‘Avanti popolo, alla riscossa’: ma come e con chi?

Di là dalle vistose tare che ne minano la credibilità, la partitocrazia si alimenta di distrazioni di massa e lo fa priva di scrupoli, con sprezzante disinvoltura, fino trasformare clamorose imperfezioni e magagne in quote di consenso. A motivare il paradosso arriva in soccorso l’archivio della   memoria. Restituisce il caso di un noto esponente della Dc, di epoca andreottiana, ospite di un programma cult di Enzo Biagi. Il giornalista, nell’indagare la permeabilità dell’Italia al peggio del top della politica, o comunque delle istituzioni e dei poteri economici deviati, smascherò la reticenza del noto parlamentare democristiano. Mostrò alla telecamera la riproduzione della sua tessera di iscrizione alla Pd2, pericolosa deriva di poteri occulti che hanno intrecciato progetti destabilizzanti per la democrazia con partner della malavita. Il politico, colto in flagranza di massoneria eversiva, reagì con un raggiante sorriso e confermò spavaldo “Sì sono piduista”. Il perché fu chiaro a chi è avvezzo a scrutare il back ground dei comportamenti: il deputato in questione giudicò manna dal cielo l’opportunità di confermare a quanti godevano dei suoi favori di essere un esponente di livello della Pd2, dunque in grado di gestire quote di potere a vantaggio di sostenitori-elettori. Il racconto offre l’opportunità di assumere, solo per un momento, le sembianze del dimissionario Zingaretti per intuire il perché del suo destrutturante forfeit. Di recente, il fu segretario del Pd è stato dileggiato per aver dichiarato che la ‘gossipara’ partenopea D’Urso merita lodi in quanto avrebbe sdoganato la politica, fornendole visibilità nazional popolare. Ma di che parla il fratello del commissario Montalbano? Se è motivato l’attributo di tv spazzatura a molti programmi, la primaria titolarità spetta proprio all’affollamento pomeridiano (e non solo) che su tutte le reti spettegola, inventa incontri strappalacrime, opera intrusioni nelle competenze di polizia, carabinieri e magistrati.  Con tutta la simpatia per il volto sorridente di Zingaretti, ma perché accettare di sottoporsi al ‘selfie’ mentre sorride beato, in stretto contatto con la D’Urso. Soprattutto, perché nonostante la censura per la precedente ospitata torna da lei a spiegare le ragioni dell’addio al Pd? Sgombrato il terreno della censura per il doppio rendez vous, la questione seria è: ma Zingaretti ha ragionato sulle conseguenze immediate, a medio e lungo termine della bomba che ha fatto esplodere? Ha letto i numeri degli ultimi sondaggi, che per effetto della deflagrazione riducono il consenso del Pd al quattordici percento? Ha calcolato il rischio di alimentare la guerriglia delle correnti, la lotta intestina per la successione? Lo ha sfiorato l’idea che per dare concretezza alla delusione costruttiva del popolo della sinistra non c’è alternativa all’azzeramento del Pd, a un progetto di rifondazione libero dalle scorie di aggregazioni impure, di personaggi confluiti nel partito democratico da aree di arroccata moderazione, primi responsabili del distanziamento della sinistra dalla società dei bisogni? Cos’altro deve accadere perché il renzismo sia ripudiato e lasciato al suo destino di partner della destra liberal?  Ecco, l’alto senso di responsabilità di Zingaretti, a cui pure va riconosciuto il merito di aver lavato in casa i panni sporchi di un Pd sgretolato e a caccia di potere personale, perde di credibilità se, per dire la sua, si rifugia nel salotto televisivo della ‘barbarella’ di Canale 5, ovvero in casa Berlusconi, e afferma “Il diritto di andare in tv a parlare di cose serie, di politica, senza discriminare tra programmi presunti alti e presunti bassi!”. La nebulosa vicenda dell’ex segretario, concede al Grillo parlante una ‘battuta teatrale’ da applauso a scena aperta. Letta dall’incavolatissimo popolo residuale della sinistra, assume i connotati della tragedia. Eccola: “Mi candido a segretario del Pd”. Che dire…Letta, Franceschini, la Finocchiaro e chi altro si prepara alla successione, è avvertito. Ogni candidatura, senza il fondamentale preambolo di un progetto credibile, fornirebbe abbondante materiale per la satira del comico genovese prestato alla politica.

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