RAI / FUORTES SBATTE LA PORTA. E FANNO CAPOLINO I FARAONICI STIPENDI…

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Bufera in RAI.

Se ne va, sbattendo la porta, l’amministratore delegato Carlo Fuortes, il cui nome nelle scorse settimane era già rimbalzato come prossimo numero uno al Teatro San Carlo di Napoli, per sostituire l’attuale sovrintendente, il francese Stephane Lissner che è fuori dai giochi per aver compiuto i 70 anni, secondo il fresco decreto governativo sui limiti di età per i direttori stranieri di teatri e fondazioni liriche.

Fanno rumore le sue ultime parole di congedo. “Nel primo anno di lavoro per il consiglio d’amministrazione, con il governo Draghi, il CdA ha raggiunto grandi risultati per l’azienda. Ma dall’inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il servizio pubblico. Allo stesso tempo, ho registrato il venir meno, all’interno del CdA, dell’atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana”.

Parole che più chiare non si può. E anche un ceffone a Meloni & C., per via del preciso riferimento al governo Draghi e al mutato clima nel CdA con l’insediamento dell’esecutivo di destra.

A questo punto sarà in bilico il suo sbarco al San Carlo di Napoli?

 

Roberto Sergio. In alto, Carlo Fuortes

Secondo i rumors, al posto di Fuortes in sella al ‘turbolento’ CdA di viale Mazzini, dovrebbe subentrare in fretta e furia il direttore di Radio Rai, Roberto Sergio: il cui nome potrebbe addirittura passare al consiglio dei ministri di giovedì prossimo. Un blitz.

A sua volta, Sergio dovrebbe indicare, in tempi brevissimi, il nome del nuovo direttore generale: che, secondo quanto riferisce Ansa, dovrebbe essere l’ex consigliere Giampaolo Rossi.

Frenetiche danze in vista, dunque. In attesa di altre nomine & ulteriori valzer di poltrone.

Mentre non mancheranno certo – anzi monteranno – nei prossimi giorni le polemiche sui faraonici stipendi appena resi noti (e pubblicati sul suo sito) dalla RAI, per fare ‘trasparenza’, come viene sbandierato. Si tratta di stipendi pari o superiori ai 200 mila euro (lordi), solo pochi sono al di sotto di quel tetto: e riguardano sia manager che giornalisti.

Un elenco lunghissimo che supera l’incredibile soglia del centinaio di nomi: una vera carica dei 101 (per chi ha avuto la pazienza di metterli insieme, sarebbero addirittura 102, ad essere precisi), da brividi.

Domani pubblicheremo l’elenco completo, che si ottiene in modo non agevole, incrociando una serie di tabelle, tanto per rendere il compito ‘interpretativo’ un po’ più complesso.

E ne saltano fuori di tutti i colori: con una serie di incarichi frutto   della più sfrenata fantasia, poltrone inventate letteralmente dal nulla, pur di assegnare appannaggi ‘reali’ (è proprio il caso di dire dopo l’incoronazione di Carlo III d’Inghilterra) a destra, al centro e a manca.

Uno spaccato che la dice lunga sulle penose condizioni del nostro Paese. Con un’informazione praticamente negata ai cittadini, immersi in un’orgia di fake news, di notizie oscurate, di auto-censura: eppure, per quella informazione resa dal servizio pubblico noi paghiamo palate da milioni di euro. Ai confini della realtà.

In soldoni: con tutta quella montagna di soldi, i cittadini avrebbero diritto ad un’informazione coi fiocchi, ad un giornalismo che fa il suo mestiere e dà agli utenti (e paganti del canone) quello che prevede e tutela la Costituzione per prima: il diritto all’informazione. Non pretendiamo la BBC (peraltro ormai investita da scandali quotidiani); forse un po’ di Bbc d’un tempo, o quanto comunque riescono ancora a produrre alcuni notiziari americani.

Da noi è il diluvio. Costretti a ingurgitare dei Tg penosi, come abbiamo appena raccontato un paio di giorni fa con i 14+9 minuti dedicati dal Tg1all’incoronazione britannica.

Oppure talk ormai vomitevoli, con le solite minestre servite mattina e (soprattutto) sera al popolo bue.

Tanto per cloroformizzarlo meglio, tanto per rincoglionirlo giorno dopo giorno, in una escalation che non ha di certo eguali.

Intanto, preparatevi per la carica dei 101 di domani. Ce n’è a bizzeffe da ridere. Ma ne abbiamo ancora la forza per farlo?

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