MOBY PRINCE / DOPO 30 ANNI SPUNTA LA PISTA DELL’ESPLOSIVO

“Sulla nave c’era dell’esplosivo”.

Questa l’esplosiva – è il caso di dirlo – dichiarazione di un ex agente dei servizi segreti che solo pochi giorni fa, il 21 dicembre, ha testimoniato davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta chiamata a far luce sui tanti misteri del Moby Prince, una strage che causò oltre 40 anni fa, il 10 aprile 1991, la morte di 140 passeggeri.

Si tratta di Alessandro Massari, un ex 007 del Sismi, esperto in esplosivi, poi passato alla Criminalpol. Aveva già verbalizzato nel corso del primo processo che si è concluso con un flop, come del resto il secondo: lo fece in qualità di perito nominato all’epoca dalla procura di Livorno. In occasione di quella testimonianza, però, non rivelò di essere stato un agente segreto fino all’anno precedente.

Circostanza che oggi fa sorgere più di un sospetto e ha fatto drizzare le antenne ai componenti della nuova (è la seconda) commissione d’inchiesta: come mai – è l’ovvio interrogativo che sorge spontaneo – la procura livornese affidò l’incarico peritale proprio ad un agente dei servizi segreti? Forse per nascondere qualcosa? Per depistare meglio? Per celare il possibile zampino (o zampone, visto che siamo in tempi natalizi) del Sismi? O cosa?

Massari, in quella prima verbalizzazione, non solo nascose di aver fatto parte dei servizi, ma non fece alcun cenno alla presenza di esplosivo a bordo del traghetto. Si rifiutò di rispondere a quelle domande.

Come mai adesso, dopo 40 anni da quella tragedia, improvvisamente e miracolosamente ritrova la memoria perduta?

Nella testimonianza del 21 dicembre scorso davanti alla Commissione presieduta dal Pd Andrea Romano, per incanto quei polverosi ricordi ritrovano smalto e riemergono in modo preciso.

L’ex 007, infatti, per la prima volta afferma di aver trovato tracce di esplosivo a bordo del Moby, probabilmente contenuto in una borsa di stoffa.

Ecco cosa afferma Romano – che tra l’altro è livornese – all’indomani della ‘esplosiva’ verbalizzazione: “Appare molto discutibile la decisione assunta nel 1991 dall’allora pm di affidare la consulenza sull’ipotesi ‘esplosione a bordo’ proprio a chi, fino all’anno prima, era stato un funzionario del Sismi. Quelle prime indagini erano zeppe di incongruenze ed anomalie. Già la Commissione d’inchiesta promossa dal Senato nella scorsa legislatura ha smontato larga parte di quelle pseudo-verità. La nebbia non c’era (come invece venne ‘accertato’ dagli inquirenti!, ndr), il comandante del Moby Prince fu impeccabile nella conduzione del traghetto e nella gestione dell’emergenza, i soccorsi di fatto non vi furono”.

A proposito della nuova pista su cui adesso occorre puntare i riflettori, osserva Romano: “E’ necessario chiarire se vi fu un ruolo dei Servizi nella vicenda e nelle indagini successive, e proprio per questo chiameremo a testimoniare gli attuali vertici dei Servizi. Senza polemiche, in uno spirito di piena collaborazione istituzionale”.

Nel corso dell’audizione del 21 dicembre, rispondendo alla domanda di un componente della Commissione, Massari ha precisato di non aver ricevuto pressioni, per lo svolgimento della sua perizia, né dai suoi ex superiori né da altri. Ma nella prima sentenza del tribunale di Livorno, il giudice attribuiva a Massari una frase ben precisa: “io ero stato in qualche modo indirizzato dai miei trascorsi su un complotto di tipo stragistico”. E allora l’ex agente del Sismi rispose inviando un esposto al Csm, in cui stigmatizzava la vicenda.

Prosegue Romano: “La pista dell’esplosione a bordo deve essere battuta a fondo. Anche perché nel corso degli anni quella ipotesi è stata utilizzata per creare una certa confusione sulla reale dinamica della collisione tra il Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo. La pista ha rappresentato una sorta di cortina fumogena nei confronti della minuziosa ricerca dei fatti che condussero alla strage. E per questo la Commissione ha già incaricato due diversi periti per condurre ex novo due differenti analisi sull’ipotesi ‘esplosione’, per sgomberare definitivamente il campo da ogni dubbio anche su questo punto”.

Non è finita qui. Perché proprio il 28 dicembre la Commissione ha iniziato a trasferire tutte le registrazioni contenute nel ‘bobinone’, ossia il nastro su cui sono contenute tutte le comunicazioni radio che si svolsero nella rada di Livorno nel corso di quella tragica notte del 10 aprile.

Precisa il presidente della Commissione: “Il bobinone contiene undici piste parallele, ma in trent’anni ne sono state decrittate e ascoltate soltanto due, per assenza di adeguati mezzi tecnici. Grazie al lavoro dei nostri collaboratori, oggi abbiamo finalmente individuato e restaurato l’unico apparecchio che può leggere tutte le piste e proprio in questi giorni stiamo trasferendo su supporto digitale le voci contenute in quei nastri. Un’operazione mai effettata fino ad oggi, e che permetterà di ottenere testimonianze inedite e di prima mano di quelle ore”.

Intanto, anche la magistratura ha deciso di svegliarsi dall’ultradecennale letargo.

La Direzione Distrettuale Antimafia della procura di Firenze, infatti, ha riaperto il caso e affidato il nuovo fascicolo al procuratore aggiunto Gabriele Mazzotta. Un vero miracolo, forse per riparare ai colossali danni provocati da quelle inchieste e quei processi tragicamente falliti. Meglio tardi che mai.

Come prima mossa, Mazzotta ha deciso, anche lui, di seguire la pista dell’esplosivo. E per questo ha affidato una perizia tecnica ad un super esperto del settore: Danilo Coppe, specialista geominerario nonché di esplosivi. Coppe venne incaricato dalla Corte d’Assise di Bologna di   effettuare una perizia sull’esplosivo utilizzato per la strage della stazione; e, in tempi più recenti, è stato incaricato di abbattere con l’esplosivo il troncone del Ponte Morandi a Genova.

Coppe avrà 90 giorni di tempo per documentare se esistano, o meno, elementi sufficienti per suffragare la pista dell’esplosivo a bordo del Moby Prince. E dovrà anche esprimere un parere tecnico sulla validità (o meno) delle tante perizie fino ad oggi svolte nel corso delle indagini durante 40 anni.

Compresa, of course, quella affidata all’ex agente del Sismi Massari.

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