PUNZO, MISTER ITALO, CONTRO TUTTI / GUERRA PER BANCHE E AI SOCI DEL “SUO” CIS

Gianni Punzo, socio di Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle in NTV del super treno Italo, nella bufera. Scende in campo mister Ferrarelle, Carlo Pontecorvo, che in qualità di presidente della Banca Popolare di Sviluppo dichiara guerra al patròn del Cis. Ed è costretto, Punzo, a subire l’attacco frontale di una trentina di agguerriti soci della sua creatura, proprio il maxi centro commerciale di Nola, fondato trent’anni fa da ‘O pannazzaro che da piazza Mercato è entrato a vele spiegate nei salotti della finanza che conta.

Partiamo dalla querelle a tutto credito. Per il 30 novembre è convocata l’assemblea straordinaria dei soci di BPS, la Banca Popolare di Sviluppo: dal cda verrà proposto un aumento di capitale e la trasformazione in spa, per poi varare la fusione con altre due aziende di credito. Operazione fortemente caldeggiata da Pontecorvo, alla guida dell’istituto da due anni, proprio per volontà dello stesso Punzo che oggi è il nemico numero uno di quel progetto. “Agiamo – sottolinea Pontecorvo – in perfetto accordo con Bankitalia. Si tratta di un percorso inevitabile, perfettamente previsto dalle normative vigenti che regolano la vita delle banche popolari”.

Di parere diametralmente opposto Punzo, il quale ha subito allertato gli azionisti sulle manovre in atto che feriscono a morte lo spirito della sua creatura. Così scrive l’ex commerciante di biancheria, col cuore (e il portafogli) in mano: “oggi sono messe in discussione le radici e l’identità della nostra banca. Tutti sappiamo che BPS è nata sulla ‘spinta’ degli imprenditori del ‘Distretto’ Cis, con mille aziende, novemila addetti diretti e quattromila nell’indotto”. E, più in dettaglio, attacca: “l’eliminazione del voto capitario (una testa uguale un voto), l’eliminazione del voto nominale dell’azione, l’aumento di capitale già programmato per far entrare terzi estranei al Distretto, sono tutte delibere che vanno contro gli interessi dei soci, che annullano in parte il loro investimento di 46 milioni di euro”. Così conclude il Masaniello di piazza Mercato: “Ribelliamoci”.

Ma a ribellarsi, proprio negli stessi giorni, e con molta maggior veemenza, sono una trentina di commercianti del Cis, appena finiti sul lastrico dopo una incredibile sequenza di vicende prima economico-finanziarie, poi giudiziarie, con fallimenti a catena che stanno letteralmente sconvolgendo gli assetti del maxi centro commerciale, prefigurando una scenario da zona franca, super appetita per chi intende far grossi affari su quelle aree e quei capannoni commerciali.

Una storia molto complessa, che parte dal decollo di quel “mitico” Cis di trent’anni fa, i pionieri del commercio made in Napoli che fuggivano dalle congestioni dell’ormai metropoli partenopea per cercare spazi in vaste aree nell’hinterland, scelta Nola come epicentro: e poi arriveranno le ‘gemmazioni’ di Interporto – oggi punto di riferimento per la messa a punto dei treni Italo – e Vulcano Buono, disegnato dalla archistar Renzo Piano.

Così ricostruisce la storia un operatore che frequenta il Cis da decenni. “Molti commercianti sono presenti fin dall’inizio, altri si sono aggiunti strada facendo. E’ stata versata da tutti una sorta di caparra iniziale, per poi passare a delle rate di leasing mensili, una media di 5 mila euro per ogni capannone. Il Cis ha potuto godere fin da subito di fondi statali, come ad esempio quelli della legge 41. Le rate scadevano nel 2002, la gran parte degli operatori ha saldato tutto. Alla fine mancava solo il riscatto, una cifra molto esigua, novemila euro a capannone, per una grossa operazione di questo tipo. Ed è lì che cominciano i problemi”.

Diego Della Valle

Diego Della Valle

Ci viene spiegato che, nonostante le volontà manifestate da parte dei commercianti di pagare il riscatto finale, il disco verde dal presidente Punzo non è mai arrivato. “Così si spegne lo spirito associativo, era la motivazione, così non facciamo più squadra”. Detto fatto, il riscatto non va in porto, mentre qualche anno dopo il super patròn chiede un grosso mutuo, 300 milioni circa, alle banche, solito capofila quell’Unicredit dove è in squadra il grande amico Luca di Montezemolo, che da Punzo – nei felici anni di scorribande capresi – acquista lo yacht e che gli spalanca porte e portoni del salotto buono di Charme, la finanziaria super lusso in cui è acquartierato anche “Lo Scarparo”, alias Diego Della Valle, secondo una colorita definizione dell’ex direttore generale di Fiat, Cesare Romiti.

