Meno male che è primavera

Il Presidente non ha mancato di rivolgere il suo grazie agli uomini delle forze armate impegnate in prima linea nello sforzo comune di contrastare le mille dannose conseguenze della pandemia, ma è probabile che debba essere meglio coordinata la loro strategica presenza. Per esempio nel contrasto a talune incombenze imposte dal colore rosso in cui è ripiombata la Campania, seconda regione italiana dopo la Lombardia per contagi e urgenze di letti da terapia intensiva.

Oggi sembra indurre a ottimismo la smentita delle previsioni ufficiali del meteo, proposte con nuvole e possibile pioggia anche per Napoli, città invece accarezzata da sole quasi estivo. Altro che picchi a 13 gradi della temperatura massima. Perché no, si esce e in totale corrispondenza con le ultime raccomandazioni del nucleo sempre più folto di tutori della salute collettiva, primo per meriti istituzionali il ministro Speranza  e a latere la selva oscura di eccellenze finora in sereno anonimato, variamente meritevoli di notorietà: conforta essere in regola con le norme dettate da esperti, semi-esperti, inesperti, giornalisti, scrittori, sociologi, stelline dello star system tirate via dall’anonimato e soprattutto conduttori di talkshow’,  proiettati con un balzo da canguro adulto dal gossip alla scienza, promossi al rango di profondi conoscitori di pandemie e rimedi relativi. Dunque si esce con in bella evidenza la fotocopia di una consunta autocertificazione, di una  specie di passaporto indispensabile per andare a fare la spesa o infilarsi in coda al serpentone di napoletani, che in file irrispettose del distanziamento anelano a infilarsi nel padiglione numero 1 della Mostra d’Oltremare, luogo di colpevole abbandono, che altrove sarebbe una fabbrica di interessanti utili per committenze pubbliche, in virtù della sua collocazione strategica ai margini dei Campi Flegrei.

Che dire, ci mancava la profezia di sventure supplementari provocate da Covid mutante, che in versione anglofona, a detta del gotha dei virologi, impone la distanza di due metri per difendersi dal contagio. Inutile lo sgolarsi degli addetti della protezione civile. Nessun effetto tangibile per il rispetto delle norme di sicurezza: in verità quasi impossibile assecondare il giusto avvertimento per chi è si è trovato per tanto tempo in condizioni di assembramento da contagio. Si volesse rispettare la distanza di sicurezza, la fila occuperebbe l’intero piazzale Tecchio e i suoi spazi collaterali. Insomma, incombe il rischio di incrementare il numero già rilevante di contagi da zona rossa ed è giusta l’invocazione di rapidi allestimenti alternativi per vaccinazioni di massa. Ecco, la presenza più consistente di militari contribuirebbe a normalizzare l’afflusso nell’ammirevole funzionalità del centro vaccinazioni della Mostra, imporrebbe il rispetto della sola circolazione automobilistica consentita, della chiusura di esercizi commerciali non autorizzati ad aprire e punirebbe esemplarmente gli irresponsabili, per fortuna non troppi, allegramente a passeggio senza mascherina. Nel percorso casa-Mostra e ritorno, non un vigile urbano, neppure un poliziotto, un carabiniere, un soldato e allora anche la doppia dose di Pfizer, quelle delle consorelle Astra-Zeneca, Moderna e ogni altro vaccino russo-cinese-indiano-italiano, rischiano di non stroncare con effetto definitivo il coronavirus.

Ma è primavera, esplode la fioritura delle mimose, la natura intera si libera del letargo invernale e allora ‘tirammo a campà’, ché questa è terra di tepore nemico del Covid, almeno come la racconta la stirpe di autorevoli, quanto ottimisti addetti ai lavori.

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