Settantuno anni, caspita se li dimostra…

Chissà quante ore sottratte al lavoro straordinario, che svolgono le eccellenze della ricerca per completare la conoscenza del Covid-19 e seppellirlo per evitare reiterate risurrezioni. Insomma, Fauci e colleghi mettano in parentesi lo studio della pandemia e si applichino alla ricerca di un vaccino, che immunizzi l’Italia dal virus dell’ultrasettantenne kermesse canora, da anni estranea alla musica leggera di qualità, perché stritolata dall’invasione di rapper, meteore vocali di minima orbita, rumore assordante di metallari, di rockettari casinisti e music per ragazzi imbottiti di alcol e altri veleni in discoteche.

La disciplina professionale (certo, era anche possibile oscurare il festival a favore di una delle interessanti proposte del canale Sky dedicato alla cultura) ha prevalso e fornisce, nel day after, quanto segue: errore di titolo per questo Sanremo a trazione Tim, vero protagonista della serata. Il mega gestore di telefonia ha largamente dominato, con un’anteprima rabberciata e svilita dalla conduzione di tre dilettanti allo sbaraglio, gestita dall’impacciata consorte di ‘Ama’ (cosa ha indotto a privilegiare solo Renga, uno dei cosiddetti big in gara, in presenza nell’anteprima?) e una caterva di intervalli pubblicitari. L’antipasto della serata è stato preda di Fiorello e di un ennesimo spot auto pubblicitario lanciato dal cosiddetto balconcino, in compagnia del fantasma di Mollica, che meriterebbe di godere la pensione in pace anziché essere soggetto di solidarietà pietistica per strappare una prima lacrima di commozione. L’ovvia alternativa al cambio di titolo ‘Tim Festival’ potrebbe essere ‘Sagra della canzonetta di Rosario, nonché Fiorello’, il quale, in stato di euforia apparsa anormale, ha ridotto Amadeus a insignificante spalla, a comparsa, e ha offerto di sé la brutta copia del brillante intrattenitore del tempo che fu, con qualche licenza non proprio poetica sui ‘culi’ mancanti alle poltrone vuote del teatro. E i finti applausi della desolante platea…perché? Un caotico, personale show del co-conduttore ha preceduto la competizione di quattro ‘nuove proposte’. Se questo è l’esito di una selezione, che immaginiamo scrupolosa e consistente, il futuro della canzone italiana non promette niente di buono.  Tredici big? Con quale criterio assegnare questo attributo a cantanti che si dice vantino milioni di social follower, ma che agli italiani ‘normali’ non dicono niente, come Fasma, Maneskin, Coma_Cose, Madame, Ghemon, Aiello?  I noti? Ha prevalso Annalisa, urlatrice con un pizzico di classe, ma il giorno dopo, chi ricorda musica e parole del suo ‘Dieci’? Una personale classifica si astrae dalle performance di Arisa, Renga, Noemi, Max Gazè, degli ingessati Michelin-Fedez e manda sul podio gli ospiti della prima serata: Diodato (questa sì che è musica), Loredana Bertè (però basta con le vetuste ‘Non sono una signora’ e ‘Bellissima’, e poi: ancora in minigonna a 71 anni, come l’età del Festival?), il folcloristico Achille Lauro, piumato, unghie di venti centimetri e capelli blu. A latere, anche la convincente versione a due voci di Fiorello e Matilde De Angelis per “Ti lascerò”, impegnativo successo di Fausto Leali. I piccoli artisti crescono. Ricordate la giovanissima ragazzina delle fiction nostrane sul tema delle grandi famiglie? Sì era lei, Matilde, ora corteggiata da Hollywood e non solo, a giusta ragione. Bella e brava.

Festival riconoscibile in alcuni momenti strappalacrime, nella migliore tradizione di spettacolo nazional popolare: la presenza di Alessia, stoica infermiera che si fotografò con i segni sugli zigomi della mascherina indossata per quindici ore di fila, il tributo alle forze dell’ordine con l’esibizione della banda della Polizia, parole commosse per un famoso Dj che non c’è più e la esecrata prigionia in Egitto di Zaki. Il capolavoro dell’esordio festivaliero è però la monumentale (in altezza) performance di Ibrahimovic e la Rai spieghi perché ha inutilmente ‘ingombrato’ il palco dell’Ariston. La ‘Repubblica’, in evidente mancanza di meglio, dedica una delle due pagine sul Festival alle criptiche, rare battute del centravanti milanista (a che siamo ridotti!). Una perla: lo spot che completa il tributo alla Liguria, regione ospite, del festival ha scippato alla Rai ‘Di tutto di più’, ovvero il suo più efficace slogan promozionale di qualche tempo fa. Gratis?

La personale disciplina professionale finisce qui, nella la speranza che chi andrà avanti fino a sabato assista a migliori serate di un Festival da rifondare. Grande attesa per una prossima ospite, la caleidoscopica Giovanna Botteri: ormai le manca solo di condurre le rubriche Meteo e sulla viabilità. I buonisti giustificano i due milioni in meno di spettatori del primo round, rispetto al 2020, con l’assenza di pubblico in sala. Ma come, la perdurante pandemia non attirare più telespettatori del solito, che provano a compensare la clausura con tanta TV?

 

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