Giorgia, assoluzione prematura

La “Yo soy Giorgia” sarà pure tosta (è nel dna dei nostalgici del Ventennio), ma non incanta nessuno il falso ritornello dell’estraneità al post fascismo. L’ultima conferma? Il decreto contro i raduni ‘rave’, bocciato dai costituzionalisti, frettoloso, lessicalmente sciatto, prologo di un abuso di potere dell’esecutivo con il sottinteso intento futuro di reprimere il dissenso, la contestazione di errori ed omissioni della destra,  cortei e manifestazioni sindacali, politiche, proteste studentesche. È forse eccessivo confrontare il decreto in questione con le nefandezze della dittatura fascista, con la prepotenza del partito unico, le violenze del sindacalismo azzerato, gli arresti degli oppositori? No, se osservato in parallelo con l’esordio antidemocratico della Meloni (non una parola di condanna per il raduno neofascista di Predappio, rifiuto di La Russa di condividere il significato della Liberazione, ingaggio di ministri, vice, sottosegretari neofascisti). Il primo atto del governo, anziché porre immediata attenzione ai bisogni di famiglie e imprese in drammatica crisi, ha partorito il decreto che prevede multe pesantissime, intercettazioni e carcere fino a sei anni, la pena prevista per reati di mafia o di pari gravità. La ‘borgatara’ deve anche rispondere degli studenti della Sapienza manganellati con brutalità dalla polizia e nessuno crede che chi ha dato l’ordine non abbia ricevuto l’ok dei vertici della polizia, del ministro dell’interno e della stessa Meloni. In perfetta sintonia è anche il ‘no’ agli sbarchi dei naufraghi salvati dalle navi di soccorso. La Meloni non può ignorare la minaccia pre-elettorale del blocco navale nel Mediterraneo.

Sorprende l’unanimismo par condicio di molti politici e di media che assolvono la ‘borgatara’ dall’accusa di non aver abiurato al passato di neofascista. Alla ‘borgatara’ mancano, per il momento, il minacciato esproprio della Rai, l’epurazione delle rare voci critiche di giornali e tv che si negano all’opportunismo di “Viva Giorgia”, al salto sul carro del vincitore.

Giù la maschera della finta moderazione. Saranno i prossimi cedimenti alla ‘nostalgia’ per ‘eia, eia, alalà’ a mostrare agli italiani del 28 percento di like chi sono Fratelli d’Italia e la Meloni. Siamo appena alle prime battute del governo, minacciato dal sabotaggio degli scontenti (Forza Italia trattata come la Cenerentola della coalizione), da Salvini, terrorizzato dal boom di consensi per Fratelli d’Italia e dalla caduta libera dei propri. Anche un inciampo imprevisto per la Meloni: le indagini sulla Santanchè, ministra premiata per aver disdetto l’appartenenza al berlusconismo, per l’approdo nella destra. ‘Promette bene’ il conflitto interno sul famigerato decreto che vede in antitesi le tesi del governo e il giudizio del ministro Nordio, l’inversione di marcia per i colpi di spugna sulle multe ai No Vax, i sorrisi di circostanza per la Meloni che torna a casa con una serie di no dell’Europa.

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