. L’ultima è da incorniciare. Tra le carte delle 4 banche, spunta proprio un filone Anas, decine di milioni di euro acquartierati tra i depositi di CariChieti, col rischio di essere risucchiati nel maxi fallimento.

Piero Ciucci

Piero Ciucci

Ricostruiamo i tasselli del mosaico. Da alcuni anni l’Anas gestisce in proprio una serie di fondi pubblici che derivano da una parte dei pedaggi autostradali. Fondi da destinare al completamento della Salerno-Reggio Calabria. E che provengono da una sfilza di concessioni concentrate soprattutto al centro nord (le torinesi Sitap, Satap e Ativa; l’aostana Sav; la genovese Salt; la parmense Cisa; la tirrenica Sat) e in prevalenza gestite dal gruppo Gavio; mentre al Sud le entrate vengono garantite soprattutto da Tangenziale spa di Napoli (una incredibile concessione super scaduta da anni, in sella l’inossidabile ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino).

L’ammontare dei crediti vantati dall’Anas (e destinati, val la pena di ripeterlo, per ‘velocizzare’ i lavori della Salerno-Reggio) è una vera tombola: quasi 2 miliardi di euro. La somma però realmente erogata dai ritrosi – ma ricchi, come è il caso dei Gavio – concessionari è di circa 500 milioni di euro. Una torta, comunque non male, così a quanto pare ripartita: solo un terzo sarebbe approdato alla sua effettiva destinazione, i cantieri campano-calabresi, una piccolissima fetta – una trentina di milioni appena – ha seguito una via “istituzionale”, in direzione Bankitalia; mentre il grosso del malloppo, quasi 300 milioni, ha preso il volo verso Chieti.

Come mai? Chi mai ha stabilito in maniera del tutto discrezionale quella destinazione, ossia un piccolo istituto del tutto sconosciuto? Sarà la magistratura ad accertarlo, nel coacervo di misteri & affari che hanno portato al clamoroso crac delle 4 banche, senza che nessuno a livello politico (in palese conflitto d’interessi) o istituzionale (chi doveva vigilare e nel migliore dei casi ha dormito) abbia lontanamente pensato di dimettersi.

Antonio Di Pietro

Antonio Di Pietro

Ma andiamo a monte, per capire come è nata la gestione diretta Anas, a sua volta affidata in mani assai poco affidabili come quelle di CariChieti. Sentiamo un esperto delle ex partecipazioni statali: “il sistema nasce in tempi lontani, anni sessanta-settanta, quando si decise che la gallina Anas doveva ricevere, per poter investire, fondi dalle realizzazioni autostradali e dalle relative concessioni che cominciavano ad affacciarsi. Ma il vero salto viene molti anni dopo, con la finanziaria del 2007, varata dal governo Prodi mentre Pietro Ciucci è il potente presidente dell’Anas dal 2006”. Ministro delle Infrastrutture dell’epoca era il fondatore di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, molisano.

Un regno, quello di un Ciucci travolto dagli scandali via Anas, che tramonterà solo un anno fa. Ma sono in molti a notare al tribunale di Milano: “che fine hanno fatto due grosse inchieste proprio sugli affari targati Anas avviate a Milano? Finite nelle nebbie”. Eppure al vaglio c’erano pesanti capi d’imputazione, una serie di “strane” concessioni, appalti e subappalti milionari, favori a costruttori, faccendieri e politici, perfino clamorosi ecoreati, come l’occultamento di rifiuti tossici e non solo per realizzare i mantelli autostradali (con tanto di gabbiani al seguito: più vigili, spesso, di tanti inquirenti). Esiti? Zero assoluto.

Stesso destino per la scoperta, ora, dei motivi che hanno portato l’Anas sulla via di Chieti? Ad una decisione tanto immotivata quanto insensata? A non canalizzare tutta quella liquidità (300 milioni non sono bruscolini) verso Bankitalia? C’è qualche zampino?

 

In apertura la sede centrale di Carichieti

 

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