LA MAXI CORRUZIONE DELLA BRASILIANA PETROBRAS / DENTRO SAIPEM E MONTE DEI PASCHI DI SIENA

Si allarga a macchia d’olio lo scandalo per le maxi tangenti petrolifere targate Petrobras, che rischia di avere pesanti ripercussioni anche da noi. Coinvolti i vertici di Saipem. Non basta, perchè è appena finito in galera Andre Esteves, a capo della finanziaria brasiliana BTG, che negli ultimi tempi ha rastrellato non poche partecipazioni “pesanti” sul nostro mercato, con uno shopping bancario che va da Monte dei Paschi di Siena a Carige fino al gioiello svizzero di Generali, ossia BSI.

Dilma Roussiff

Dilma Roussiff

Ma riepiloghiamo i fatti. Una maxi corruzione, quella targata Petrobras, da Guinness dei primati: accertati fino ad oggi, con l’inchiesta “Lava Jato”, fondi neri e mazzette dagli 007 carioca per oltre 3 miliardi e mezzo di dollari, ma alcune stime parlano addirittura di circa 25 miliardi, una cifra record a livello di tangenti internazionali. Coinvolta fino al collo mezza classe politica verdeoro – partiti di governo e opposizioni – sotto inchiesta presidenti di Camera e Senato, l’entourage del capo dello Stato Dilma Roussiff. Fresco di manette, insieme ad Esteves, il senatore del partito dei lavoratori Delcidio do Amaral: per entrambi l’accusa è quella di aver interferito su alcune deposizioni bollenti davanti al procuratore generale e relative ai meccanismi corruttivi. Al centro delle indagini e del vorticoso giro di miliardi, grossi appalti per la realizzazione di impianti petroliferi, commissionati da Petrobras ad alcuni big esteri, in pole position Saipem, leader italiana nella costruzione di infrastrutture energetiche. Solo poche settimane fa i vertici Eni hanno deciso di iniziare un percorso che porterà all’autonomia di Saipem, descritta da alcune analisi finanziarie degli ultimi mesi (in particolare targare Corsera) come in fase di massimo sviluppo: maxi commesse internazionali, grandi accordi con un pool di banche, addirittura sei, non solo per ristrutturare il debito ma per costruire il rilancio. Insomma, una primavera in piena regola, per casa Saipem, il cui titolo è infatti volato in Borsa: anche perchè lo scandalo Petrobras, con tutte le conseguenze che potrà avere, è stato del tutto silenziato dai media di casa nostra.

Una nave Saipem

Una nave Saipem

Torniamo all’impero made in Esteves. Protagonista di acrobatiche – e spesso border line, secondo alcuni analisti – operazioni finanziarie al timone della sua BTG, è il tredicesimo in Brasile nella hit dei Paperoni, ed è innamorato perso dell’Italia, delle sue colline verdi, dei suoi vini. Non a caso ha acquistato una stupenda tenuta, “Argiano”, nei pressi di Montalcino, dando vita ad una delle più celebrate cantine di Brunello. E per restare in zona, nel 2014 ha deciso di puntare le sue fiches sul Monte dei Paschi di Siena, acquistando il 2 per cento delle azioni, passando poi al 3 per cento e con la possibilità – insieme all’altro grosso socio estero, Fintech – di esprimere l’amministratore delegato. Per chi non lo ricordi, il nostro sempre generoso Stato ha ripianato a botte di miliardi di euro i buchi delle sforacchiate gestioni MPS, al centro di torbide vicende non solo finanziarie ma da anche di “nera”, come il “suicidio” dell’uomo delle relazioni pubbliche David Rossi, sul quale solo adesso la magistratura ha deciso di vederci chiaro, dopo i clamorosi errori dei primi due anni di indagini.

Alla fine, quindi, gli italiani sono stati obbligati – via Stato – a versare soldi nelle casse della band alla guida dell’istituto senese, cui nel frattempo si “associava” (quanto meno un 416, o no?) il fresco di galera Esteves.

Che ha tranquillamente continuato nel suo shopping lungo l’Italia di saldi & predoni. Ha infatti poi dato l’assalto alle casse di Carige, comprando un altro buon 2 per cento attraverso la Fondazione. “Una manovra controversa – osservano in piazza Affari a Milano – e ancora avvolta nel mistero. Secondo alcuni si dice che all’ultimo istante sarebbe stata revocata. Forse proprio per i venti di burrasca che si annunciavano”. Ma secondo altri, invece, sarebbe stato solo l’aperitivo: “Voleva fare come con il Monte dei Paschi, aumentare man mano la sua quota. Ma vacci a capire in un ginepraio dove le fiduciarie sono ormai una prassi, alla faccia di tutte le trasparenze invocate e la voglia, spesso solo a parole, di fare chiarezza”.

Intanto, su tutte queste manovre, il nostro istituto di Vigilanza, Bankitalia, non ha una parola da dire? Sentiamo un altro commento: “E’ incredibile come in un momento simile Bankitalia pensi al salvataggio di quattro banche, tra cui la popolare dell’Etruria, dove è socio il padre del ministro Elena Boschi, sacrificando danari degli italiani, e allo stesso momento vari Bad Bank e provvedimenti che finiscono per pesare al solito sui soci e risparmiatori, mai a scapito di quei vertici bancari responsabili dei crac”. I Bankster di casa nostra, come li ha definiti Elio Lannutti, presidente di Adusbef, la storica sigla a tutela dei cittadini vessati e spesso usurati (vedi le tante cause per anatocismo) dai moloch del credito.

