UN DOCUMENTO STRAORDINARIO

DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE RUSSA VLADIMIR PUTIN ALLA SESSIONE PLENARIA CONCLUSIVA DEL XIX INCONTRO DEL “VALDAI DISCUSSION CLUB”

27 ottobre 2022, Regione di Mosca

Illustri partecipanti alla sessione plenaria, signore e signori, amici.
Ho dato una breve occhiata alle discussioni che si sono svolte qui nei giorni precedenti: molto interessanti e istruttive. Spero che non vi siate pentiti di essere venuti in Russia e vi confrontiate tra di voi.
Sono felice di vedervi tutti.
Al Club Valdai abbiamo parlato molte volte dei cambiamenti – gravi e grandi cambiamenti che sono già avvenuti e stanno avvenendo nel mondo –, dei rischi associati al degrado delle istituzioni globali, all’erosione dei principi della sicurezza collettiva, alla sostituzione del diritto internazionale con le cosiddette regole – si sa inventate da chi, ma forse non è esatto, in genere non è chiaro da chi siano state inventate queste regole, su cosa si fondino queste regole, cosa ci sia dentro queste regole.
A quanto pare, c’è solo un tentativo di stabilire una regola, in modo che chi è al potere – ora parlo di potere, di potere globale – possa vivere senza alcuna regola e sia autorizzato a fare quello che vuole e farla franca. Queste, infatti, sono proprio quelle regole che tentano di inculcarci, come dice il popolo, cioè di cui parlano in continuazione.
Il valore delle discussioni di Valdai consiste nel fatto che qui trovano spazio le più diverse valutazioni e previsioni. Quanto fossero corrette lo dimostrerà la vita stessa, l’esaminatore più rigoroso e oggettivo: la vita che dimostra quanto fossero precise le nostre discussioni preliminari negli anni precedenti.
Ahimè, finora gli eventi continuano a svilupparsi secondo lo scenario negativo di cui abbiamo parlato più di una volta e più di due durante gli incontri precedenti. Inoltre, questi eventi si sono trasformati in una crisi sistemica su larga scala, non solo nella sfera politico-militare, ma anche in quella economica e umanitaria.
L’Occidente cosiddetto – convenzionalmente, ovviamente, perché non c’è unità da quelle parti – è chiaramente una combinazione molto complessa, tuttavia diciamo che questo Occidente, negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi, ha fatto una serie di passi verso il peggioramento. In effetti, hanno sempre giocato a peggiorare, non c’è nulla di nuovo nemmeno in questo caso. E cioè la fomentazione della guerra in Ucraina, le provocazioni su Taiwan e la destabilizzazione dei mercati alimentari ed energetici globali. Tale destabilizzazione, ovviamente, non è stata fatta di proposito, non c’è dubbio, ma è stata causata da una serie di errori sistemici commessi proprio da quelle autorità occidentali che ho già citato. E, come possiamo vedere ora, a tutto questo si è aggiunta anche la distruzione dei gasdotti paneuropei. È oltre ogni limite, ma siamo comunque testimoni di questi tristi eventi.
Il potere sul mondo è proprio ciò su cui il cosiddetto Occidente ha puntato la sua partita. Ma questo è un gioco certamente pericoloso, cruento e, direi, sporco. Nega la sovranità dei Paesi e dei popoli, la loro identità e singolarità, e non attribuisce alcun valore agli interessi degli altri Stati. E anche se la negazione non è dichiarata esplicitamente, è quello che avviene in pratica. Nessuno, tranne coloro che formulano le regole che ho citato, ha il diritto di sviluppare la propria identità: tutti gli altri devono “piegarsi” a quelle stesse regole.
In questo contesto, vorrei ricordarvi le proposte della Russia ai partner occidentali sul rafforzamento della fiducia e sulla costruzione di un sistema di sicurezza collettiva. Lo scorso dicembre, ancora una volta, sono state semplicemente rigettate.
Ma nel mondo di oggi, non si può certo stare con le mani in mano. Come si dice, chi semina vento raccoglie tempesta. La crisi è diventata davvero globale, riguarda tutti. Non c’è nulla di cui illudersi.
L’umanità si trova ora essenzialmente a scegliere fra due strade: o continuare ad accumulare i problemi che inevitabilmente ci schiacceranno tutti, o cercare di trovare insieme delle soluzioni, anche se imperfette, ma efficaci, che possano rendere il nostro mondo più stabile e sicuro.
Lo sapete, ho sempre creduto e continuo a credere nel potere del buon senso. Sono quindi convinto che prima o poi, sia i nuovi centri di un ordine mondiale multipolare sia l’Occidente dovranno iniziare a parlare di un futuro comune da pari a pari, e quanto prima lo faranno meglio sarà. In questo contesto, vorrei sottolineare alcuni punti importanti per tutti noi.