Continua il racconto: “Quel prestito ottenuto dalle banche una decina d’anni fa si è in pratica trasformato in un sub mutuo per i soci del Cis, che all’epoca hanno dovuto sottoscrivere una girata in bianco del contratto di leasing: così ha richiesto Punzo, mentre gli istituti di credito, al tempo stesso, accendevano un’ipoteca sui capannoni”. Sub muto che ha una scadenza molto lontana, 2018, 155 rate e interessi spesso capestro. Secondo alcuni “usurai” (a quanto pare, sarebbero in corso contenziosi civili e arbitrati). E’ proprio su questo fronte che comincia la bagarre. “Rate impossibili e tassi da usura”, dicono oggi in parecchi: 5 e mezzo per cento che lievitano a quasi 8 e mezzo per le rate insolute. Un meccanismo, un po’ alla volta, sempre più stringente. Alla fine infernale.

Passiamo al 2011. I tempi si fanno difficili, a quanto pare l’Interporto non naviga in ottime acque, e si registrano passaggi di capitali infragruppo, ossia tra Cis, la “mamma”, e Interporto, la “creatura”: svariati milioni – secondo alcuni sfiorerebbero la quarantina – passati dall’uno all’altro, via Cisfi, la cassa comune. Vero? Falso? Lo potrà accertare la magistratura: visto che sarebbe stato aperto un fascicolo, qualche mese fa, alla procura di Nola. Con le Fiamme Gialle che, nel frattempo, avrebbero già svolto non poche operazioni per far luce su aspetti poco chiari. Leggendo carte & documenti delle querelle in corso, infatti, si aprono nuovi scenari. Secondo non pochi operatori commerciali, la catena di fallimenti sarebbe pilotata al fine di poter “svendere” i terreni a prezzi di saldo. Una pulizia “etnica”, un repulisti finanziario per liberarsi dei soci scomodi e soprattutto liberare quelle aree: per dar vita alla mitica Zona Franca da affidare nelle mani di una NEWCO nuova di zecca. Fantascienza? Fantaeconomia? Staremo a vedere.

Intanto, proseguiamo nel racconto. E torniamo al 2011. Il cavalier Punzo chiede alle banche una moratoria per il pagamento delle rate. Che viene concessa. Ma a questo punto succede qualcosa. A quanto pare molti soci continuano a pagare le rate al Cis, che però non le verserebbe agli istituti, mentre altri soci non ce la fanno a pagare.

 

SENTENZE CONTRO SENTENZE

Inizio 2014. Punzo parte alla carica e chiede il fallimento per una trentina di soci “morosi”. Comincia una vera e propria guerra di carte bollate, ricorsi, controricorsi. E, soprattutto, sentenze che contraddicono clamorosamente altre sentenze: mostrando appieno il volto della giustizia di casa nostra, spesso e volentieri forte con i deboli e debole con i forti. Vediamo i fatti “giudiziari” a partire da fine 2013. Partono a raffica i primi decreti ingiuntivi, per il mancato pagamento delle rate. E subito dopo, come un fuoco di fila, le istanze di fallimento. “Fatto del tutto inusuale – commenta un giurista partenopeo – è prassi aspettare l’esito del decreto ingiuntivo per poi passare all’istanza di fallimento. Soprattutto per poter corroborare l’eventuale stato di insolvenza del debitore”. Ma tant’è. Il Cavalier Punzo ha evidentemente fretta, vuol far piazza pulita dei soci scomodi che “scalpitano” nell’assemblea, qualcuno di loro ha addirittura messo su un blog per raccogliere lamentale, doglianze, accuse dei commercianti ed anche documentare l’accidentato – e spesso infuocatissimo – iter delle stesse assemblee. Dove i siluri a Punzo non mancano. “Sono oggetto di attacchi continui – lamenta il padre e fondatore del Cis – che mi fanno decidere di abbandonare la carica di presidente che ho ricoperto per anni. Lo faccio per il bene comune. Dopo aver portato a termine con le banche l’operazione di salvataggio”. Offrendo lo scalpo delle imprese presunte “morose”, denuncia la minoranza – comunque un 20 per cento circa – dei soci oggi in parte falliti.

Ma ecco alcuni passaggi del successivo iter. Ai confini della realtà. In alcuni casi, il giudice delegato al decreto ingiuntivo ha respinto in toto le pretese creditizie targate Cis. Con pesanti accuse rivolte al mittente. Per la serie: quei decreti ingiuntivi sono del tutto infondati, non esiste un debito certo, non ci sono pezze d’appoggio, il sub mutuo è irregolare, l’insolvenza del debitore non è assolutamente accertata, i tassi sono da usura.

