Raffaella e Gino, miti agli antipodi

Raffaella: simbolo di professionalità, eclettismo, serietà, carisma, simpatia, estro, protagonista di strameritati consensi e di accoglienza nei cinque continenti della Terra, di elegante semplicità; assente per ragioni di bon ton e riservatezza nell’attenzione morbosa del gossip estremo: quando ha lasciato questa ‘valle di lacrime’, l’Italia e non solo l’Italia l’hanno salutata con la commozione e il dolore per la morte di un familiare, di un amico speciale. La sua casa, la televisione, l’ha raccontata in tutte le varianti della comunicazione, ha mobilitato al top quantità e qualità di una narrazione onni-inclusiva, ha saccheggiato le teche, recuperato persone e fatti del suo sconfinato percorso, ha reso attuale la stima, l’ammirazione di quanti l’hanno frequentata nel ruolo di perfetta showgirl e di artista poliedrica. Tutto questo le era dovuto, niente da obiettare. E si capisce perché, se è ben chiaro il potere di prolungata visibilità, che alla Carrà, com’è universalmente noto, di sicuro non è mancata.

 

Meno comprensibile per chi privilegia le doti collettive, o personali, di coraggio, eroico altruismo, solidarietà, ben oltre il pur prezioso lavoro dei volontari. Per capire di cosa è stata espropriata l’umanità con la morte di Gino Strada, sarebbe indispensabile mettere in parentesi la normalità quotidiana e inoltrarsi negli avamposti mondiali della disperazione, dove in assenza di ospedali, medici, farmaci, prima di Emergency a morire di guerra erano uomini, donne, bambini, civili innocenti. Giornali e informazione televisiva hanno raccontato il chirurgo della Provvidenza (laica) in dimensione contenuta, come succede non di rado agli eroi del nostro tempo schivi e poco ‘interessanti’ per un pubblico deculturato dall’incredibile bombardamento di fiction, gossip, fatti/misfatti del calcio, talkshow rissaioli, promozione di poltrone, divani, auto, farmaci, detersivi. A piangere la morte di Gino Strada, ignoto al calderone informe dell’‘uomo qualunque’, in pochi e si potrebbe aggiungerebbe, “ma buoni”: fra tanti Renzo Piano, Maurizio Landini, Michele Serra, Don Ciotti, Sala, sindaco di Milano, Lella Costa, Fabio Fazio, Fiorella, Mannoia…

È improponibile il parallelo con l’oceanica partecipazione all’addio alla vita della Carrà. Sarebbe un confronto anomalo, un discrimine mal posto nei confronti di Strada, chirurgo della vita visibile solo nelle rare opportunità di sostegno all’espandersi di Emergency con nuovi ospedali e centri di assistenza nei luoghi dove la chirurgia, la disponibilità di farmaci, che ora salvano migliaia di innocenti. In un mondo di normali, senza nulla togliere al mito di Raffaella, mille metri saldamente al di sopra di tanta televisione trash, la statura di Gino e il ‘miracolo’ della rete Emergency accenderebbero pari attenzione e racconti fiume.

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