IL MARE NON BAGNA PIU’ NAPOLI / TRA PRIVATIZZAZIONI ILLEGALITA’ E TOTALI ABUSIVISMI  

“Il mare non bagna più Napoli”, scriveva un tempo la mitica Maria Ortese.

Vero allora e ancor più vero oggi.

Quando i napoletani, per fare un tuffo nelle acque – pur se non sempre cristalline – devono chiedere la grazia all’altrettanto San Gennaro.

Incredibile ma vero, infatti, a Napoli le spiagge ‘libere’ degne di questo nome, e accessibili, si contano sulle dita di una mano.

Di sempre più difficile accesso gli scogli di ‘Marechiaro’, e neanche gratis per via del costo-barca andata e ritorno.

Praticamente off limits la ‘Gaiola’, dove si può accedere solo su prenotazione, per un numero limitato di persone e per fasce orarie: manca solo un prelievo di sangue, ariano doc.

C’è l’opzione ‘Coroglio’, con annesso rischio amianto, viste le colante decennali grazie all’Eternit. Senza contare il rischio ‘caduta massi’ dalla collina di Posillipo: per cui non resta che un fazzoletto da poche decine di metri (e amiantate) per la fruizione dei coraggiosi in vena di tuffi.

A poche decine di metri le acque ‘grigio-marrò’ di Bagnoli: anche pochi lembi di spiaggia super affollata ed elevato rischio di beccarsi il colibatterio di passaggio.

Sul fronte di via Caracciolo c’è una tripla scelta: la rotonda Diaz, qualche metro per intimi nel mare sempre grigiastro.   ‘Mappatella beach’ che fa capolino in tutte le oleografie della Napoli d’un tempo: anche qui poche decine di metri stracolmi di bagnati, ma il miracolo di una doccia, proprio come in classico miraggio nel deserto.

Infine, a Mergellina, l’ennesima spiaggetta da 2 vani senza accessori di Largo Sermoneta: pochi metri per i galeotti da sole, che spesso scelgono gli scogli per appollaiarvisi su e prendere un po’ di tintarella, oppure bruciarsi al solleone.

A questo punto inizia la celebre promenade di via Posillipo, che s’inaugura con l’ex ‘Sea Garden’ (bagno ad abbonamento per vip) e l’altrettanto per supervip ‘Circolo Posillipo’, altre quote d’iscrizione da brivido e non poche querelle giudiziarie in corso.

E’ quindi la volta di una sfilza di lidi privati che pagano canoni di concessione irrisori (tipo 5-6 mila euro l’anno) per offrire lettini e ombrelloni a prezzi da brividi: si va dal ‘Bagno Elena’ all’Ideal, al ‘Bagno Sirena’, fino alle ‘Rocce Verdi’e a ‘Villa Imperiale’, le più a la page, dopo si paga un occhio della testa.

 

La spiaggia delle Monache. In apertura il Bagno Sirena

 

L’UNICO LEMBO DI SPIAGGIA PUBBICA

Unico lembo ‘libero’, unica spiaggia pubblica, su suolo demaniale, ‘Il Lido delle Monache’. Una storia nella storia, un microcosmo che rende plasticamente ‘inferno’ e ‘paradiso’ napoletano.

La Voce ne ha scritto più volte, negli anni scorsi, anche a causa delle autentiche battaglie ingaggiate sia con il ‘Bagno Sirena’ che con il Comune di Napoli per potervi accedere, alla fine grazie all’intervento della Polizia.

Il problema sta tutto nell’accesso ‘comune’: ossia, per poter arrivare allo stupendo ‘Lido delle Monache’ occorre scendere lungo una scalinata che conduce ad un condominio privato e poi al ‘Bagno Sirena’. Operazione non sempre agevole: tanto che lo scorso anno è dovuta intervenire la Polizia per far aprire i cancelli al Lido, chiusi dai titolari del ‘Sirena’ che accusavano il Comune di non aver creato le condizioni di sicurezza per via del Covid.

Superato l’empasse, venne escogitato un sistema farlocco di accesso su prenotazione via app, valido per due sole volte la settimana: una follia, visto che sarebbe bastato – per questioni di salute e sicurezza – stabilire un numero massimo di accessi.

Da tener presente due vicende che, nel tempo, hanno caratterizzato la travagliata storia del ‘Lido delle Monache’. Vis a vis, infatti, troneggia il gigantesco palazzone (4 piani per una lunghezza smisurata, almeno un centinaio di metri) che un tempo ospitava ‘L’Ospizio’ destinato ai vecchi marinai, di proprietà della Curia di Napoli. Ma sempre al centro di svariati appetiti.

 

L’OCCHIO DI ROMEO

In prima fila il gestore immobiliare numero uno in Italia, Alfredo Romeo, editore de ‘il Riformista’ diretto da Piero Sansonetti.

Alfredo Romeo

Nelle sue mire c’era proprio l’Ospizio, da far diventare un albergo 5 Stelle extralusso, con tanto di spiaggia privata, un’occasione da non lasciarsi sfuggire: peccato che sia arrivato, come un fulmine a ciel sereno, il caso ‘Consip’ (con tanto di Renzi dinasty al seguito) a rompere le uova nel paniere e a mandare quei progetti (per ora) in fumo.

