MOBY PRINCE / ECCO SERVITA LA SECONDA COMMISSIONE!

A 30 anni esatti dalla tragedia del Moby Prince che vide il rogo di 140 passeggeri, eccoci all’ennesima beffa.

E’ stata appena varata la seconda Commissione parlamentare d’inchiesta: stavolta sarà composta da 20 membri della Camera e fa seguito alla precedente Commissione formata da senatori. Come dire, dopo palazzo Madama, la tragica sceneggiata continuerà tra le stanze di Montecitorio!

Quando invece sarebbe necessario dar vita ad una sola, unica, vera commissione d’inchiesta: finalizzata ad indagare e far luce sui depistaggi istituzionali! Sul perché tante, troppo, quasi tutte le inchieste da novanta della magistratura sulle stragi di Stato e i buchi neri della nostra storia finiscono regolarmente in flop!

Proprio come è successo per il rogo del Moby Prince, avvenuto nella notte del 10 aprile 1991, esattamente trent’anni fa.

La Voce ha scritto decine di articoli e inchieste su quell’episodio ancora avvolto nella nebbia (e proprio la nebbia – inesistente – venne indicata dagli inquirenti come prima causa della collisione) solo per chi non vuol vedere. Come del resto ha fatto la magistratura, non cavando mai un ragno dal buco, nonostante il grosso materiale probatorio a disposizione.

Non ha mai avuto il coraggio, la magistratura inquirente, di accertare le responsabilità americane in tutta la story: perché gli Stati Uniti e la Nato hanno sempre frapposto muri insormontabili all’accertamento della verità: negando, ad esempio, il rilascio dei tracciati satellitari di quella notte. Che invece documentano un intenso, quanto meno anomalo, ‘traffico’ in quella rada di Livorno: armi e rifiuti tossici in prima linea.

Rammentiamo che era appena finita l’aggressione militare statunitense in Iraq, e quindi dalla base americana di Camp Derby, ad un tiro di schioppo, erano partite strane movimentazioni.

Forse per questo, adesso, candendo dal pero, i promotori della nuova commissione d’inchiesta chiedono “l’acquisizione dei tracciati radar e delle rilevazioni satellitari fino ad oggi negati dal comando militare USA e dagli altri paesi NATO”.

E ancora di più cadono dal pero, gli ignari (ignari?) promotori, quando chiedono con totale (apparente) ingenuità di “accertare con la massima precisione le cause della collisione del traghetto con la petroliera statale Agip Abruzzo” e “le circostanze della morte di 140 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio”, “con le relative responsabilità personali e istituzionali”.

Solo adesso lorsignori ipotizzano responsabilità ‘istituzionali’?

Ad abundantiam, i promotori della commissione chiedono poi di accertare le responsabilità circa il ritardo nei soccorsi (visto che prima di morire intossicate tante vittime sono rimaste per ore a galleggiare nelle acque di Livorno) e poi di far luce sulla ‘pista assicurativa’.

Tutti temi sui quali da ben trent’anni avrebbe dovuto far luce la magistratura. Che invece ha contribuito attivamente ad insabbiare.

La prima commissione parlamentare d’inchiesta – caso più unico che raro – è riuscita a portare dei concreti frutti. I quali hanno costretto, ormai tre anni fa, a riaprire le indagini sia la procura di Livorno (per anni e anni assonnata) sia la Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze.

Cosa hanno fatto, la procura e la DDA gigliata in questi tre anni? Un mistero.

Chiedono ora di saperne qualcosa i promotori della neo commissione, che verrà presieduta da un 5 Stelle (il candidato è Francesco Bertini) o un PD (il candidato è Andrea Romano).

Ma sorge spontanea la domanda: possibile mai che per stanare la procura di Livorno e la DDA di Firenze ci voglia una commissione d’inchiesta?

Ai confini della realtà.

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