Gli eventi di oggi hanno messo in ombra le questioni ambientali – stranamente, ma è proprio da qui che vorrei partire. Le questioni relative al cambiamento climatico non sono più in cima all’agenda. Ma queste sfide fondamentali non sono scomparse, non sono andate via, non fanno che crescere.
Una delle conseguenze più pericolose dello squilibrio ecologico è la riduzione della biodiversità in natura. E ora vengo al tema principale per cui ci siamo riuniti: le altre diversità – culturali, sociali, politiche, di civiltà – sono meno importanti?
Al contempo, la semplificazione, la cancellazione di tutte le differenze è diventata quasi l’essenza dell’Occidente moderno. Cosa c’è dietro questa semplificazione? Innanzitutto, la scomparsa del potenziale creativo dell’Occidente stesso e il desiderio di frenare, di bloccare il libero sviluppo di altre civiltà.
C’è anche, naturalmente, un interesse mercantile diretto: imponendo i loro valori, gli stereotipi consumistici, l’omogeneizzazione, i nostri avversari – li chiamerò così – cercano di espandere i mercati dei loro prodotti. A questo livello in fin dei conti è tutto molto primitivo. Non è un caso che l’Occidente sostenga che la sua cultura e la sua visione del mondo debbano essere universali. Se non lo dice esplicitamente – anche se spesso lo dice anche esplicitamente –, proprio così si comporta e insiste sul fatto che, in sostanza, in effetti, con la sua politica insiste perché questi valori siano accettati incondizionatamente da tutti gli altri partecipanti alla comunicazione internazionale.
Vorrei citare un passo del famoso discorso di Alexander Solzhenitsyn ad Harvard. Già nel 1978, egli osservava che l’Occidente era caratterizzato da una “persistente cecità di superiorità” – che dura ancora oggi – che “sostiene l’idea che tutte le vaste aree del nostro pianeta debbano svilupparsi e raggiungere gli attuali sistemi occidentali…”. 1978. Non è cambiato nulla.
Nell’ultimo mezzo secolo la cecità di cui parlava Solzhenitsyn – di natura palesemente razzista e neocoloniale – ha assunto forme semplicemente mostruose, soprattutto da quando è nato il cosiddetto mondo unipolare. Cosa voglio dire a questo proposito? La fiducia nella propria infallibilità è una condizione molto pericolosa: da questa al desiderio degli stessi “infallibili” di distruggere semplicemente chi non gli piace il passo è breve. Come dicono, “cancellare”: riflettiamo almeno sul significato di questa parola.
Anche all’apice della Guerra Fredda, al culmine del confronto tra sistemi, ideologie e rivalità militari, non è mai venuto in mente a nessuno di negare l’esistenza stessa della cultura, dell’arte e della scienza dei propri avversari. Non è venuto in mente a nessuno! Sì, sono state imposte alcune restrizioni alle relazioni in campo formativo, scientifico, culturale e, purtroppo, anche sportivo. Tuttavia, sia i leader sovietici che quelli americani dell’epoca avevano capito che la sfera umanitaria doveva essere trattata con sensibilità, studiando e rispettando l’avversario e talvolta prendendo in prestito qualcosa da lui, per preservare, almeno per il futuro, le basi per relazioni sensate e fruttuose.
E cosa sta succedendo ora? I nazisti allora arrivarono al punto di bruciare i libri, e ora i “liberisti e progressisti” occidentali si sono ridotti a vietare Dostoevskij e Chaikovsky. È La cosiddetta cultura della cancellazione: ma in realtà – ne abbiamo già parlato molte volte – si tratta di una vera cancellazione della cultura che taglia alla radice quanto c’è di vivo e creativo e non permette al libero pensiero di svilupparsi in nessun ambito: né in economia, né in politica, né in cultura.
La stessa ideologia liberale oggi è cambiata in modo irriconoscibile. Mentre il liberalismo classico originariamente intendeva la libertà di ognuno come libertà di dire ciò che si vuole, di fare ciò che si vuole, già nel XX secolo i liberali hanno iniziato a dire che la cosiddetta società aperta ha dei nemici – si scopre che la società aperta ha dei nemici – e la libertà di tali nemici può e deve essere limitata o addirittura abolita. Ora hanno toccato l’assurdo: qualsiasi punto di vista alternativo viene dichiarato come propaganda sovversiva e minaccia alla democrazia.
Qualsiasi cosa venga dalla Russia è una “macchinazione del Cremlino”. Ma guardate in casa vostra! Siamo davvero così onnipotenti? Qualsiasi critica rivolta ai nostri avversari – qualsiasi! – è percepita come “complotti del Cremlino”, “la mano del Cremlino”. È un’assurdità. Fino a che punto siete arrivati? Provate almeno a usare il cervello, esprimere qualcosa di più interessante, presentare il vostro punto di vista in modo più speculativo. Non si può dare la colpa di tutto agli intrighi del Cremlino.
