Consigli freudiani

È anche materia per gli psicologi (che sanno di tutto): se la tua squadra segna un gol e rompe lo stallo di una partita di football impegnativa, è un bel vantaggio ma per conservarlo può indurre a scelte negative, ultra difensive. La decisione ‘conservativa’ determina spesso il rischio di dare il via libera a sconfitte ingiustificate. In altre parole l’estrema prudenza esasperata rischia di tradursi nel gol del pareggio e peggio quello del sorpasso dalla squadra ‘nemica’ a cui è stato concesso di entrare in trance agonistica positiva. Fosse steso sul lettino dello psicologo, per ricevere indicazioni sul come impostare una partita tutt’altro che facile da gestire per il valore degli avversari, l’allenatore della squadra dell’uno a zero di partenza sarebbe invitato a prescrivere ai ‘suoi ragazzi’ di infliggere il colpo di grazia, profittando della frustrazione degli avversari, per l’andamento sfavorevole del match. Nella realtà, è noto che in due analoghe circostanze Spalletti, allenatore del Napoli non si è fidato dello strizzacervelli e ha imboccato la strada di evitabili debacle. Ha suggerito agli ‘azzurri’ di difendere il prezioso vantaggio acquisito: a Reggio Emilia il due a zero con il Sassuolo, al Maradona Stadio il due a uno sull’Atalanta. Che a sua difesa, potrebbe essere una critica ingiustificata. L’atteggiamento passivo si potrebbe addebitare ai giocatori, convinti di poter amministrare il vantaggio con un ‘indietro tutta’ capace di sventare i tentativi di rimonta degli avversari. Prevale una riflessione, di segno opposto: anche se la scelta suicida fosse colpa dei giocatori, la responsabilità ricadrebbe comunque sull’allenatore per non aver messo in guardia la squadra dal pericolo di arretrare nella propria metà campo per proteggere il vantaggio e in aggiunta per aver effettuato cambi all’insegna del ‘non prenderle’, con l’esclusione di giocatori offensivi, salvo a ribaltare la scelta, com’è accaduto, a tempo quasi scaduto, dopo aver subìto il recupero e il sorpasso dell’avversaria. Per ovviare a questo pensiero strategico, condizionato da eccessi di prudenza, il consiglio del terapeuta è di concedersi un periodo sabbatico, con residenza nel Regno Unito, dove assistere allo spettacolo di squadre british, che segnato un gol, si dannano per farne due, tre, e ottimizzano l’euforia agonistica generata dal vantaggio conquistato. Detto questo applausi per i trentamila tifosi che hanno dimenticato in un attimo la delusione per una sfida importante, che con una condotta di gara da grande squadra, qual è il Napoli, si poteva vincere per conservare la vetta della classifica. Il Napoli migliore, nell’arduo confronto con l’Atalanta quasi perfetta di Gasperini si è visto nelle fasi offensive, sostenute dall’energia positiva di Lobotka, leader del centrocampo e nella difficoltà dei bergamaschi di contenere l’intraprendenza offensiva degli azzurri. Sorprendono le lodi mediatiche, senza se e senza ma, a Spalletti, perfino per l’invenzione di Malcuit centrocampista anomalo, pesce fuori d’acqua nell’insolito ruolo, per l’esclusione di Demme, perfetto, in tandem con Lobotka, per dare solidità e fantasia al reparto privo di Anguissa. Ma c’è un rebus più impegnativo da risolvere se è vero che la responsabilità di un allenatore è anche di vigilare sulla preparazione atletica dei giocatori, per evitare la possibilità di infortuni muscolari. È sicuro che la lunga sequenza di ‘crac’ che ha decimato la rosa di titolari del Napoli sia solo una questione di iella?  E poi, nelle vesti di primo consigliere di De Laurentiis, perché non suggerirgli di salutare al momento giusto Manolas, deciso a tornarsene in Grecia, e risparmiare i quattro milioni che il giocatore greco intasca senza una goccia di sudore in campo, denunciando strani malesseri? A osservare senza miopia campanilistica la qualità del calcio esibito dall’Atalanta, si giustifica la domanda: perché è bello da vedere e vincente con un organico imparagonabile alle superiori quotazioni degli azzurri?

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