Il mio, tuo, suo Napoli

Fatica sempre più a galleggiare la gestione De Laurentiis, fortemente condizionata da almeno tre componenti destrutturanti: crisi globale e italiana, bilanci in rosso della produzione cinematografica, impossibile concorrenza con i club acquisiti da miliardari americani e arabi. Il contesto schematicamente descritto sembra destinato a diventare un aut-aut estremo: ridimensionare drasticamente le ambizioni della Napoli del calcio o vendere lo storico club, denapolettanizzandolo, all’asta, al miglior offerente. Le due soluzioni, è facile immaginarlo, incontrerebbero la rabbiosa delusione dei tanti milioni di tifosi napoletani che popolano mezzo mondo. C’è una terza via? Ma sì, conta su esempi condivisi, di collaudata operatività. Un caso fra tanti racconta l’azionariato popolare in chiave Barcellona. Con 223.000 soci è il top della pratica diffusa nel mondo sportivo internazionale di proprietà azionaria diffusa, di tifosi che diventano investitori e dirigenti. In Spagna vi altri grandi club applicano questo modello: il Real Madrid, l’Athletic Bilbao, l’Osasuna e il Real Murcia. C’è da dubitare che un’iniziativa analoga premierebbe il Napoli con un numero molto simile di azionisti? La forma partecipativa è già sperimentata in Paesi europei, in Spagna, Germania. In Gran Bretagna l’Ebbsfleet United Football Club è stato acquisito dal progetto MyFootballClub.

La rivoluzionaria iniziativa è presente anche in Italia, con l’Associazione Sportiva Squadramia, Orgoglio Amaranto,  Pallacanestro Treviso e favorisce la stabilità politico-sociale con una distribuzione del reddito più omogenea, consente ampia partecipazione alle sorti della società grazie al grande numero di soci ( anche con una sola azione), decisivi nelle assemblee plenarie. In serie A un esempio di azionariato popolare è il MyRoma dei tifosi giallorossi. Lo condividono anche MantovaArezzoAvezzanoEnnaVibonese ed Hellas Verona, Reggina (costo di un’azione 15 euro), l’Acireale, (quote da 500 a 2000 euro)  la Reggina, il Pordenone. La missione dell’azionariato popolare: di là dai connotati propriamente sportivi si propone di saldare il rapporto tra la squadra e il territorio, con iniziative a fini sociali, volontariato, coinvolgimento dei giovanissimi, per una ricaduta positiva sull’intera comunità, per sventare la discriminante congiura della Superlega.  Nel resto del mondo tra le motivazioni dell’azionariato popolare anche il contrasto all’operato, se ‘delinquenziale’, del presidente. Napoli come Barcellona? Possibile. Se molti napoletani rinunciano alla vacanza estiva per rinnovare l’abbonamento e seguire la squadra in trasferta, anche all’estero; se ovunque gli azzurri impegnati in trasferta hanno un seguito di migliaia di napoletani; se esiste un nucleo di appassionati dotati di competenze, serietà,  capacità operativa, comprovata onesta, in grado di gestire con profitto un Napoli dei napoletani, questo, per mille ragioni, è il momento per verificare il progetto di un azionariato popolare ‘vesuviano’, che consegni il futuro della squadra, del calcio al femminile e di altri sport (basket, pallanuoto, pallavolo, rugby, vela, canottaggio) ai tifosi sostenitori e appunto azionisti.

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