Tutto questo era stato profeticamente previsto da Fëdor Mikhailovich Dostoevskij nel XIX secolo. Uno dei personaggi del suo romanzo I demoni, il nichilista Shigalev, descriveva il futuro radioso che immaginava: “Lascio la libertà senza confini e concludo con un dispotismo senza confini”; per inciso, è proprio dove sono arrivati i nostri avversari occidentali. L’altro personaggio del romanzo, Peter Verchovensky, gli fa eco, affermando che il tradimento, la delazione e lo spionaggio sono necessari ovunque, che la società non ha bisogno di talenti e capacità superiori: “A Cicerone viene tagliata la lingua, a Copernico vengono cavati gli occhi, Shakespeare viene lapidato”. Ecco a cosa stanno arrivando i nostri avversari occidentali. Cos’è questa se non la moderna cultura occidentale della cancellazione?
Erano grandi pensatori e sono grato, sarò sincero, ai miei assistenti che hanno trovato queste citazioni.
Cosa possiamo dire a questo proposito? La storia metterà sicuramente ogni cosa al suo posto e cancellerà non le grandissime opere dei geni universalmente riconosciuti della cultura mondiale, ma coloro che oggi per qualche motivo hanno deciso che hanno il diritto di disporre di questa cultura mondiale a loro discrezione. La presunzione di queste figure è alle stelle, come si suol dire, ma tra qualche anno nessuno ricorderà i loro nomi. E Dostoevskij continuerà a vivere, così come Chaikovsky e Pushkin.
Anche il modello occidentale di globalizzazione, neocoloniale nella sua essenza, si è basato sull’omogeneizzazione, sul monopolio finanziario e tecnologico, sulla cancellazione di tutte le differenze. L’obiettivo era chiaro: rafforzare il dominio incondizionato dell’Occidente nell’economia e nella politica mondiale e, a questo fine, mettere al proprio servizio risorse naturali e finanziarie, capacità intellettuali, umane ed economiche dell’intero pianeta, e farlo con il pretesto della cosiddetta nuova interdipendenza globale.
Vorrei ricordare un altro filosofo russo, Alexander Alexandrovich Zinoviev, di cui fra pochi giorni, il 29 ottobre, ricorderemo il centenario della nascita. Più di 20 anni fa disse che per la sopravvivenza della civiltà occidentale al livello da essa raggiunto, “è necessario l’intero pianeta come ambiente per esistere, sono necessarie tutte le risorse dell’umanità”. Questo è quanto pretendono.
E in questo sistema l’Occidente fin dall’inizio si è creato un enorme vantaggio, poiché ne ha elaborato principi e meccanismi – quei principi di cui parlano continuamente e che sono un incomprensibile “buco nero”: che cosa sia, nessuno lo sa. Ma non appena non i Paesi occidentali, ma altri Stati hanno iniziato a beneficiare della globalizzazione – e in primo luogo stiamo parlando, ovviamente, dei grandi Stati asiatici –, l’Occidente ha immediatamente cambiato o cancellato molte regole. E i cosiddetti principi sacri del libero scambio, dell’apertura economica, della concorrenza paritaria, persino del diritto di proprietà sono stati improvvisamente e completamente dimenticati. Non appena qualcosa diventava redditizio per altri, cambiavano le regole in corsa, durante il gioco.
Cito un altro esempio di sostituzione di concetti e significati. Per anni, ideologi e politici occidentali hanno detto al mondo: non c’è alternativa alla democrazia. È vero che si parlava del modello occidentale, cosiddetto liberale, di democrazia. Hanno rifiutato tutte le altre varianti e forme di sovranità popolare con disprezzo e – voglio sottolinearlo – con spregio e arroganza. Questo atteggiamento si è affermato molto tempo fa, fin dall’epoca coloniale: considerare tutti persone di seconda categoria, e sé stessi eccezionali. E le cose sono andate avanti così per secoli fino ad oggi.
Ma oggi la maggioranza assoluta della comunità mondiale chiede solo democrazia negli affari internazionali, non accetta alcuna forma di dittatura autoritaria di Paesi o gruppi di singoli Stati. Che cos’è questo se non l’applicazione diretta dei principi della democrazia al livello delle relazioni internazionali?
E qual è la posizione dell’Occidente “civile” (tra virgolette)? Se siete democratici, pare, dovreste accogliere con favore questa naturale aspirazione alla libertà di miliardi di persone. Ma no! Per l’Occidente è invece la messa in discussione dell’ordine liberale, basato sulle regole, e quindi lancia guerre economiche e commerciali, sanzioni, boicottaggi, rivoluzioni colorate, prepara e gestisce ogni tipo di colpo di Stato.
