IL MONDO PROSSIMO VENTURO

DI RANIERO LA VALLE

Raniero La Valle

Non c’è bisogno di aspettare l’Apocalisse. Il libro si sta aprendo in questi giorni, in queste ore. Lo dice la NATO: la guerra sarà lunga. Ha dichiarato infatti Jens Stoltenberg che ne è il segretario generale: “I membri della NATO non accetteranno mai (il corsivo è nostro) l’annessione illegale della Crimea e il controllo russo su parti dell’Ucraina orientale” (ovvero i due territori del Donbass). Ha commentato il Corriere della Sera: “L’abbraccio troppo caloroso degli alleati potrebbe alla fine rivelarsi imbarazzante per Zelensky”. Pochi giorni prima, il 26 aprile, nella base americana di Ramstein, su invito degli Stati Uniti i ministri della Difesa di 40 Stati di tutto il mondo (fino alla Nuova Zelanda e all’Australia) avevano stipulato una sorta di Santa Alleanza (come l’ha chiamata Domenico Gallo) “per aiutare l’Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia”.

Ancora prima, all’inizio della guerra, Biden annunciando sanzioni contro la Russia quali mai si erano viste prima, le aveva assegnato un futuro da “paria”, che vuol dire di esclusione e di umiliazione, come è in India la condizione degli ultimi che sono ultimi non solo in senso sociale, ma metafisico. A sua volta l’inglese Johnson aveva incoraggiato l’Ucraina a usare l’intelligence e le armi americane, inglesi, polacche, italiane e turche della NATO per ritorcere la guerra di Putin contro di lui e colpire i russi in profondità nel loro stesso territorio, dunque non più solo sul mare. Forse proprio per sfuggire a questo abbraccio mortale dello zelo inglese, Zelensky, stremato per la rovina del suo popolo, parlando in un momento di lucidità, naturalmente per televisione, al pubblico inglese attraverso il Reale Istituto “Chatam House” di Londra, aveva avanzato la disponibilità ad uscire dalla guerra se i russi si fossero ritirati sulle posizioni oltre frontiera del 23 febbraio, anche a dover pagare per questo obiettivo il costo della rinunzia a rivendicare la Crimea (ormai entrata col referendum sotto la sovranità russa) e di non parlare del Donbass; notizia questa che in Occidente veniva dichiarata falsa benché tanto vera da aver suscitato la citata reazione di Stoltenberg; questi, mettendo di traverso la NATO aveva chiarito chi fosse il vero signore della guerra, disponendo dell’Ucraina come se questa già appartenesse alla NATO. E la guerra, secondo il dirigente atlantico, poteva durare anche “per mesi e per anni”, fin quando Zelensky avesse deciso di continuarla; in tal modo egli metteva in mano al presidente ucraino il potere di pace e di guerra, nel momento stesso in cui gli negava il diritto di porre fine al conflitto rinunziando alla Crimea e magari promettendo un’Ucraina inoffensiva e non inclusa nella NATO.
Da questa rapida cronaca risulta che lo scenario allestito o ipotizzato dall’Occidente è quello di una guerra di lunga durata. Ma non è uno scenario improvvisato. In sede di analisi esso era stato descritto già un anno prima, il 12 aprile 2021, in un articolo di Lucio Caracciolo che aveva così illustrato la programmazione in corso in America volta a “liquidare la Russia e isolare la Cina”: “Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale – aveva scritto il direttore di Limes – gli americani si trovano a fronteggiare due grandi potenze, la seconda e la terza del pianeta, in una partita che segue ormai la logica di guerra. Somma zero”. In questo schema triangolare, spiegava, l’America ha “un’opzione che comincia a circolare a Washington. E che Biden sta illustrando ai soci atlantici ed asiatici, perché certo da sola l’America non ce la può fare”; “per i cugini britannici” e per i Paesi della NATO baltica e russofoba, come per gli americani, questa opzione significava “la disintegrazione della Russia. Sulle orme del collasso sovietico del 1991”.
Descrivendo lo stato di avanzamento di questi lavori l’articolo riferiva poi che sul fronte del Mar Nero gli ucraini stavano spostando armi e truppe verso il Donbass, mentre i russi stavano facendo lo stesso in direzione opposta e contraria. “La tensione attorno alla Crimea ma anche nell’area di Odessa sta salendo”. E aggiungeva: “Per terra e/o per mare potrebbero accadere ‘incidenti’ dagli effetti imprevedibili…”
E la Russia? si chiedeva Caracciolo. “Non va troppo per il sottile. In caso fosse alle strette, Mosca sarebbe pronta alla guerra. Perché ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza”. E concludeva: “I prossimi mesi ci diranno se questa crescente pressione americana, via Nato, sulla Russia, sarà contenuta o se, magari inavvertitamente, produrrà la scintilla di un conflitto dalle imponderabili conseguenze”
