L’Italia mormorò “non passa lo straniero”

Storia oramai antica. Negli anni del Sud sotto tutela economica della Cassa per il Mezzogiorno, i governi a leadership democristiana inventarono un ‘marchingegno’ (e scusate se il termine svilisce l’iniziativa andreottiana, ma di questo si tratta), un teorico dispositivo per incentivare l’industrializzazione dell’area debole del Paese. Un pacchetto di agevolazioni favorì effettivamente alcuni trasferimenti produttivi al Sud, specialmente di multinazionali, ma privi di garanzie. L’esito era scontato per chi aveva sale in zucca: appena concluso lo sfruttamento delle ‘agevolazioni’ e un giorno dopo aver concluso l’acquisizione del mercato italiano, le imprese straniere avrebbero chiuso i siti produttivi nel Mezzogiorno, senza pagare un dollaro per l’esodo. Andò proprio così. In parallelo il governo finse di assecondare la richiesta di imprese meridionali a dimensione artigianale di trasformarsi in industrie. Attraverso enti erogatori intermedi concesse finanziamenti a tassi di interessi molto favorevoli e però con la clausola vessatoria di riconoscerli se i contraenti avessero dimostrato di aver acquistato i macchinari in contanti quasi totalmente prodotti da aziende del nord. Privi di queste ingenti risorse le aziende del Sud furono costrette a indebitarsi con le banche, a tassi d’interesse insostenibili. Insomma, fu un dispositivo trappola, favorì il Nord e lasciò il Sud nella storica situazione di inferiorità. La lunga premessa introduce il caso di molte sofferenze. Per citare l’esempio più eclatante la tormentata vicenda dell’’Italsider di Taranto, prima ancora dell’Ilva di Bagnoli, azzerata senza la minima contropartita in termini di alternative industriali tecnologicamente innovative e di occupazione. Nel tempo Si sono avvicendati governi di vario segno politico e non è cambiato nulla.

La Whirpool, azienda statunitense di elettrodomestici con unità produttive in molti Paesi e alcune in Italia, una a Napoli è in piena salute, tanto da procedere ad assunzioni in fabbriche del Nord Italia, ma chiude quella napoletana con un tracotante ‘ce ne freghiamo’’ degli accordi firmati con il governo. Esiste e lo adottano alcuni Paesi, anche europei, una clausola a garanzia della durata minima degli insediamenti esteri, cioè il divieto, punito con consistenti penali di smobilitare prima di venti o trent’anni e comunque solo con motivazioni condivise. Per contrastare l’inaccettabile fuga da Napoli della Whirpool, si dovrebbe saldare l’iniziativa sindacale onnicomprensiva delle sue componenti, cioè dell’intero movimento, con la fermezza coercitiva del governo nei confronti di una decisione immotivata, che infligge a una realtà marginale del Paese un ennesimo, grave danno. I sindacati, con opportuna e tempestiva decisione hanno imposto al governo, a Draghi di innestare la retromarcia con emendamenti e modifiche sostanziali al decreto appalti, che così come era stato concepito avrebbe favorito l’intrusione di mafie e corrotti a vario titolo. Con uguale   potenziale, il mondo del lavoro, che Landini rappresenta al top, può, deve assumere il caso Whirpool e ogni altro analogo come test per condividere la capacità operativa del governo, o contestarla e assumere senza mediazioni l’obiettivo di difendere il lavoro, le attività produttive, specialmente d’importazione e se favorite da agevolazioni statali.

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