“…Mussolini: eia, eia, alalà”

Non è il caso di scomodare le note dell’Estro Armonico di Vivaldi, la sfrenata creatività di Salvator Dalì e neppure la fantasiosa creatività del sommo Gaudì: basta fare appello alla modesta intraprendenza dell’‘uomo qualunque’ per esportare dalle Alpi all’Etna la nobile iniziativa di un ‘emerito italiano’, di tale Claudio Durigon, che il mondo dei sani di mente si chiede invano come possa godere di un seggio in Parlamento, e di più dell’importante ruolo istituzionale di sottosegretario. Un anomalo perché chiarisce l’oscenità: il Durigon, in quota Salvini, socio onorario del club ‘ce l’ho duro’ (ecco l’eziologia di Duri…gon), fondato da Bossi, non lo immaginereste, ma di tanto in tanto pensa ed esterna.  Di esternazione in esternazione Durigon ha provato a profittare della timidezza democratica nel contrastare ogni forma di neofascismo e in vena di funambolismo storico, come definirlo bonariamente, ‘retrò’, ha ritenuto patriotticamente opportuno sostituire l’intestazione del parco pubblico di Latina, luogo della penisola governato dalla destra: via la targa con i nomi di Falcone e Borsellino e, voilà, al loro posto un commovente tributo ad Alessandro Mussolini, fratello di Benito. Alcuni ostinati intransigenti di Pd e Leu (in poco splendida solitudine) hanno preteso che il Durigon, liberato il posto di dis-onorevole, insomma, da pensionato, dedicasse il conclamato talento di ‘inventore di castronerie’ alla cura di cavoli, carote e pomodori del suo orto. Altolà, dalla Lega: “Come si permette la sinistra di ghigliottinare un prode patriota, di censurare l’idea così commovente, nostalgica, di celebrare un Mussolini?” Insorgono i ‘ce l’ho duro’, il number one Salvini e il folcloristico Calderoli (quello degli insulti razzisti alla ministra Kienge). Smentiscono e azzardano una colorita difesa d’ufficio: “Chiacchiere estive, non oltrepasseranno il ferragosto, ma poi se Durigon avesse chiesto di intitolare il parco al Duce…ma l’iniziativa, riferita al fratello è un peccato veniale”. Salvini-pinocchio è più drastico e sostiene che l’amico fritz ha chiesto al sindaco di occuparsi di immondizia (a che titolo, come sottosegretario all’economia?). Il caso apre un vistoso squarcio nelle modalità di impianto dell’esecutivo Draghi, costretto dall’emergenza politica del Paese a imbarcare nemici giurati della democrazia, doppiogiochisti premiati con ruoli di governo (ecco l’assurdo di Durigon), ma contemporaneamente calati nel ruolo di guastatori, tipico dell’opposizione. Spetta a Draghi smentire, che oltrepassata la fase di stallo estivo del governo, la scandalosa vicenda Duragon si concluda con l’estromissione dal Parlamento e dall’esecutivo. L’inaccettabile opposto dell’assoluzione confermerebbe l’imperfezione istituzionale, che pur disponendo di efficaci strumenti giudiziari per impedire rigurgiti e apologia del fascismo, non li rende operativi. Il rischio? Svegliarci un giorno non lontano con la statua di Claretta Petacci in piazza Navona, del Balilla nella piazza napoletana del Plebiscito e nella piazza fiorentina della Signoria co quella di Alfredo Rocco, autore del codice penale a cui fa ampiamente riferimento la giustizia italiana, a quasi cento anni dalla sua elaborazione.

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