‘Vive’ di media Denise

È certamente stressante la responsabilità di compilare quotidianamente il cosiddetto ‘palinsesto’, ovvero la successione di ‘cose’, che senza soluzione di continuità saturano le ventiquattro ore di programmazione televisiva, obiettivo comune dei grandi network, con teorica diversità per la Rai, solo se avesse riscontro nell’offerta reale il suo ruolo di emittente pubblica.  Non è un gratuito arzigogolo estrarre dalla sentenza globale di inadempienze e malgoverno di Saxa Rubra l’esemplare indecenza delle reti che in parallelismo asfissiante ‘campano’ di rendita con poca fatica.  Affollano radio e telegiornali, talk show, rubriche di approfondimento, edizioni speciali, inchieste, programmi di intrattenimento, con dati, grafici, flash back, pronostici, supposizioni, teorie sottoposte ai raggi ics, dolorosi racconti, narrazioni con il polo positivo, ma soprattutto con la campagna di arruolamento di politici competenti o sprovveduti, (tanto basta che riempiano spazi radiotelevisivi)  ospiti seriali, con punte di frequenza per Platinette, senza la parruccona bionda, Parietti, Della Chiesa, ecc., attrici, attori, sportivi, famosi o no (tutto fa brodo!)  cantanti: l’idea vincente si deve però ai cacciatori di virologi, immunologi, pneumologi, infettivologi, ricercatori, ospedalieri consultati in presenza o a distanza (meglio se direttori e primari di terapia intensiva, per alimentare l’auto elogio della propria rete). Nelle piazze, in borghi sperduti, interviste a gente comune, massaie nei mercati, partenti nelle sale imbarco degli aeroporti. Dirà il tempo quanti e quali danni provoca l’orgia mediatica inflitta agli italiani dallo sciacallaggio informatico su Covid e anti Covid.

Già accertato è lo sconcerto per il ‘pensiero unico’ dei media che millantano falsi scoop, notizie prive di riscontro, clamorose novità campate in aria, lampi di luce su presunti misteri, speranze e delusioni in alternata  frequenza. Aanche in questo caso pareri condivisi o in netto contrasto, indignati, irragionevolmente ottimisti, drasticamente negativi, tallonamenti di detective, polizia, carabinieri, vigili del fuoco, magistrati e avvocati, parenti stretti o larghi, amici di famiglia, interlocutori mitomani, autori di segnalazioni anonime: tema è il buio di diciassette anni, che avvolge la scomparsa di Denise Pipitone. Esternata, con piena solidarietà la pietas per lo strazio della madre, comune a migliaia di casi simili, che angosciano madri e padri, mogli e mariti di bambini, ragazzi, adulti spartiti nel nulla, è utile qualche dato. In Italia ogni anno scompaiono cinquemila bambini o adolescenti, 115.000 in Europa, nel Regno Unito si registrano circa 80 mila casi, in Russia oltre 45.000, in India 110mila, negli Stati Uniti oltre 420 mila. Di qui l’altro dato: non esiste al mondo l’attenzione spasmodica che i media italiani (Tv in testa) continuano a focalizzare sul caso ‘Denise’. Quasi sempre il pretesto per riproporlo è la scappatoia stiracchiata per giorni, settimane, mesi, anni, per garantirsi ore di trasmissione al risparmio e con il minimo sforzo.

 

 

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