Uno di questi ha portato alle tragiche conseguenze in Ucraina nel 2014 (l’hanno sostenuto, dicendo anche quanto denaro è stato speso per il colpo di Stato). In generale, sono fuori di testa, non si vergognano di nulla. Hanno ucciso Suleimani, un generale iraniano. Su Suleimani potete pensarla come volete, ma era un funzionario di un altro paese! Lo hanno ucciso sul territorio di un paese terzo e hanno detto: sì, lo abbiamo fatto. Che sarà mai? Ma dove viviamo noi?
Washington per consuetudine continua a chiamare l’attuale ordine mondiale americano “ordine liberale”, ma in realtà questo famigerato “ordine” moltiplica ogni giorno il caos e, aggiungerei, diventa sempre più intollerante anche nei confronti degli stessi Paesi occidentali, dei loro tentativi di mostrare una qualche indipendenza. Ogni cosa viene stroncata alla radice, impongono sanzioni ai loro stessi alleati, spudoratamente! E questi ultimi accettano tutto, a testa bassa.
Ad esempio, le proposte dei parlamentari ungheresi di luglio di inserire nel Trattato UE un impegno a favore dei valori e della cultura cristiana europea non sono state considerate nemmeno come una fronda, ma come un diretto sabotaggio ostile. Che cos’è questo? Come si deve interpretare? Sì, ad alcuni può piacere, ad altri no.
Da noi, in Russia, nel corso di mille anni, si è sviluppata una straordinaria cultura di interazione tra tutte le religioni del mondo. Non c’è bisogno di cancellare nulla: né i valori cristiani, né quelli islamici, né quelli ebraici. Altre religioni mondiali sono presenti nel nostro Paese. Bisogna semplicemente che tutti si trattino con reciproco rispetto. In molte parti del nostro Paese – lo so per esperienza diretta – le persone vanno insieme a celebrare le festività cristiane, islamiche, buddiste ed ebraiche e lo fanno con soddisfazione, si fanno gli auguri e gioiscono gli uni per gli altri. Ma qui no. Perché no? Almeno ne parlassimo. Incredibile!
Tutto ciò rappresenta, senza esagerazione, una crisi non solo sistemica, ma anche dottrinale del modello neoliberale di ordine mondiale di stampo americano. Non hanno idee di creazione e di sviluppo positivo, semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo se non la conservazione del loro dominio.
Sono convinto che una vera democrazia in un mondo multipolare presupponga innanzitutto la possibilità per qualsiasi popolo, voglio sottolinearlo, qualsiasi società, qualsiasi civiltà di scegliere la propria strada, il proprio sistema sociale e politico. Se gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno questo diritto, sicuramente lo hanno anche i Paesi asiatici, gli Stati islamici, le monarchie del Golfo Persico e gli Stati di altri continenti. Naturalmente anche il nostro Paese, la Russia, ha questo diritto e nessuno potrà mai imporre al nostro popolo che tipo di società costruire e su quali principi.
La minaccia diretta al monopolio politico, economico e ideologico dell’Occidente è che nel mondo possano emergere modelli sociali alternativi – più efficaci, voglio sottolinearlo, più efficaci nel mondo di oggi, più brillanti, più attraenti di quello che abbiamo. Ma tali modelli si svilupperanno, è inevitabile. Tra l’altro, i politologi americani, gli esperti, ne scrivono direttamente. È vero che le autorità non ascoltano, ma non possono ignorare queste opinioni espresse sulle pagine di riviste politiche e nei dibattiti.
Lo sviluppo deve avvenire nel dialogo tra civiltà, sulla base di valori spirituali e morali. Sì, le diverse civiltà hanno differenti concezioni dell’uomo e della sua natura: spesso sono diverse solo in superficie, ma tutte riconoscono la suprema dignità e l’essenza spirituale dell’uomo.
Ed è estremamente importante il terreno comune, la base comune su cui possiamo e dobbiamo costruire il nostro futuro.
Cosa voglio sottolineare qui? I valori tradizionali non sono un insieme fisso di postulati a cui tutti dovrebbero aderire. Certo che no. Ciò che li distingue dai cosiddetti valori neoliberali è che non sono mai replicabili, in quanto derivano dalla tradizione di una particolare società, dalla sua cultura e dalla sua esperienza storica. Pertanto, i valori tradizionali non possono essere imposti a nessuno, ma devono essere semplicemente rispettati, tenendo conto di ciò che ogni nazione ha scelto per secoli.
Questo è il nostro modo di intendere i valori tradizionali e questo approccio è condiviso e accettato dalla maggioranza dell’umanità. Le società tradizionali dell’Oriente, dell’America Latina, dell’Africa e dell’Eurasia costituiscono la base della civiltà mondiale.
