Come la propaganda ha preso il posto del giornalismo

Abbiamo intervistato Sheryl Atkinson, autrice di Slanted: come i media ci hanno insegnato ad amare la censura e odiare il giornalismo.

Parleremo di come è cambiata l’informazione, e della proliferazione dei cosiddetti “fact checker”, i “verificatori delle notizie”. E poi c’è la questione del controllo dell’informazione da parte dei colossi tecnologici e il potenziale impatto del nuovo social di Donald Trump.

 

 

Ben ritrovati da Jan Jekielek. Questo è American Thought Leaders

 

Jan Jekielek:
Sharyl Attkinsson, vincitrice di cinque Emmy come giornalista investigativa, non avrebbe mai immaginato di vedere la sua professione afflitta dai pregiudizi e dalla censura dei media. Come può la gente comprendere quello che sta succedendo e come siamo arrivati a questo punto?

 

Sheryl Atkinson:

Sheryl Atkinson:
Non è un caso!

Jan Jekielek:
Sheryl, tu hai scritto un libro, e studiato il panorama mediatico contemporaneo a lungo. Questo sembra essere un periodo senza precedenti, in cui certi media censurano altri media. Ma ci sono anche giornalisti che censurano. E parlamentari che cercano di convincere i colossi tecnologici a censurare certi argomenti. E poi c’è una nuova “verifica delle fonti” (il cosiddetto fact checking), che è obiettivamente molto discutibile. Cosa ne pensi di tutto questo?

Sheryl Atkinson:
E’ senz’altro uno degli aspetti più preoccupanti, nel panorama dei media, che io abbia mai incontrato in tutta la mia carriera. Ho iniziato all’università, e ora ho 60 anni. E mai avrei immaginato che saremmo arrivati a questo punto. Abbiamo persino i giornalisti, a sostenere la censura. Insieme a organizzazioni che, in apparenza, sostengono la libertà di stampa e di parola ma, in realtà, approvano la censura e, al tempo stesso negano che esista. E considerano positivo che il presidente Donald Trump sia bloccato dai social media, in modo che la gente non possa accedere facilmente a quello che dice o che fa. L’idea che in questo Paese stiamo vivendo tutto questo, per me è davvero scioccante! E il fatto che alla gente sia stato fatto in qualche modo, e in larga misura, il lavaggio del cervello per accettarlo, o considerarlo un bene, è ancora più incredibile. Ma nel mio libro sottolineo che non si tratta di un caso. Tutto questo è iniziato nel 2016. E’ difficile ricordare quanto fossero diverse le cose prima. Ma, fino a pochi anni fa, nessuno chiedeva a gran voce la censura. Né che questa fasulla “verifiche delle notizie” facesse da intermediario tra noi e le informazioni. E i colossi tecnologici non entravano in queste cose, prima del 2016. E’ un’attività di propaganda molto ben organizzata.

Jan Jekielek:
E infatti è interessante, perché, negli ultimi cinque mesi, abbiamo assistito a tre audizioni in cui gli AD (pronuncia a-di) delle principali aziende tecnologiche sono stati convocati per rispondere di fronte al Parlamento. E sembra esserci una sorta di polarizzazione: una parte, ritiene sia necessario smettere di censurare, e di controllare l’informazione. E che il primo emendamento sia importante. Un’altra parte, invece, sembra volere ancora più controllo delle informazioni e più censura. Cosa ne pensi?

Sheryl Atkinson:
Penso che tu abbia assolutamente ragione. E’ un po’ come la riforma sull’immigrazione: tutti la vogliono, ma la gente è molto divisa sul suo significato. Molti pensano che il comportamento dei social media e dei colossi tecnologici sia sbagliato. Ma, come notavi, ci sono molti che chiedono maggiore censura, e di eliminare più informazioni. C’è poi chi dice di ridurla, e chi dice di farla in un altro modo (in altre parole,di controllare di più ma in modo più equo). E quest’ultimo penso sia uno degli aspetti più pericolosi. Perché significa invitare una terza parte a censurare l’informazione. A chi stiamo dando questo controllo!? A terzi, che non hanno informazioni né conoscenze specifiche maggiori di chiunque altro. E questi intervengono su argomenti di cui potrebbero non sapere nulla. Allo stesso tempo, potrebbero essere mossi da un proprio interesse, e voler bloccare certe idee o aziende. Prendiamo come esempio il documentario di Epoch Times che è il frutto di moltissime ore di ricerche, intendo settimane e mesi. A un certo punto, entra in gioco una terza parte, che ha un conflitto di interessi, (forse legata ai colossi della tecnologia, o forse d’accordo con loro sul fatto che l’intero contenuto sarebbe falso). Ma questi soggetti non hanno idea di cosa parlino. Non hanno fatto ulteriori ricerche rispetto a Epoch Times. Ma intervengono, entrano nel merito. E noi, in un certo senso lo permettiamo come se questi fossero degli esperti. Tutto questo è molto pericoloso.

