Francesco, l’uomo ‘del fare’

Nostalgia, profonda tristezza, malinconica solitudine: ’saudade’ è la poetica, intensa, definizione dello stato di sofferenza spirituale che il portoghese, lingua dolcemente musicale, propone per descrivere lo stato di sofferenza spirituale di uomini e donne ricchi di sensibilità. Saudade racconta la condizione di Francesco portavoce dell’umanità dei diseredati, degli oppressi, degli umili, dei dimenticati dall’egocentrismo dei potenti e da Dio, come Jorge Mario Bergoglio è costretto ad ammettere con cristiano dolore. La trama di un thriller per ora senza vittime sfiora la tragica fine prematura di un altro Papa eliminato dal complottismo del clero malato, che vede in pericolo la sua impunità secolare, tollerata e condivisa da compiacenti predecessori di Francesco. Esplicitamente o in forma sommessa è circolato tra credenti e miscredenti il sospetto di macchinazioni interne ai vertici del clero per mettere fine al pontificato di Bergoglio e se non si sono concluse tragicamente si deve solo a sofisticati antidoti, all’efficiente dispositivo di sicurezza che finora ha protetto la sua vita. È lo stesso Francesco a confermare di essere esposto al pericolo di identificarsi nel disperato stupore di Cesare pugnalato a morte, nel tragico grido “Quoque tu Brute, fili mi” di imperatore tradito. Racconta il Papa progressista, bonificatore del marcio che ha trovato in Vaticano, di qualche alto prelato (viene subito da pensare a cardinali corrotti, pedofili, speculatori), che ha tifato per la sua morte, all’opera per gestire la successione, badando bene a non ripetere l’errore di un capo della Chiesa giustiziere del malaffare. Riferiscono le agenzie di stampa che Francesco, uscito indenne da un difficile intervento chirurgico abbia riassunto i timori per la sua vita (non dovuti a problemi di salute) nella significativa frase “Sono vivo, a dispetto di chi mi voleva morto e già preparava il conclave per la successione”. Nessun mistero: è facile intuire le motivazioni dei potenti ‘nemici’ di Francesco, ancorati al peggio di privilegi e illegalità coperte da silenzi omertosi, indagati e condannati dalla giustizia ecclesiastica e laica. Eppure l’operazione di bonifica del loro severo censore non è del tutto compiuta. È insoluto il tabù anacronistico, sovrastrutturale, arbitrariamente dogmatico, imposto dalla cecità clericale dei tempi bui, che prescrive l’assurdo disumano della castità e il corollario anche peggiore del divieto per preti e suore di sposarsi e condurre la loro vita sessuale secondo natura, ritenuta antidoto alla deviazione della pedofilia. Sono ancora da rimuovere l’ostracismo irragionevole, che nega il diritto del matrimonio a persone omosessuali, il riconoscimento della loro dignità sociale, l’uso solidale delle immense ricchezze della Chiesa, il monito autorevole ai potenti del mondo, che si riconoscono nella religione cattolica, perché cancellino l’ingiustizia di Paesi ricchi che depredano i poveri.

Questo ‘tanto da fare’ impegna il coraggio e la determinazione di papa Francesco, ma impone anche il ‘fare’ in fretta: non è per niente sicuro che il successore completi il percorso che gli è valso l’aggettivo enfatico, allegorico di ‘comunista’.

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