Il rispetto delle specificità dei popoli e delle civiltà è nell’interesse di tutti. In realtà, è nell’interesse anche del cosiddetto Occidente. Perdendo la sua supremazia, sta rapidamente diventando una minoranza sulla scena mondiale. E naturalmente, il diritto di questa minoranza occidentale alla propria identità culturale – naturalmente, voglio sottolinearlo – dovrebbe essere garantito, dovrebbe essere trattato con rispetto, ma, voglio sottolineare, su un piano di parità con i diritti di tutti gli altri.
Se le élite occidentali credono di poter introdurre nelle menti dei loro popoli, delle loro società, nuove, a mio avviso strane, tendenze come le decine di gender e le parate dell’orgoglio gay, allora così sia. Lasciate che facciano quello che vogliono! Ma ciò che non hanno il diritto di fare è pretendere che gli altri vadano nella stessa direzione.
Vediamo che nei Paesi occidentali sono in corso processi demografici, politici e sociali complessi. Naturalmente, si tratta di questioni interne. La Russia non interferisce in tali questioni e non intende farlo: a differenza dell’Occidente, non mettiamo il naso negli affari degli altri. Ma speriamo che il pragmatismo prevalga e che il dialogo della Russia con l’Occidente autentico e tradizionale, così come con altri paritari centri di sviluppo, costituisca un importante contributo alla costruzione di un ordine mondiale multipolare.
Vorrei aggiungere che il multipolarismo è una possibilità reale, e di fatto l’unica, per la stessa Europa di recuperare la propria soggettività politica ed economica. Certamente, lo comprendiamo tutti, e lo dicono direttamente anche in Europa: oggi la personalità giuridica dell’Europa è – come dirlo con delicatezza, per non offendere nessuno – fortemente limitata.
Il mondo è intrinsecamente diverso e i tentativi dell’Occidente di far rientrare tutti in un unico modello sono oggettivamente destinati a fallire.
L’arrogante aspirazione alla leadership mondiale e, di fatto, all’imposizione o alla conservazione della leadership attraverso l’imposizione, in effetti si traduce nel declino dell’autorità internazionale dei leader del mondo occidentale, compresi gli Stati Uniti, nella crescita in generale della sfiducia nella loro capacità di negoziare. Un giorno dicono una cosa e il giorno dopo un’altra; firmano documenti e il giorno dopo li rinnegano; fanno quello che vogliono. Non c’è stabilità in nulla. Non è assolutamente chiaro come vengano firmati i documenti, cosa sia stato detto, in cosa si possa confidare.
Mentre un tempo solo pochi Paesi si permettevano di discutere con l’America e la cosa sembrava quasi sensazionale, ora è consuetudine che diversi Paesi rifiutino le richieste infondate di Washington, anche se quest’ultima cerca, come è sempre accaduto, di mettere tutti alle strette. Una politica assolutamente sbagliata, che non va semplicemente da nessuna parte. Lasciateli fare, anche questa è una loro scelta.
Sono convinto che i popoli del mondo non chiuderanno gli occhi di fronte a una politica di coercizione che si è screditata da sola, e ogni volta che l’Occidente cercherà di mantenere la sua egemonia, dovrà pagare un prezzo sempre più alto. Al posto di queste élite occidentali, prenderei seriamente in considerazione una simile prospettiva, così come la stanno prendendo in considerazione, come ho già detto, alcuni politologi e politici proprio negli Stati Uniti.
Nell’attuale clima di conflitto duro, dirò alcune cose senza mezzi termini. La Russia, come civiltà indipendente e distinta, non si è mai considerata e non si considera un nemico dell’Occidente. L’americanofobia, l’anglofobia, la francofobia, la germanofobia sono forme di razzismo al pari della russofobia e dell’antisemitismo, così come tutte le manifestazioni di xenofobia.
È semplicemente necessario capire chiaramente che ci sono, come ho detto prima, due Occidenti, almeno due, o forse più, ma almeno due: l’Occidente dei valori tradizionali, prima di tutto cristiani, della libertà, del patriottismo, della ricchezza culturale, e ora anche dei valori islamici, perché una parte significativa della popolazione di molti Paesi occidentali professa la religione islamica. Questo Occidente è in un certo senso vicino a noi, per molti aspetti abbiamo radici comuni, persino antiche. Ma c’è un altro Occidente – aggressivo, cosmopolita, neocoloniale – che agisce come strumento delle élite neoliberali. Naturalmente, la Russia non sopporterà mai i dettami di questo Occidente.
Nel 2000, dopo la mia elezione a Presidente, quello che ho affrontato lo ricorderò sempre: ricordate il prezzo che abbiamo pagato per distruggere un covo di terroristi nel Caucaso settentrionale, che all’epoca l’Occidente sosteneva quasi apertamente. Siete tutti adulti qui, la maggior parte di voi presenti in questa sala capisce di cosa sto parlando. Sappiamo che questo è esattamente ciò che è accaduto concretamente: sostegno finanziario, politico e informativo. L’abbiamo vissuto tutti.