Jan Jekielek:
Prima l’hai definita una “fasulla verifica delle informazioni “. Ma è quasi diventata una norma. Ci si aspetta che le grandi aziende di social media lo facciano. Io non riesco davvero a comprendere come si possa accettare una cosa simile.

Sheryl Atkinson:
Si, ne ho parlato anche nel mio libro. In pratica, è iniziato con una no-profit chiamata First Draft. Che è stata fondata da Google, una controllata di Alphabet, il cui amministratore delegato all’epoca era Eric Schmidt, un grande sostenitore della Clinton. In quel periodo, questa no-profit è entrata in scena sostenendo ci fosse la necessità di fermare le fake news. Naturalmente, tutti i suoi esempi di fake news erano notizie di area conservatrice. Come se non ci fossero fake news a sinistra! Quindi dietro a tutto questo c’erano delle forze politiche. Poi, subito dopo l’apparizione di questa no-profit, l’allora presidente Obama è intervenuto sull’argomento. Ha tenuto un discorso al Carnegie Mellon, incentrato sul fatto che qualcuno dovesse intervenire per selezionare le informazioni, in questo confuso ambiente mediatico. Ricordo che al tempo la cosa mi colpì molto. Perché nessuno aveva chiesto niente del genere. Ormai è difficile ricordare che c’è stato un tempo in cui queste cose non erano normali. Ma dopo il discorso di Obama mi sono chiesta: “Perché il presidente prende questa iniziativa? Non è un caso”. È da quel momento, che sono emerse le fake news. Quindi, non sono un’invenzione conservatrice o di Donald Trump, ma un’invenzione della sinistra, che Donald Trump ha rilevato. In pratica, un’acquisizione ostile. Io la chiamo così. Da quel momento, sono comparse nei titoli dei giornali quasi ogni giorno. La stampa ha iniziato a portare avanti questa campagna di propaganda. Analizzando la situazione in retrospettiva, stavano cercando di creare un mercato per il controllo delle informazioni. Credo che queste corporation, e forze politiche, fossero ampiamente in grado di controllare le notizie anche prima del 2016. Cioè: chi è possibile intervistare e che tipo di cose si possono dire. Ma dopo che Donald Trump è stato eletto, nonostante la maggior parte dei media avesse detto che era pericoloso e non dovesse essere eletto, questi hanno detto: “E’ colpa di Internet! Dobbiamo controllare Internet”. Ma non possiamo farlo e basta: dobbiamo fare in modo che sia la gente a chiederci di intervenire! Dobbiamo creare un mercato, creare l’impressione che ci sia un pericolo concreto, e che quindi sia necessario l’intervento di terzi per gestire le nostre informazioni. Io ritengo che sia successo questo.

Jan Jekielek:
Sembra che una parte significativa della popolazione che segue i mass media, sia pronta a credere a qualsiasi cosa dicano. E anche questo mi lascia perplesso.

Sheryl Atkinson:
Anche io sono sorpresa che ci siano persone pronte a credere a qualsiasi cosa. Io certamente non lo faccio. A prescindere che una notizia piaccia o no, non importa quanto si dica sia ben documentata: sono il buon senso e la Storia a farti rendere conto che è sbagliata. Le notizie più famose che escono (non importa in quanti le riportino e quante fonti abbiano), una volta che l’informazione viene fuori, si rivelano diverse da come erano state pubblicizzate. Io quindi aspetto a trarre conclusioni, fino a quando non ne so di più. Forse siamo più impegnati rispetto al passato, e non abbiamo più tempo o voglia di far ricerche. E questo chi fa propaganda lo sa. Sanno che molti danno solo un’occhiata superficiale alle notizie. E che se la stessa cosa viene ripetuta più volte, per quanto falsa, alla fine verrà accettata.

 

 

FONTE

articolo di 

 Di Jan Jekielek

 

per

EPOCH TIMES

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