All’insegna dell’impunità

A sfogliare le innumerevoli pagine on line di internet, a spulciare il suo archivio alla ricerca delle assoluzioni dei politici, lo sfinimento impone lo stop. Nessuna sorpresa, nettamente in vetta alla graduatoria degli scampati al carcere, c’è Berlusconi (unica condanna per frode fiscale) e il record di 35 ‘assoluzioni. Per chi non ha la pazienza di Giobbe, né molto tempo libero, la ricerca è necessariamente parziale. Comunque, senza entrare nel merito delle motivazioni che hanno incardinato i processi e tralasciando la potenza degli agguerritissimi studi legali a difesa degli imputati Vip, la rassegna di politici usciti indenni dalle maglie della giustizia è di elevata grandezza. Per dare concretezza alla riflessione, la sentenza in appello che assolve Toto Riina dall’accusa di aver sequestrato il giornalista antimafia Tullio De Mauro e scagiona  il democristiano Scajola, per l’acquisto di un appartamento con vista sul Colosseo.

Forse è una provocazione nei confronti di parte non secondaria della Magistratura, di giudici condizionati dalla militanza in correnti cinghia di trasmissione dei partiti, o da ambizioni di carriera. Fatto sta che, per metterla in esempi, ‘Mani Pulite’ hanno concluso il loro lavoro con la condanna di solo il 54% degli imputati.  Il 46% degli imputati se l’è cavata. Assolti o prosciolti per prescrizione. Qualche nome alla rinfusa: Dell’Utri, uomo ombra di Berlusconi, Francesco Storace (vilipendio al Capo dello Stato), Cota, Bassolino, Errani, governatori di Piemonte, Campania, Toscana, Clelio Darida, ex sindaco di Roma, i genitori di Renzi, l’ex deputato siciliano Salvatore Lombardo, Vaglio, ex sindaco di Nardò, 13 consiglieri regionali del Lazio, tutti gli imputati del processo sulla trattativa Stato-mafia…

Nel tracciare il percorso alla ricerca di disfunzioni e posizioni sospette,del di garantismo della magistratura politicizzata, è corretto ammettere che l’imperfezione è umana. Di una parte delle assoluzioni sono colpevoli errori ed omissioni e però non è complottismo immaginare che la ‘mano leggera’ dei collegi giudicanti, sia viziata di empatia con gli indagati.

Le teche Rai sono un tesoro di inestimabile valore storico, sono memoria indelebile dell’accaduto recente e del passato remoto. Rai Play, per chi sa leggere il suo archivio, è fonte di conoscenza e di riflessione. Premessa: è ovvia, scontata, la lettura del consenso fazioso alla Meloni delle televisioni commerciali suddite della destra. Così era già prima del 25 settembre, così e oltre lo è ora. Sconcerta e suscita ripulsa, perfino ostracismo alla televisione pubblica la vistosa sbandata a destra.  Un tassello del mosaico, significativo è di nuovo Rai Play. Esplorata con pazienza, racconta l’ossessione della melonimania, la presenza infinita di “Yo soy Giorgia” nei maxi schermi alle spalle dei conduttori di Tg, nei talkshow, perfino in Blob. Il confronto con il predecessore Draghi in termini numerici? Meloni 75% batte Draghi 25%.   E siamo solo all’inizio della presa di potere della destra.

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