Inoltre, [l’Occidente] non solo ha sostenuto attivamente i terroristi in territorio russo, ma in molti modi ha alimentato questa minaccia. Lo sappiamo. Tuttavia, una volta che la situazione si è stabilizzata e le principali bande terroristiche sono state sconfitte, anche grazie al coraggio del popolo ceceno, abbiamo deciso di non tornare indietro, di non fare gli offesi, di andare avanti, di costruire relazioni anche con chi in realtà lavorava contro di noi, di instaurare e sviluppare rapporti con tutti coloro che lo desideravano, basati sul mutuo vantaggio e sul rispetto reciproco.
Si pensava che fosse nell’interesse comune. La Russia, grazie a Dio, è sopravvissuta a tutte le difficoltà di quel periodo, ha resistito, si è rafforzata, ha affrontato il terrorismo interno ed esterno, ha preservato la sua economia, ha iniziato a svilupparsi e la sua capacità di difesa ha cominciato a migliorare. Abbiamo cercato di costruire relazioni con i principali Paesi dell’Occidente e con la NATO. Il messaggio era uno solo: smettiamo di essere nemici, viviamo insieme come amici, dialoghiamo, costruiamo la fiducia e, quindi, costruiamo la pace. Siamo stati assolutamente sinceri, voglio sottolinearlo: vedevamo chiaramente la complessità di questo riavvicinamento, ma ci siamo impegnati.
E cosa abbiamo ottenuto in risposta? In breve, abbiamo ricevuto un “no” in tutte le principali aree di possibile cooperazione. Abbiamo ricevuto una pressione sempre maggiore su di noi e la creazione di focolai di tensione vicino ai nostri confini. E, se mi è consentito, qual è lo scopo di questa pressione? Che cos’è? Semplice allenamento? Certo che no. L’obiettivo è rendere la Russia più vulnerabile. L’obiettivo è trasformare la Russia in uno strumento per raggiungere i propri obiettivi geopolitici.
In realtà, questa è una regola universale: si tenta di trasformare ogni cosa in uno strumento al fine di utilizzarlo per i propri scopi. E coloro che non si sottomettono a questa pressione, che non vogliono essere uno strumento di questo tipo, sono sottoposti a sanzioni, vengono imposte loro e contro di loro restrizioni economiche di ogni tipo, vengono preparati o, dove possibile, attuati colpi di stato e così via. E alla fine, se non si ottiene nulla, l’obiettivo è uno: distruggere, cancellare dalla mappa politica. Ma nei confronti della Russia non è stato e non sarà mai possibile dispiegare e attuare un simile scenario.
Cos’altro potrei aggiungere? La Russia non lancia sfide alle élite dell’Occidente: la Russia sta semplicemente difendendo il suo diritto di esistere e di svilupparsi liberamente. Al contempo, noi non intendiamo diventare un nuovo egemone. La Russia non propone di sostituire l’unipolarismo con il bipolarismo, il tripolarismo e così via, il dominio occidentale con quello dell’Est, del Nord o del Sud. Questo porterebbe inevitabilmente a un nuovo vicolo cieco.
E qui voglio citare le parole del grande filosofo russo Nikolai Yakovlevich Danilevskij, il quale riteneva che il progresso non consiste nell’andare tutti in una direzione, come alcuni dei nostri avversari ci spingono a fare – in tal caso il progresso cesserebbe presto, sostiene Danilevskij – ma nel “percorrere tutto il campo, che costituisce la sfera dell’attività storica dell’umanità, in ogni direzione”. E aggiunge che nessuna civiltà può vantarsi di rappresentare il punto più alto dello sviluppo.
Sono convinto che alla dittatura si possa contrapporre solo la libertà di sviluppo dei Paesi e dei popoli, al degrado della personalità – l’amore per l’uomo come creatore –, alla semplificazione primitiva e ai divieti la prospera complessità delle culture e delle tradizioni.
Il significato del momento storico odierno sta proprio nel fatto che di fronte a tutte le civiltà, gli Stati e le loro intese di integrazione si sta realmente aprendo la possibilità di un proprio, democratico, originale modo di sviluppo. E soprattutto crediamo che il nuovo ordine mondiale debba basarsi sulla legge e sul diritto, essere libero, peculiare e giusto.
Pertanto, l’economia e il commercio mondiale devono diventare più equi e aperti. La Russia ritiene inevitabile la formazione di nuove piattaforme finanziarie, anche per le transazioni internazionali. Tali piattaforme dovrebbero essere al di fuori delle giurisdizioni nazionali, sicure, apolitiche, automatizzate e non dipendere da un unico centro di controllo. È possibile o no? Certo che lo è. Ci vorranno molti sforzi, molti Paesi che uniranno le forze, ma si può fare.
