Tokio? “No, grazie”

Il giovanotto è di bell’aspetto e il fattore estetico va di pari passo con il talento, alimentato dall’eccellenza di che lo tutela in perfetta sintonia con la scienza di settore, ovvero con l’assistenza di allenatore, preparatore atletico, fisioterapista, psicologo, dall’amorevole attenzione di parenti e amici, nonché dall’interessata tutela dei vertici della federazione sportiva di appartenenza: il soggetto, osservato speciale in prossimità delle imminenti Olimpiadi di Tokio è il coccolatissimo Jannik Sinner, tennista  emergente della nouvelle vague che annovera tra gli altri la magnifica coppia Berrettini, Sonego. Pagine e pagine di Wikipedia raccontano passato, presente e futuro di Jannik, predestinato a gloria tennistica, dopo un vuoto ultradecennale di eredi dei Pietrangeli e Panatta. Il mondo della racchetta si è interrogato inutilmente, a lungo, sull’anomalia italiana: per troppi anni nessun tennista leader di caratura internazionale, nessuno in grado di emulare Federer, Nadal, Djokovic. L’improvvisa irruzione di ragazzi italiani nel club dei top cento, cinquanta, o dieci migliori del mondo ha svelato il perché di un’attesa così prolungata. Il talento è solo una componente del miracolo che trasforma un giovane atleta promettente in un campione. Per ottenere il massimo, come avviene soprattutto negli Statu Uniti, ma anche in Paesi dell’est europeo, concorrono una scuola di grandi maestri, la progressiva crescita tecnica, atletica, mentale dei giovani tennisti e la possibilità di una larga selezione di talenti su cui puntare per farne dei campioni. La lieta sorpresa di soppiantare un periodo grigio del tennis italiano con un insperato team di potenziali campioni è venuta proprio dal fenomeno Sinner, dal suo folgorante bruciare precocemente le tappe della maturità di tennista da top ten. L’evviva per le sue già prodigiose imprese apre però una parentesi infelice nel coro di felicitazioni per le imprese gia compiute: invitato a rappresentare l’Italia alle olimpiadi di Tokio, Jannik ha risposto “no, grazie”. Non è il primo caso di tennisti che hanno disertato la grande competizione, con pretesti di comodo come finti infortuni o sfacciatamente per non interferire sulla preparazione o la partecipazione ai grandi tornei, e rinunciare a  ingaggi milionari, ai punti del ranking mondiale. Il ‘no’ di Sinner coincide con l’esaltante impresa del calcio azzurro e con quanto ha fatto guadagnare in prestigio allo sport italiano. Con la sua e la decisone del suo staff, il giovanissimo tennista della Val Pusteria si aliena una buona quote di consensi, di entusiasmo, di orgoglio nazionale e non solo degli appassionati del suo sport. Per carità, forse è solo un malevolo sospetto, ma val la pena sottolineare che Jannik e Sinner non sono proprio nome e cognome italiani, che il luogo natio del giovane campione è ai labili confini tra Italia e Austria (Alta Badia, Gitschberg Jochtal, tra Alto Adige e l’austriaco Tirolo orientale), che una rigida regola dello sport professionistico induce i suoi praticanti a privilegiare la presenza ad eventi altamente remunerativi o comunque incentivanti il prestigio personale.

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