Editti bulgaro-italici, censure, epurazioni…W la Rai

“L’uso che Biagi…Come si chiama quell’altro? Santoro…Ma l’altro? Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga” (Silvio Berlusconi, 18 aprile 2002)”.

Conflitto di interessi del padrone di Mediaset premier? Anche, ma principalmente sintonia permanente della Tv pubblica, di Stato, con l’occupazione militare della politica.  Nel caso di ‘meno male che Silvio c’è’, del governo a trazione Forza Italia, il clou della subordinazione alla partitocrazia, ha coinciso con la destra-centro di Palazzo Chigi. In prosecuzione del man bassa operato dall’esecutivo gialloverde, i successori hanno ‘lasciato correre’, cioè hanno stabilizzato l’appropriazione indebita.  L’esito? Destra e annessi usano la Rai come portavoce di Salvini-Meloni-Berlusconi, dettano legge e intasano gli spazi dell’informazione televisiva con la spudorata complicità di Tg1, Tg2, delle tre reti e si tirano dietro non poche redazioni regionali.  Si realizza il sostanzioso parallelo con il monopolio di Canale 5, Rete 4, Italia 1, gran parte delle emittenti locali e relativi telegiornalisti sudditi in fotocopia dei Del Debbio, Porro, Giordano, Sallusti, Sansonetti, Feltri… dei conduttori Mediaset di talkshow impegnati full time in campagna elettorale per Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Questo sistema (il caso Fedez ha contribuito a scuoterlo dall’inerzia, fondamenta della faziosità), è un rigido concentrato di ingerenza dei partiti, che da sempre impongono linee editoriali e relativi esecutori. Per il capitolo invadenza nel ‘sistema Rai’, in ordine cronologico, si succede il dominio della Dc, poi di Psi, della destra, del Pci-Pd, dei 5Stelle. I periodici rilevamenti degli specialisti, che monitorano i tempi concessi ai singoli partiti, certificano invano gli eccessi di visibilità e di presenze della destra. Una delle prove che avvalorano il postulato è ben raccontato dalla memoria storica delle epurazioni, della censura. Intanto dei casi più eclatanti, ma conta in eguale misura il sommerso delle pressioni quotidiane, più o meno esplicite, esercitate dai direttori, dai loro vice, da caporedattori e capiservizio sui giornalisti, con l’obiettivo di ‘non disturbare il manovratore’, ovvero la politica e i suoi corollari,  specialmente chi governa il Paese, ma anche gli enti locali, la grande industria, il clero, gli ‘amici degli amici’. È lungo l’elenco delle vittime illustri di censure ed epurazioni. Agli albori della tv si comincia con  Alighiero Noschese, Vianello e Tognazzi, le Kessler… poi con il Nobel Dario Fo e Franca Rame,  Walter Chiari e Gino Bramieri, che rifiutarono di sostituirli, Sabina Guzzanti, Roberto Saviano, Beppe Grillo, Paolo Rossi, Enzo Biagi, Santoro, Luttazzi, ovvero il trio degli epurati perché non tollerati dal padrone di Mediaset e premier, la Gabanelli, Marco Travaglio, i conduttori Paolo Di Giannantonio, Tiziana Ferrario, Piero Damosso, rimossi dal direttore del Tg1 Minzolini, Bianca Berlinguer, via dalla direzione del Tg3, Floris, Massimo Giannini… Piero Pelù, Dalla, Elio e le storie tese.

Per una volta meritano il ‘like’ le riflessioni di Alessandro Di Battista (M5Stelle). Rivolto ai politici solidali con Fedez e contro la censura: “Bene, ma solidarietà ‘pelosa’ se l’esprime la stessa classe politica che da anni lottizza la Rai…. Quante brillanti carriere sono state interrotte da cani da guardia del potere piazzati per limitare la libertà di espressione in Italia? Quanti cantanti, attori, artisti meno ‘potenti’ mediaticamente di Fedez hanno dovuto ascoltare la frasetta ‘tu in RAI non ci metti più piede?’” Già, quanti?

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