Questo eliminerà la possibilità di abuso nell’ambito della nuova infrastruttura finanziaria globale e consentirà un modo efficiente, redditizio e sicuro di effettuare transazioni internazionali senza il dollaro e le altre cosiddette valute di riserva. Tanto più che, usando il dollaro come arma, gli Stati Uniti e l’Occidente hanno screditato l’istituto delle riserve finanziarie internazionali. All’inizio le ha svalutate con l’inflazione del dollaro e dell’euro e poi – “visto e preso” – ha intascato le nostre riserve internazionali.
Il passaggio alle valute nazionali prenderà attivamente slancio, è inevitabile. Dipende, ovviamente, dalle condizioni degli emittenti di queste valute, dalle condizioni delle loro economie che si rafforzeranno e quindi queste transazioni diventeranno gradualmente dominanti. Questa è la logica delle politiche economiche e finanziarie sovrane in un mondo multipolare. Inoltre, oggi i nuovi centri di sviluppo globale dispongono già di tecnologie straordinarie e sviluppi scientifici eccezionali in diversi campi e in molti settori possono competere con successo con le multinazionali occidentali.
Ovviamente, abbiamo un interesse comune, piuttosto pragmatico, per uno scambio scientifico e tecnologico equo e aperto. Insieme, ciascuno ha più vantaggi che separatamente. I benefici dovrebbero andare alla maggioranza, non a singole società super-ricche. Com’è la situazione oggi? Se l’Occidente vende farmaci o sementi di colture alimentari ad altri Paesi, ordina di uccidere la farmaceutica e l’allevamento nazionali, anzi, in pratica, tutto si riduce a questo; fornisce macchine e attrezzature e distrugge l’industria metalmeccanica locale. Quando ero primo ministro, l’ho capito: appena si apre il mercato per un certo gruppo merceologico, è finita, ecco che il produttore locale “va giù”, e gli è quasi impossibile rialzare la testa. È così che si costruiscono le relazioni. In questo modo si catturano mercati e risorse, si privano i Paesi del loro potenziale tecnologico e scientifico. Questo non è progresso, ma asservimento, riduzione delle economie a livello arcaico.
Lo sviluppo tecnologico non dovrebbe esacerbare le disuguaglianze globali, ma ridurle. Questo è il modo in cui la Russia ha tradizionalmente attuato la sua politica tecnologica esterna. Ad esempio, costruendo centrali nucleari in altri Stati, creiamo contemporaneamente centri di competenza, formiamo personale nazionale: creiamo un’industria, non solo un’impresa, ma un intero settore. In sostanza, diamo ad altri Paesi l’opportunità di fare un vero passo avanti nel proprio sviluppo scientifico e tecnologico, di ridurre le disuguaglianze e di portare il proprio settore energetico a un nuovo livello di efficienza e di rispetto dell’ambiente.
Vorrei sottolineare ancora una volta che la sovranità e lo sviluppo nazionale non significano affatto isolamento o autarchia, ma piuttosto una cooperazione attiva e reciprocamente vantaggiosa basata su principi giusti ed equi.
Se la globalizzazione liberale è spersonalizzazione, imposizione di un modello occidentale al mondo intero, l’integrazione, al contrario, consiste nel liberare il potenziale di ogni civiltà a beneficio dell’insieme, per un vantaggio comune. Se il globalismo è un’imposizione, e alla fine a questo si riduce, l’integrazione è lo sviluppo congiunto di strategie comuni, vantaggiose per tutti.
A questo proposito, la Russia ritiene importante rendere più attivi i meccanismi di creazione di grandi spazi, costruiti sull’interazione di Paesi vicini, l’economia, il sistema sociale, le risorse di base, le infrastrutture dei quali si completino a vicenda. Questi grandi spazi, infatti, sono la base di un ordine mondiale multipolare, la base economica. Dal loro dialogo nasce la vera unità dell’umanità, che è molto più complessa, peculiare e pluridimensionale rispetto alle idee semplicistiche di alcuni ideologi occidentali.
L’unità del genere umano non si costruisce sull’ordine “fate come me”, “siate come noi”. Si forma tenendo conto e basandosi sulle opinioni di tutti, rispettando l’identità di ogni società e nazione. Questo è il principio su cui può svilupparsi un’interazione a lungo termine in un mondo multipolare.
A questo proposito, forse dovremmo anche pensare a come la struttura delle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di Sicurezza, potrebbe riflettere maggiormente la multiformità delle regioni del mondo. Dopo tutto, nel mondo di domani dall’Asia, dall’Africa e dall’America Latina dipenderà molto più di quanto si creda oggi, e un tale aumento della loro influenza è certamente positivo.
Vi ricordo che la civiltà occidentale non è l’unica, anche nel nostro comune spazio eurasiatico. Inoltre, la maggior parte della popolazione si concentra proprio nella parte orientale dell’Eurasia, dove sono nate le più antiche civiltà dell’umanità.
