Tesi e antitesi, rosso e nero: contraddizioni  

L’esperienza insegna, è la password per disvelare il background di quanto si nasconde dietro l’apparenza.

Perché un incipit anomalo precede questa riflessione sul controverso amore-disamore di storici lettori del quotidiano ‘la Repubblica’? La ragione di un giudizio alternato sulla linea editoriale successiva alla vendita della testata alla Fiat è diretta emanazione della lettura critica di suoi contenuti in evidente contraddizione. Giorni fa, a firma di Molinari, direttore dall’era Fiat, il giornale suddetto dedica due pagine per l’ intervista fiume al despota Netanyahu, che Israele democratica contesta e pretende che si eclissi: sconcerto per l’omaggio acritico, peggio, assolutorio, ‘donato’ a un personaggio della destra da processare per reati di corruzione e per la violenza aggressiva contro il popolo palestinese. Che dire, il peccato di macroscopica miopia professionale escluderebbe l’assoluzione, ma potrebbe anche indurre a non infierire, sempre che  fosse un episodio unico di sottovalutazione, provocato dall’idea di attribuire al giornale in questione il merito di un’intervista in esclusiva a un noto premier. A deviare dalla tentazione buonista interviene un secondo incidente di percorso del giornale, del resto apprezzato per un severo e costante antagonismo nei confronti del governo Meloni e del neofascismo. Oggi, senza un perché riconoscibile, la Repubblica spreca l’intera pagina 11 così: titolo virgolettato a caratteri cubitali, ovvero un selfie verbale di Italo Bocchino, direttore editoriale del ‘Secolo’, organo di Fratelli d’Italia, storico esponente della destra dall’era Fini, neo feddayn della Meloni (“Le devo la mia rinascita pubblica. Nei talk show smonto le falsità contro il governo”). Sulla Schlein: “Ci vorrebbero mille Schlein per fare una Meloni, Giorgia è una fuori classe che la sinistra ci invidia”. Su La Russa: “Ha fatto eccessiva sintesi (???) su un tema complesso, ma Ignazio resta una figura specchiata (!!!)”. Sul dominio culturale della sinistra: “Raboni scrisse che i grandi scrittori sono tutti di destra (sic) e noi infatti li abbiamo: Buttafuoco, Veneziani, Bruno Guerri’’.  Tutto qui? (ndr).

Fallisce la ricerca nel testo-fiume di domande e risposte di un j’accuse dell’intervistatore all’intervistato, di un tentativo di screditarlo, di utilizzare l’a tu per tu per confermare l’antifascismo della testata.

Non è difficile, per chi è del mestiere, intuire che l’intervista è stata condizionata dalla richiesta di Bocchino di conoscere le domande in anticipo e di rispondere senza contraddittorio.

Il secondo incidente di percorso della Repubblica impone di resettare il giudizio sulla stagione ‘confindustriale’ del giornale fondato da Scalfari e decidere se le sviste politiche raccontate, aggravate dal centro-nordismo delle pagine di cronaca calcistica, l’amorevole attenzione non gratuita per l’amata Juventus, siano compensate dall’impulso fortemente critico nei confronti del governo di “Yo soy Giorgia” e di suoi alter ego come Piantedosi, Valditara, Rampelli. Quest’ultimo, memore dell’ostracismo xenofobo di Mussolini, dichiara guerra allo straniero, a parole ed espressioni inglesi intraducibili o comunque assimilate da tutte le lingue del mondo, italiano incluso e propone di multare chi ne fa uso  (da 5.000 a 100mila euro).

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