E visto che un guaio tira l’altro, tre anni fa il Super Gestore Immobiliare (per anni ha gestito il patrimonio che fa capo al Comune di Napoli e di altre grandi città, così come ha controllato il Global Service, ad esempio, del mastodontico Centro Direzionale di Napoli) s’è visto prima sequestrare e poi confiscare il maxi giardino tropicale che faceva da lussureggiante pendant alla sua Villa-Castello, su 5 piani, saune e idromassaggi compresi, un tempo meta dei big politici napoletani di turno.

Perché quella confisca, decisa dalla Procura di Napoli?

Per un motivo semplice semplice: perché quella lussureggiante oasi grenn, popolata dalle più incredibili e rare piante tropicali, era totalmente abusivo. Realizzato su area demaniale e senza aver mai chiesto lo straccio di un permesso.

Ci sono voluti mesi di duro lavoro per trasferire le piante ad altissimo fusto e dalle impervie radici dalla principesca maison  all’Orto Botanico di Napoli. Il trasbordo è avvenuto via chiatte, all’uopo adibite. Secondo gli esperti di botanica diverse piante non sono sopravvissute all’operazione.

Sorge spontanea la domanda: non sarebbe stato più logico confiscare il tutto e renderlo fruibile per la cittadinanza, evitando così un traumatico trasloco? Ma ormai quel che è fatto è fatto.

Le illegalità e gli abusi, comunque, non finiscono mai. Anzi.

 

ABUSIVISMI CONTINUI

Due anni fa è stata la volta della maxi pedana allestita dai titolari del ‘Bagno Sirena’ per aumentare a dismisura il numero dei lettini disponibili, certo non a prezzi di saldo.

La pedana – abusiva, senza alcuna autorizzazione rilasciata da alcun ente – è rimasta in piedi per due anni: e nessuno se ne è  mai accorto. Eppure – raccontano non pochi abitanti della zona – sbarcavano al ‘Bagno’, spesso e volentieri, solerti rappresentanti delle forze dell’ordine. Per prendere la tintarella o cosa?

Ma è di questi giorni la notizia più clamorosa. La classica ciliegina sulla torta. Sono arrivate alla redazione della Voce una serie di carte e documenti giudiziari che attestano una sfilza di irregolarità.

Il Bagno Sirena da un’altra prospettiva

Tutto, a quanto pare, comincia con un contenzioso legale innescato da una banca creditrice, la “Banca di Credito Cooperativo”. La quale, dopo aver esperito i rituali tentativi di rientrare nelle somme prestate, ha ipotecato il ‘Bagno Sirena’, vale a dire tutto il complesso balneare, e soprattutto compreso il ristorante bar che da anni fa affari con la pala, sempre strapieno il sabato e la domenica per sei mesi all’anno (l’esercizio non chiude mai, e quindi anche nelle tiepide giornate invernal-primaverili il ristorante-bar è sold out).

Ora il fascicolo giudiziario è nelle mani della sezione “Esecuzioni Immobiliari” del tribunale civile di Napoli. Per la precisione si trova presso la quinta sezione civile, rubricato con il numero R.G.E. 177/2017.

Sorge spontanea la domanda. Possibile che il fascicolo giaccia presso quella sezione da ben 5 anni?

Che nulla nel frattempo si sia mosso?

La risposta, forse, si trova proprio all’interno di quel fascicolo.   Tra le pagine della ‘Consulenza Tecnica d’Ufficio’, infatti, si possono leggere parole che non lasciano spazio a troppi equivoci.

Ecco le frasi che si riferiscono all’immobile in questione: “Non sono stati reperiti grafici di progetto né di condono, e le uniche rappresentazioni grafiche dell’immobile, reperibili con i dati presenti nel fascicolo sono quindi costituite dalla planimetria catastale che presenta la seguente data di presentazione: 3 agosto 2011, nonché quella precedente del 30 maggio 1983”.

Avete letto bene, 1983: la bellezza di quasi 40 anni fa.

A pagina 30 della sua perizia, il consulente tecnico d’ufficio scrive      testualmente: “per dette opere nessun titolo autorizzativo risulta rilasciato dall’amministrazione comunale”, così come manca all’appello un’istanza di condono.

Palazzo San Giacomo

Sorgono spontanei alcuni interrogativi alti come un grattacielo.

Possibile che il Comune di Napoli non si sia mai accorto di niente?

Che gli uffici di Palazzo San Giacomo si siano lasciati sfuggire la pratica relativa ad un immobile e ad un esercizio commerciale che tutta la Napoli balneare-posillipina (e non solo) conosce e frequenta?

Con quale criterio e a quale titolo mai sono state rilasciate licenze di balneazione e di ristorazione?

Come mai tutto è sfuggito al vigile occhio dell’Autorità Portuale di Napoli?

E a quello della solerte Capitaneria di Porto?

Ed alle solite forze dell’ordine?

E sorge spontanea un’altra domanda. Come mai, in tanti anni, il Comune di Napoli, che si è regolarmente dotato di un assessore alla Risorsa Mare, non ha mai studiato, previsto e allestito un accesso indipendente (vale indipendente dall’accesso via ‘Bagno Sirena’) al pubblico e demaniale ‘Lido delle Monache’?

 

 

P.S. Una modesta proposta per uscire dall’impasse.

Così come è stato fatto con il giardino tropicale griffato Romeo, perché il Comune di Napoli non prende una volta tanto il toro per le corna e demanializza anche il lembo di spiaggia del ‘Bagno Sirena’? Una cui piccola striscia, non dimentichiamolo, fino a tre anni fa era ‘pubblica’.

 

 

 

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