LA PREMIATA DITTA ANTONIO DI PIETRO PASSA ALL’INCASSO. IL SUO SEGRETO? LA CAUSA PER DIFFAMAZIONE

Asini si nasce, ricchi si diventa. Ma l’ignoranza, spesso, vale oro. E può far incassare soldi con la pala. Succede ad Antonio Di Pietro che festeggia una fresca sentenza del tribunale di Roma, 75 mila euro tondi tondi. E chi glieli versa? Silvio Berlusconi, condannato per alcune frasi pronunciate nel 2008 ad un Porta a Porta, quando parlò di “laurea fasulla” dell’ex pm di Mani pulite il quale l’avrebbe ottenuta “grazie ai servizi”. Quisquilie rispetto alle foto, comparse anni dopo, che ritraevano l’ex leader di Italia dei Valori in compagnia di 007 e agenti Cia ad una cena di lavoro nel ‘92, alla vigilia di Natale e dell’arresto di Bruno Contrada. Bazzecole rispetto ai tanti articoli pubblicati dal Giornale di casa Berlusconi – Vittorio Feltri direttore – che radiografavano i rapporti border line del pm con i legali dei suoi inquisiti eccellenti, e che sono valsi altri mega risarcimenti per lesa maestà.

Bene, stavolta dopo sette anni da quelle parole, il tribunale civile di Roma dà ragione al Tonino nazionale, che non ha appeso nel salotto una laurea taroccata, ma frutto del suo sapere, non deve ringraziare i Servizi per quell’alloro accademico ma solo il buon Dio che con lui ha abbondato in fosforo.

Ma non è finita. Perchè Berlusconi quelle bestemmie su Dio-Di Pietro aveva osato pronunciarle anche nel corso di un comizio a Viterbo. Altra querela per diffamazione, altro procedimento, stavolta penale, che però non è giunto a sentenza. Perchè – scrivono le cronache – “il procedimento giudiziario si è concluso con un accordo tra i due”. Soldi o che? E quanti danari? Quanto ha fruttato, stavolta, l’ignoranza dell’ex ministro delle Infrastrutture?

Ma Di Pietro è uomo di gran cuore. E non può dimenticare gli amici. Come ha fatto con Ignazio Messina, l’amico avvocato (e ora segretario di quel che resta di Idv) baciato dalla fortuna di un super arbitrato: quello deciso da ministro contro il costruttore Edoardo Longarini che ora costa allo stato italiano – dopo la sentenza ovviamente sfavorevole – 1 miliardo e 200 milioni ammazza-bilancio, ammazza-cantieri e ammazza-ferrovie secondarie; ma vero bingo milionario per le casse di casa Messina.

E come ha fatto con Annita Zinni, oscuro funzionario dell’Italia dei Valori a Sulmona e storica amica di casa Di Pietro. Il suo terno al lotto è – ci risiamo – tutta una questione di ignoranza. Che però fa cassa, moneta sonante. Che ammonta alla bellezza di 95 mila euro! Quanto in primo grado ha stabilito – incredibilmente – il giudice Massimo Marasca del tribunale sulmonese come risarcimento per venti righe di un articolo della Voce 2008 sulla rocambolesca maturità di Cristiano Di Pietro. Per la serie: le parole di Berlusconi nel salotto di Vespa (non proprio in un condominio) su una laurea comprata da Di Pietro via Servizi fanno 75 mila euro, un articolo della Voce su alcuni dettagli della maturità del rampollo, fanno 95 mila! Ai confini della realtà? No, dentro i confini di questa giustizia malata e taroccata di casa nostra.

Abbiamo più volte raccontato la kafkiana vicenda della Voce, resa ancora più paradossale dalla new della fresca sentenza Berlusconi-Di Pietro; e abbiamo ricordato altri “risarcimenti”, come, per fare un solo caso, quello di un operaio Thyssen, ustionato nel rogo che ha ucciso i suoi compagni, e risarcito con 40 mia euro… Ma ecco, di seguito, gli ultimi sviluppi della vicenda, quando ancora ci si balocca, in parlamento, sulla nuova normativa in materia di diffamazione…

 

LA CAMERA DI CONSIGLIO

Si terrà il 7 luglio prossimo al Tribunale di Campobasso la Camera di consiglio che dovrà stabilire se sarà confermata o respinta la richiesta di archiviazione per il giudice Massimo Marasca (abuso d’ufficio ed omissione di atti d’ufficio i reati ipotizzati ai danni dei giornalisti della Voce). Nel secondo caso, il giudice potrebbe ordinare al pm il proseguimento delle indagini, oppure disporre l’imputazione coatta.

La camera di consiglio del 7 luglio è stata fissata dal giudice per le indagini preliminari Libera Maria Rosaria Rinaldi in accoglimento della opposizione alla richiesta di archiviazione del fascicolo proposta dal pm Barbara Lombardi (che si era avvicendato all’originario titolare dell’indagine, Francesco Santosuosso).

