Chissà in Europa cosa hanno capito di ‘Zitti e buoni’

Ma certo, i nuovi idoli del rock, genere musicale a suo tempo ‘rivoluzionario’ e ora, fuori tempo massimo, plagio del modulo di un’epoca storicamente segnata dall’urgenza di rompere schemi anacronistici, estranei al nuovo che incombeva, cantano ‘Zitti e buoni’, con dedica personalizzata, sbagliando destinatari, a chi esplora con seria preoccupazione il ribellismo dei ragazzi attori della movida in piena pandemia, che sbeffeggiano i valori della normalità, negano i percorsi evolutivi alternativi all’anticonformismo disfattista e confliggono con le serie patologie della società malata di egoismi, di fatuità, di menefreghismo con l’ideologia del tanto peggio tanto meglio,  invitano a neutralizzare il malocchio con due caposaldi della filosofia dell’esorcismo salvifico: ‘Zitti e buoni’ e soprattutto ‘Toccatevi i coglioni’, versione popolar-populista di ‘Siate scaramantici’, espressione gradita agli italianisti Accademici delle Crusca. Nel rispetto del valore semantico incastonato nel testo della svettante “Zitti e buoni’ dei Maneskin, balzati sul gradino più alto del podio festivaliero di San Remo, primi inter pares all’ ‘Eurovision Song Contest di Rotterdam, dilaganti a dimensione internazionale, va detto che i versi comprensivi del ‘toccatevi le palle’ sono introdotti da un “E buonasera Signore e signori” apprezzabile dai fan del bon ton. Desta giustificata perplessità il rigo ‘Vi conviene stare zitti e buoni’. Zitti? (Eh no, ci facciamo sentire, altro che. Ndr). Buoni? (Per niente, il buonismo favorisce il potere. Ndr). Gli entusiasti recensori del testo firmato dai Maneskin si esaltano e magnificano il culmine squillante del ritornello, reiterato a iosa come prescrive il manuale ‘Come si vince a Sanremo’. Propone un geniale “Siamo fuori di testa, ma diversi da loro” (e meno male, ndr). Un voto da promozione senza se, senza ma, lo meritano i versi “Questi uomini in macchina e non scalare le rapide / c’è scritto sopra una lapide, in casa mia non c’è Dio” e più avanti il “Parla, la gente purtroppo parla / Non sa di che cazzo parla” a cui è d’obbligo opporre  “Purtroppo la gente parla poco e soprattutto non l’ascolta chi dovrebbe rispondere”’. Il commento al testo (a fine corsa dello scritto si intuisce il perché del generoso giudizio, firmato dagli stessi Maneskin), si propone con un categorico “Noi siamo diversi da loro” (sentenza che merita di replicare ‘e meno male), con il criptico “Loro non sanno di che parlo. Vestiti sporchi, fra’, di fango / giallo di siga’ fra le dita/ Io con la siga’ camminando”, così interpretato: “Il protagonista cammina, con la sigaretta sempre accesa come comunica il “Giallo” tra le dita. Segno di eterna irrequietezza, voglia di cambiare” (!!!, ndr). La cChiusura di commento del commento, è stralciato dall’esegesi maneskiniana, gratis su Internet: “Gli “attori” (i Maneskin) salgono sul palco e la platea, sconvolta (!!!, ndr) dal loro stile ribelle ed inflessibile, viene addirittura invitata a compiere un gesto scaramantico (ecco, ci siamo con il  ‘toccatevi i coglioni’, ndr) e a tacere, nel confrontarsi con un mondo che ancora non conosce ma che presto esploderà davanti a loro”.

Ai rapper rockettari, anche da chi pensa che la musica sia altro, va riconosciuto il pur strambo valore creativo di “Zitti e buoni”, ma va anche addebitato di millantare – a favore della platea dei frequentatori dei sonori assembramenti stradali e delle discoteche da ‘ore piccole’ – l’assioma che il genere del loro straripante successo sia il meglio della musica cosiddetta leggera. Mogol e i grandi autori della canzone italiana commenterebbero il ‘caso’ con un sorriso beffardo, probabilmente alternato a smorfie di disgusto.

 

Nelle foto il gruppo e Damiano chino sul tavolino: ipotesi, smentita, che stesse sniffando

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