Il valore e il significato dell’Eurasia è che questo continente è un insieme autosufficiente, con gigantesche risorse di ogni tipo ed enormi possibilità. E quanto più ci impegniamo per aumentare la connettività dell’Eurasia, per creare nuovi modi e forme di cooperazione, tanto più impressionanti saranno i progressi che faremo.
Le attività di successo dell’Unione Economica Eurasiatica, la rapida crescita dell’autorità e dell’influenza dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, le iniziative su larga scala nell’ambito di “One Belt, One Road”, i piani di cooperazione multilaterale per la realizzazione del corridoio trasportistico “Nord-Sud” e altri, molti altri progetti in questa parte del mondo, sono certo che siano l’inizio di una nuova era, di una nuova fase nello sviluppo dell’Eurasia. I progetti di integrazione in questo caso non si contraddicono, ma si completano a vicenda, naturalmente se sono portati avanti da Paesi vicini nel proprio interesse, piuttosto che essere introdotti da forze esterne per dividere lo spazio eurasiatico e trasformarlo in una zona di confronto tra blocchi.
Parte naturale della Grande Eurasia potrebbe essere anche la sua estremità occidentale, l’Europa. Tuttavia, molti dei suoi leader sono ostacolati dalla convinzione che gli europei siano migliori degli altri, che non debbano partecipare a nessuna impresa su un piano di parità con gli altri. Dietro tale arroganza, non si accorgono nemmeno di essere diventati periferici, di essere diventati essenzialmente dei vassalli, spesso senza diritto di voto.
Cari colleghi, il crollo dell’Unione Sovietica ha distrutto anche l’equilibrio del potere geopolitico. L’Occidente si è sentito vittorioso e ha proclamato un ordine mondiale unipolare, in cui solo la sua volontà, la sua cultura e i suoi interessi hanno il diritto di esistere.
Ora questo periodo storico di dominio incontrastato dell’Occidente negli affari mondiali sta volgendo al termine, il mondo unipolare sta diventando un ricordo del passato. Ci troviamo in una fase storica fondamentale, probabilmente abbiamo davanti il decennio più pericoloso, imprevedibile e allo stesso tempo importante dalla fine della seconda guerra mondiale. L’Occidente è incapace di governare da solo l’umanità, ma sta disperatamente cercando di farlo e la maggior parte delle nazioni del mondo non è più disposta ad accettarlo. Questa è la principale contraddizione della nuova era. La situazione è in certa misura rivoluzionaria: coloro che stanno in alto non possono e quelli che stanno in basso non vogliono più vivere così.
Questo stato di cose è gravido di conflitti globali o di una catena di tensioni, che rappresentano una minaccia per l’umanità, compreso lo stesso Occidente. Risolvere in modo costruttivo e fattivo questa contraddizione è oggi l’obiettivo storico principale. Individuare un nuovo orientamento è un processo doloroso ma naturale e inevitabile. Il futuro ordine mondiale sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. E in questo ordine mondiale dobbiamo ascoltare tutti, prendere in considerazione ogni punto di vista, ogni popolo, società, cultura, ogni sistema di visione del mondo, idee e credenze religiose, senza imporre una sola verità a nessuno, e solo su questa base, comprendendo la nostra responsabilità per la sorte dei popoli e del pianeta, per orchestrare l’armonia della civiltà umana.
Vorrei concludere ringraziandovi per la pazienza con cui avete ascoltato il mio messaggio.
Grazie mille.
(Traduzione a cura dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia)

La traduzione integrale del discorso di Vladimir Putin può essere consultata sulla pagina Facebook dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, il cui sito risulta inaccessibile da tempo. Le cause di un tale “oscuramento” ci sono ignote, per così dire. Ma a pensar male, si sa, si fa peccato.
Abbiamo riportato il testo integralmente, limitandoci a correggere qualche refuso. Un “discorso”, quello di Putin, che tocca diverse “ferite aperte” di un Occidente vittima di un maniacale senso di superiorità a denominazione di origine americana a garantita, e per questo destinato a implodere. I sintomi sono evidenti: fingere di non vederli è un atto criminale nei confronti dei cittadini europei – e italiani, soprattutto – che stanno pagando di tasca loro le scellerate sanzioni nei confronti dell’Orso “aggressore”. Si profilano, in questo senso, tempi bui, con un’inflazione a doppia cifra e attività che già hanno abbassato le saracinesche.
Da ricordare che alle aperture al negoziato da parte di Putin, la Casa Bianca ha risposto picche: Joe Biden, il timoniere delle magnifiche sorti che guida l’equipaggio del
Deep Statea stelle e strisce, “non incontrerà il presidente russo al prossimo G20” che si terrà a Bali, in Indonesia, a metà novembre. All’indomani delle elezioni midterm, dove Sleepy Joepotrebbe incassare una sonora sconfitta. (David Nieri)

 

 

FONTE

Minima Cardiniana

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