Bene: ‘ipo’, altro che Super Lega

Facce scure, espressione da dolorosa insonnia, capelli in disordine da brusco risveglio: Agnelli corrucciato, faccia da cane bastonato, espressione da ‘mea culpa, mea massima culpa’, di un emaciato presidente del Liverpool che chiede scusa ai suoi tifosi. Arrivano il ‘niet’ a tamburo battente dei sei grandi club britannici, il forfeit di alcuni tra gli annunciati partner italiani e spagnoli (i due imponenti Barcellona e Atletico Madrid), s’incendia la rivolta generale delle tifoserie, poi è tripudio per aver messo al muro i promotori dell’incredibile progetto battezzato Super Lega, si pronunciano amati allenatori come Guardiola e stimati calciatori. Decisivi per lo stop al neo monopolio calcistico, sono è anche il crollo delle azioni subìto per esempio dalla Juventus quotata in borsa (e non è la sola vittima). L’incredibile Agnelli, che sul suo quotidiano (la Repubblica’) fa riportare la dichiarazione “Il progetto va avanti”, la cancella e ingoia il boccone amaro della frase sul problema dell’industria calcio: “Sarà un successo al 100%”. Non siano di fronte a un ripensamento tutto interno al sistema, a riflessioni della notte che portano consiglio. Altro aziona la retromarcia innestata dai miliardari, che con la cosiddetta Super Lega hanno provato a ghermire anche il gioco del calcio, ‘oggetto’ pregiato del mercato mondiale, già dominato nei comparti più allettanti dell’economia e della finanza: le fonti energetiche, i settori di larghissimo consumo di farmaceutica, alimentari, le tecnologie innovative, le auto e prodotti simili. La rinuncia al club dei miliardari, con radici diffuse soprattutto nella League inglese, ma anche nella Spagna del Real Madrid e nell’Italia di Agnelli (Juventus, Milan, Inter), si deve all’ ostracismo degli ‘esclusi’ dall’investimento di una mega agenzie mondiale di rating (tardivo l’invito al Napoli di De Laurentis, giusto per parare l’accusa di razzismo).  Lo stop al progetto discriminante, a una variante simil razzista, che avrebbe colpito tre quarti del calcio mondiale, i club a dimensione finanziariamente inferiore non invitati al banchetto miliardario, si è avvalso dell’ostilità agli inventori e ai vertici dell’idea di calcio modello NBA americana, di circolo chiuso del basket a squadre con bilanci miliardari, che monopolizzano la visibilità televisiva. Per il ruolo di presidente del calcio ‘stellare’, che tramonta prima di diventare operante, è stato scelto Florentino Pérez Rodríguez, imprenditore spagnolo che si dice interessato a rilevare la quota di Autostrade italiane dei Benetton per 10 miliardi di euro, presidente del Real Madrid. Agnelli è il suo vice (Stellantis, cioè Fiat, Chrysler e di recente Peugeot), figlio di Umberto, presidente della Juventus, ma anche dell’European Club Association principale vittima della Super Lega! La sua Juventus, di là dal prestigio di un ricchissimo numero di successi, è stata attraversata da indagini e deferimenti su questioni legate alla vendita di biglietti per lo Juventus Stadium (ad Agnelli ammenda di 100.000 euro) e su dirigenti, per aver indotto l’Università di Perugia a ‘promuovere’ il calciatore Sanchez con un finto, velocissimo esame di italiano, test indispensabile al tesseramento (ingaggio poi sfumato). In sintesi, il coatto ripensamento premia la rabbia strillata di tifoserie altrimenti destinate al ruolo di Cenerentola, costrette a sopportare nuovi, costosi oneri per godere del calcio televisivo. Avanti così.

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