Ora i mesi che sono passati da allora ce l’hanno detto. Ma se Lucio Caracciolo sapeva tutte queste cose è difficile che non le sapesse anche Putin: ciò spiega l’affermazione da lui fatta il 9 maggio sulla piazza Rossa che “il pericolo cresceva ogni giorno” e che perciò quella della Russia era stata una reazione preventiva all’aggressione, “una decisione forzata, tempestiva e l’unica giusta di un Paese sovrano”. Una decisione che è stata però un errore e un crimine.
Tutto questo dice che la guerra sarà lunga. Ma quanto lunga? Secondo Limes il futuro sarà tutto un “percorso di tregue interrotte, non certo di vera pace”; secondo l’analista militare Nicola Cristadori sarà una guerra perpetua perché “la guerra, nostro malgrado, è connaturata all’uomo, ragione per cui non ci si può adagiare sui prolungati periodi di pace”: Lo aveva detto anche Eraclito, ai primordi della nostra cultura che la guerra è “padre di tutte le cose, di tutte re, e gli uni disvela come dèi, gli altri come uomini”. Per questa ragione “show must go on” come canta il quartetto rock dei Queen, cioè lo spettacolo deve andare avanti. La guerra è questo spettacolo, non più solo guerra ma warshow; tale ormai è diventata sui nostri schermi televisivi e tale ormai sempre sarà, tolte le guerre dimenticate e locali, fino all’ultima che, se sarà atomica, non potrà essere filmata da nessuno. né potrà essere interrotta dalla pubblicità in alcuna maratona o talk show televisivo. Del resto oggi tutta la realtà, non solo la guerra, è diventata spettacolo; spectaculum facti sumus, aveva detto profeticamente san Paolo.
Con la parata del 9 maggio sulla piazza Rossa, lo spettacolo doveva raggiungere il suo culmine. Per settimane era stata preannunciata come l’evento del secolo, quando Putin avrebbe esibito la sua forza, svelato le sue mire sui Paesi vicini, annunciato la guerra mondiale, minacciato quella atomica, o celebrato la conquista dell’Ucraina e la vittoria della sua guerra. Qualcosa però ha guastato questo spettacolo, il loggione di quasi tutti i nostri giornali l’hanno fischiato, i titoli di prima pagina hanno giocato con “la malaparata”, che magari era la loro, hanno detto “la festa non c’è”, hanno raccontato di un Putin malato e sconfitto, che aveva abbassato la cresta, che aveva ammesso le perdite, che aveva detto no alla guerra totale, che aveva escluso l’atomica. In effetti Putin non aveva mostrato la forza, non aveva fatto volare gli aerei, la sfilata più imponente era stata quella di un milione di persone che recavano milioni di fotografie dei morti nella seconda guerra mondiale, la “guerra patriottica” contro il nazismo che così veniva celebrata.
E a guastare la festa e interrompere lo spettacolo ci si è messo anche Macron, che ha mandato a dire all’America: “Non siamo in guerra contro la Russia. Abbiamo una pace da costruire con Ucraina e Russia attorno al tavolo, ma non si farà né con l’esclusione né con l’umiliazione’”, ed ha aggiunto che l’Europa è più ampia dell’Unione Europea, che non deve cedere ai revanscismi e alle vendette, che deve diventare una vera comunità politica.
Dunque è posta l’alternativa. La guerra oggi in corso è cominciata con la sfida americana alla Russia (l’abbaiare della NATO al suo confine, evocato anche dal Papa) è continuata con la catastrofica e genocida risposta di Putin. Essa contempla un mondo senza la Russia e contro la Cina. Secondo la previsione di “Limes”, “se l’America vincerà questa semifinale sbarazzandosi di Putin – fors’anche della Russia – potrà concentrarsi sulla partita del secolo contro la Cina privata dello scudo russo , circondata per terra e per mare”.
Questo è il futuro che ci viene prospettato, che spiega le posizioni che sulla guerra abbiamo preso fin qui. Ma noi possiamo accettare questo? Possiamo accettare che la guerra accada non per un artificio della nostra cultura ancora così primitiva, ma per una necessità di natura? Possiamo rinunciare al ripudio della guerra? Possiamo adattarci a un mondo dove, come dicono i cinesi, l’Europa obbedisce alla pulsione che la spinge a volere un solo vincitore definitivo e despota del mondo intero? Possiamo desiderare un mondo senza la Russia e in lotta contro la Cina? Se non lo vogliamo dobbiamo inserirci nel varco aperto da Macron, forse anche dalla Germania di Scholz e della Merkel, e immaginare e lottare per un progetto alternativo. È questo il compito che ci resta da assolvere.
articolo tratto dalla pagina Facebook di Raniero La Valle

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