La richiesta del pm Lombardi è stata già respinta dal gip (“ritenuto che la richiesta di archiviazione non possa essere allo stato accolta”), che ha accolto l’opposizione presentata dal difensore della Voce Serena Improta.

Vedremo il 7 luglio quale sarà la decisione del giudice. Intanto, però, questa data segna una tappa importante in una delle più paradossali vicende giudiziarie destinate ad imbavagliare la libertà di stampa nel nostro Paese.

Ricordiamo che tutto aveva avuto origine da un articolo pubblicato a ottobre 2008 (stesso anno del Porta a Porta “incriminato”) sulla Voce e scritto dal giornalista Rai Alberico Giostra con il suo abituale pseudonimo, Giulio Sansevero. Nel pezzo, uno dei tanti dedicato da Giostra a Di Pietro nel periodo di incubazione del successivo libro shock “Il Tribuno”, si descriveva il sistema di potere collegato al partito, allora in auge, di Italia dei Valori, ed in un passaggio ci si soffermava sull’esame di maturità di Cristiano Di Pietro, riportando peraltro notizie già apparse su quotidiani nazionali circa l’interessamento di una insegnante molisana amica di famiglia dei Di Pietro, Annita Zinni.

Ad oltre un anno dalla pubblicazione dell’articolo la Zinni aveva presentato una citazione civile al Tribunale di Sulmona, città in cui risiedeva ed insegnava, chiedendo 40mila euro di risarcimento per presunto danno da “patema d’animo transeunte”. Il giudice Massimo Marasca, dopo aver accolto e convalidato i certificati di una psicologa sulmonese di Italia dei Valori a supporto delle affermazioni di Zinni, e dopo avere ammesso in aula come teste il pubblico ministero anziano di Sulmona Aura Scarsella, che confermava implicitamente in dibattimento la sua amicizia di lunga data con la Zinni, ha assegnato oltre 90mila euro di risarcimento danni cash, con una sentenza provvisoriamente esecutiva, alla insegnante dipietrista, nel frattempo tanto ‘danneggiata’ da farsi eleggere a luglio 2010 segretario provinciale IDV a L’Aquila contro agguerriti competitor locali.

I successivi atti di pignoramento dei legali della Zinni (avvocato Sergio Russo di Roma e avvocato Alessandra Vella di Italia dei Valori, Sulmona) sono stati notificati tra 2014 e 2015 all’intero sistema bancario italiano nonché alla presidenza del consiglio, dipartimento editoria, dove erano maturati i modesti contributi spettanti alla cooperativa editrice della Voce. Russo ha inoltre pignorato la testata La Voce delle Voci, chiedendone al Tribunale di Napoli la vendita all’asta. Intanto il giudizio d’appello, arenato dal 2013 all’Aquila, ha subito l’ennesimo rinvio a fine 2016, producendo per ora solo una sanzione contro la Voce, ‘rea’ di aver chiesto la sospensione della provvisoria esecuzione motivandola con la pendenza a Campobasso dell’indagine penale a carico di Marasca.

Tutta la vicenda, segnalata dai giornalisti alla Procura generale presso la Cassazione, ha poi prodotto l’apertura di un fascicolo a carico del giudice Marasca presso la Procura di Campobasso, competente per territorio sul distretto di Sulmona.

Nel frattempo, a causa del pesante discredito ricevuto dai pignoramenti contro il direttore e contro la cooperativa, estesi presso l’intero sistema bancario italiano, e privata del sostentamento piccolo ma indispensabile dei contributi all’editoria (assegnati a febbraio 2015 dal giudice dell’esecuzione alla Zinni, incassati e probabilmente già spesi), la Voce ha chiuso i battenti a marzo 2014, cessando le pubblicazioni in edicola dopo oltre trent’anni di storia.

Assume perciò particolare rilievo non solo per la Voce, ma per il destino del giornalismo in Italia, la decisione che sarà assunta in Camera di consiglio a Campobasso il 7 luglio prossimo, in merito ad una indagine nella quale, come si apprende dalla consultazione del fascicolo, Marasca finora si è fatto assistere solo da un difensore d’ufficio.

 

In apertura, la foto che ritrae Antonio Di Pietro (al centro), con la psicologa Susanna Loriga e l’avvocato Alessandra Vella (a sinistra). Sull’estrema destra, Annita Zinni. Tutti insieme a Sulmona per la campagna elettorale della Loriga alle ultime Europee.

Un commento su “LA PREMIATA DITTA ANTONIO DI PIETRO PASSA ALL’INCASSO. IL SUO SEGRETO? LA CAUSA PER DIFFAMAZIONE”

Lascia un commento