E mentre tutto questo accade Bankitalia non pensa neanche per un attimo di accendere i riflettori sulle tante manovre “oscure”, come quelle targate Monte dei Paschi, oppure Unicredit, con un vice presidente Fabrizio Palenzona che può tranquillamente “trattare” con imprenditori mafiosi senza che una foglia – in casa Bankitalia – si muova (dai bastioni di Unicredit – che sta per tagliare centinaia e centinaia di posti di lavoro – invece il più incondizionato sostegno alle manovre, anche stavolta super border line, di big Fabrizio Palenzona).

Hanno qualcosa da dire, sempre all’Istituto di Vigilanza, sulle ardite manovre dell’ “attaccante” del credito in maglietta carioca? Niente, per ora il silenzio più assoluto. Ma dimenticavamo un’altra chicca, nel funambolico repertorio esibito da Andre Esteves. Un’incursione, stavolta, al cuore delle assicurazioni di casa nostra. Nel mirino le Generali, che nel loro scrigno di partecipazioni, fino allo scorso anno, conservavano gelosamente BSI, una delle più accorsate banche private elvetiche. Dopo l’operazione Mps, nel 2014, ecco quella targata appunto Bsi, da circa 1 miliardo e mezzo di euro. Liquidità ottima e abbondante per un leone triestino un po’ incerottato.

Ma ecco quanto denunciano in un durissimo comunicato del 26 novembre Adusbef e Federconsumatori, proprio sui salvataggi bancari e la non-vigilanza di Bankitalia.

 

 

 

SALVATAGGI E OMISSIONI

“Oltre centomila risparmiatori di CariChieti, CariFerrara, Banca Marche, Banca Popolare Etruria, stanno sperimentando in queste ore sulla propria pelle lo sciagurato (quanto anticipato) meccanismo del bail-in, ideato dalla tecnocrazia europea e dai cleptocrati Bce per salvare le banche in crisi, la cui lampante omessa vigilanza delle contigue autorità di controllo configura un vero e proprio esproprio criminale del risparmio, in aperta violazione dell’articolo 47 della Costituzione.

Sempre in queste ore il governo, che vuole porre la fiducia al ‘salvabanche’, un decreto che spoglia decine di migliaia di risparmiatori truffati del loro sudato risparmio, inserendolo nella legge di stabilità, sta portando in commissione e nell’Aula della Camera dei Deputati la ratifica dell’accordo internazionale sul fondo di risoluzione unico, previsto dall’Unione Bancaria, per far gestire dagli stessi oligarchi che non hanno saputo vigilare, come era loro dovere per prevenire le crisi, il fondo unico di risoluzione.

Ue e Bce hanno chiesto di ratificare l’accordo entro il 26 novembre 2015 (oggi), governi e maggioranze parlamentari, a differenza di Svezia e UK  che non hanno siglato l’accordo, approvano a scatola chiusa il versamento da parte delle banche italiane in un fondo unico europeo per la risoluzione delle crisi, che salva l’azzardo morale dei banchieri ed evita quella separazione tra banche commerciali e banche di affari (Glass Steegall Act), necessaria per non mettere in pericolo il pubblico risparmio in operazioni speculative sulla finanza tossica”.

Così continua il j’accuse: “Secondo alcune stime 130.000 piccoli azionisti e 20.000 bond holders sottoscrittori di obbligazioni subordinate di Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e del Lazio, CariChieti (oltre alle Fondazioni bancarie), potrebbero aver perso oltre 1,2 miliardi di euro dal decreto salvabanche, con pochissime possibilità di recuperare qualche briciola.

I sottoscrittori di bond subordinati delle quattro banche hanno perso quasi 800 milioni di euro contribuendo così al 30% della copertura dei 2,6 miliardi di perdite totali, mentre 133.000 azionisti (60 mila di Banca Etruria; 44 mila  di Banca Marche; 22 mila quelli di CariFerrara; 6.000 di CariChieti) hanno subito un brusco risveglio con i loro titoli trasformati in carta straccia.

Anche le Fondazioni bancarie hanno subito un azzeramento superiore a 400 milioni di euro, con la classifica guidata da Banca Marche (262 milioni di euro bruciati), 95 milioni attribuiti alla  Fondazioni Cassa Risparmio di Pesaro;  82 alla Cassa di Risparmio di Macerata; 63 milioni alla CariJesi; 22 alla Cassa di Risparmio di Fano; mentre CariChieti ha visto azzerare 78 milioni di euro di patrimonio; la Cassa di Risparmio di Ferrara 74 milioni.

Adusbef e Federconsumatori stanno raccogliendo le deleghe per azioni risarcitorie contro i responsabili dei dissesti e contro la Banca d’Italia, che non è riuscita a prevenire crac bancari e malagestio del credito e del risparmio, già a tutti noti da tempo, eccetto che alla distratta vigilanza”.

 

Nel fotomontaggio di apertura, Andre Esteves e, sullo sfondo, una piattaforma Petrobras

 

PER APPROFONDIRE:

 

 

 

 

 

 

I salti tripli di casa Saipem in Borsa, e le “azzeccate” previsioni del Corsera !

IL CORRIERE DELLA SERA POMPA E SAIPEM VOLA IN BORSA

UNICREDIT NELLA BUFERA, IL NUMERO DUE PALENZONA INDAGATO PER MAFIA. ECCO CHI E’ BIG BOSS FABRIZIO

https://www.lavocedellevoci.it/?p=3362

DAVID ROSSI – FINALMENTE LA PROCURA SI ACCORGE CHE L’ARCHIVIAZIONE PER SUICIDIO NON PUO’ REGGERE

 

 

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