Nel frattempo, però, cosa succede nella spesso sonnacchiosa, ma a volte iper solerte sezione fallimentare del tribunale di Napoli? Vengono decretati i fallimenti. In un caso – raccontano in procura – addirittura “il giudice dell’esecuzione scrive una sentenza del tutto opposta a quella della sezione fallimentare, che verrà pronunciata dopo appena dieci giorni. Fantagiustizia: i ‘non motivi’ per i quali non esisteva una minima base per il disco verde al decreto ingiuntivo, neanche per la sua provvisoria esecuzione, magicamente diventano motivi base per decretare il fallimento”. E purtroppo le sezioni fallimentari, come insegna il caso Saguto a Palermo, ma come si è visto tante altre volte a Roma e anche a Napoli, sono terreno fertile per operazioni, spesso e volentieri, più che border line.

Sarà possibile chiarire i “misteri” della fallimentare partenopea targati Cis? E caso mai avere qualche notizia in più sull’inchiesta nolana? Capirci qualcosa nei complessi rapporti fra Cis e Interporto? E se vi sono interconnessioni con le terza gemma made in Punzo, ossia il Vulcano Buono? Sul quale Nello Trocchia, oggi cronista di punta per il Fatto e la Gabbia, esprimeva forti dubbi in un’inchiesta pubblicata sulla Voce a marzo 2008, pochi mesi dopo la fastosa inaugurazione del Vulcano a fine 2007: “Non solo l’opera è nata senza alcuna concessione edilizia del comune di Nola, ma l’Interporto non ha mai versato gli oneri di urbanizzazione, pari a svariati milioni di euro. Regali insomma – commentava Trocchia – dai terreni gratuitamente concessi, agli oneri mai pagati, ai soldi della formazione stanziati dalla Regione per posti di lavoro a termine. Davanti al Consiglio di Stato pende ora un ricorso per la cifra di 8 milioni di euro che il comune di Nola ha deciso di chiedere all’Interporto, una sorta di ricompensa postuma, per gli oneri di urbanizzazione mai versati”.

Lo stesso Trocchia per il Fatto quotidiano ha tracciato un tagliente profilo di Punzo, dove tornano alla luce alcuni vecchi fatti di giudiziaria, in particolare a proposito di un provvedimento che respinge una richiesta di sequestro dei beni di patròn Cis: “Nel documento – scriveva Trocchia – i giudici sottolinearono che Punzo incontrò Carmine Alfieri, quando il boss era latitante e sarebbe stato disposto a finanziarne la corruzione dei magistrati che indagano sul conto dello stesso Alfieri”. Così scrissero, poi, quelle toghe: “La figura di Punzo deve essere ripensata come quella di un abile imprenditore che in terra di camorra, pur di continuare la sua attività imprenditoriale, non ha esitato a mantenere buoni rapporti con le organizzazioni criminali (…), capace di scendere a patti pur di conservare il potere economico conseguito grazie a indiscusse capacità imprenditoriali”.

Il libro di Gianni Dragoni

Il libro di Gianni Dragoni

Indiscusse capacità ampiamente dimostrate anche nel varo del superveloce Italo, la cui compagine si è appena “risistemata”, con l’uscita dei francesi da Ntv, e la partecipazione transalpina suddivisa fra i tre soci fondatori che affiancano il pool di banche, Intesa capofila. Sulle acrobatiche manovre targate NTV nella primavera 2012 è uscito per Chiarelettere il documentatissimo “Alta Rapacità – Montezemolo, Della Valle e Punzo – I tre moschettieri dei treni superveloci”, scritto da una firma di punta del giornalismo economico, Gianni Dragoni, corrosivo editorialista anche per l’Anno Zero di Michele Santoro. Dragoni, in particolare, dettagliava tutte le operazioni politico-finanziarie che sono a monte dell’operazione-Italo, con le banche iper protagoniste e un Corrado Passera (al vertice di Intesa, poi ministro nell’esecutivo Monti, titolare proprio dei Trasporti…) a tutto campo.

Un battesimo di fuoco, quello di Italo, per mesi “parcheggiato” per via di un certificato antimafia che non arriva mai. E che la Prefettura di Napoli non rilascia proprio per le imprese del cavalier Punzo. Un mistero che la Voce dettaglia in una cover story di dicembre 2011 dal titolo “Mal di Treno” e sul quale torna Dragoni nel suo “Alta Rapacità”.

Cosa avranno mai pensato, i Vate dei Salotti di casa nostra, mister Tod’s e mister Charme, del loro compagno di viaggi?

 

Nella foto di apertura Gianni Punzo e, sullo sfondo, il Cis di Nola.

Per approfondire:

NTV 1 – FERMATE QUEL TRENO!

dicembre 2011 – leggi

 ARCHIVIO – Leggi in allegato l’articolo di nello Trocchia per la Voce di marzo 2008

articolo Voce marzo 2008

4 pensieri riguardo “PUNZO, MISTER ITALO, CONTRO TUTTI / GUERRA PER BANCHE E AI SOCI DEL “SUO” CIS”

  1. Antonio ha detto:

    Ciao, anche io ho pagato le conseguenze di un sistema marcio, vi chiedo di mettere in contatto con qualche avvocato che mi posso fidare. Grazie

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