SUDAN / LE INTERFERENZE AMERICANE CONTRO PUTIN

Gli Stati Uniti continuano nella loro campagna anti Russia, anche sul fronte delle grandi infrastrutture.

Non c’è solo il palese tentativo di ostacolare il super gasdotto North Stream 2, ma anche – per fare un altro esempio – quello di intervenire a piedi uniti contro la realizzazione di una grossa base navale russa a Port Sudan.

Lo testimonia la decisione appena presa dalle autorità sudanesi di congelare l’accordo bilaterale sottoscritto con la Russia a Khartum meno di sei mesi fa, il 16 novembre 2020.

La notizia è stata diffusa da ‘Al Arabiya’ e confermata dall’agenzia ‘Tass’. Secondo l’emittente araba, il governo sudanese ha spiegato che l’accordo con il ministero russo della Difesa “sottoscritto dal precedente regime è stato sospeso in attesa della sua approvazione da parte dell’organo legislativo”.

Era stato infatti l’ex presidente Omar al-Bashir a caldeggiare il progetto della base russa, in occasione di un meeting con il ministro della Difesa Seri Shoigu. Dopo le dimissioni di due anni fa, il Consiglio Militare di Transizione aveva avviato i colloqui con i russi, conclusisi a fine 2020 con la firma del memorandum che dava disco verde alla base di Port Sudan.

A quel punto sono subito cominciare le pressioni e le interferenze americane, guarda caso appena asceso alla Casa Bianca Joe Biden.

Un mese fa, il 3 aprile, il sito middleesteye.net rivela che a Khartum è in corso un braccio di ferro per rimettere in discussione i termini dell’accordo con Mosca, sotto il pressing del Dipartimento di Stato a stelle e strisce e del Pentagono. “Il Sudan – viene scritto – è impegnato separatamente in colloqui diplomatici con le due superpotenze che vogliono rafforzare entrambe la loro presenza militare nel Mar Rosso e in Medio Oriente”.

A quanto pare, “le autorità sudanesi stanno studiando delle proposte da sottoporre ai due paesi per realizzare una partnership regionale marittima per sostenere la lotta internazionale contro il terrorismo, il traffico delle persone e la pirateria”. La ‘sospensione’ della validità dell’accordo con Mosca – secondo il sito – e il rinvio della sua approvazione in Parlamento, consente a Khartum di guadagnare tempo utile per non scontentare le due superpotenze.

Difficile che non scontenti la Russia, la quale si vede pesantemente penalizzata dal mancato rispetto di un accordo già sottoscritto, proprio a causa dell’interferenza americana, che si somma alla campagna di arbitrarie sanzioni decise dagli Usa (e dalla genuflessa Europa) contro Putin.

Precisi segnali della aggressiva politica statunitense arrivano, del resto, da alcuni fatti precisi.

Cinque mesi fa, a gennaio 2021, il vicecomandante di Africom (il comando militare per le operazioni nel continente africano delle forze armate Usa), Andrew Young, e il direttore dell’intelligence, ossia l’ammiraglio Heidi Berg, sono stati ricevuti in visita ufficiale a Khartum: obiettivo, l’espansione dei “legami di cooperazione tra Usa e Sudan nella lotta al terrorismo”, come fa sapere il Pentagono. A marzo, poi, proprio a Port Sudan arriva il cacciatorpediniere lanciamissili ‘Winston S Churchill’ e la nave da trasporto ‘Carson City’della US Navy.

E addirittura il giorno prima, vale a dire il 28 febbraio, sempre nello strategico Port Sudan, aveva attraccato la fregata russa ‘Admiral Grigorovich’.

Insomma, in quelle acque un movimento di unità militari da combattimento non proprio rassicurante…

Vediamo infine cosa prevedeva l’accordo (per ora messo nel congelatore) tra Russia e Sudan. E’ stata prevista la realizzazione di un hub logistico e di centro di supporto per le unità da commerciali e militari della marina russa. Una base capace di ospitare circa 300 persone, tra civili e militari e non più di quattro navi contemporaneamente. La durata dell’intesa era stata prevista in 25 anni.

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