SUNING / LA PATATA BOLLENTE DI UN’INTER SUPER-INDEBITATA

Ha raggiunto la vetta della classifica, l’Inter griffata SUNING, ma rischia un capitombolo per le sue tribolate vicende societarie.

Da svariate settimane, ormai, si parla della ‘scarsa liquidità’ del colosso (?) cinese, con la spia derivante dal mancato pagamento degli stipendi ai calciatori per gli ultimi 2-3 mesi. Poi le sempre più insistenti voci di una trattativa con il fondo londinese BC Partners. Quindi i dubbi tra la vendita totale o la ricerca di un partner, anche di minoranza.

Insomma, un vero ginepraio. Ma le news non sono certo incoraggianti.

La IMG, una grossa società-network che si occupa di eventi sportivi, ha deciso di staccare il segnale della PPTV, la tivvù del gruppo Suning che aveva comprato i diritti della serie A italiana per la Cina. Il motivo della rottura è – guarda caso – anche stavolta i troppi arretrati accumulati e i sempre più evidenti ritardi nei pagamenti.

Poi arriva, come una doccia gelata, la dichiarazione ufficiale del numero uno di Suning, Zhang Jindong: “Dobbiamo concentrare il nostro campo di battaglia principale, avviare i tagli, ridisegnare le linee strategiche. Ci concentreremo risolutamente sul commercio al dettaglio, chiuderemo e ridurremo le nostre attività irrilevanti per il commercio al dettaglio senza alcuna esitazione”.

E l’Inter rientra proprio in queste attività ora considerate zavorra, un peso, un ingombro da lasciar perdere. Con buona pace di Antonio Conte e di tutti gli interisti già in festa per uno scudetto che si annuncia!

Del resto, una approfondita analisi costi-benefici dà ragione ai vertici di Suning, visto che le cifre sono da brividi e le perdite cumulate in questi anni di gestione del club fanno tremare le vene ai polsi.

Leggiamo la spietata diagnosi stilata da Fabio Pavesi per ‘Affari Italiani’ e titolata “Suning, il gigante dai piedi d’argilla”, mentre fino a qualche mese fa si parlava di un colosso nel vero senso della parola, e solo in difficoltà con il governo cinese, come del resto sta succedendo, per fare un solo esempio, ad Alibabà.

Scrive Pavesi: “Oltre all’opacità che contraddistingue le aziende cinesi di Sunig.com, si sa che non sia quella miniera d’oro che tutti immaginavano. La società ha chiuso i conti a settembre del 2020 (ultimi dati disponibili) con una perdita di 234 milioni di dollari. E se è vero che il fatturato vale intorno ai 36 miliardi è anche vero che più che le vendite conta la redditività. E qui il gruppo cinese mostra tutte le sue debolezze”.

Ancora. “Su quei miliardi di ricavi, il margine lordo (quello che conta) vale solo poche centinaia di milioni. Tanto fatturato ma scarsa redditività Non solo, Suning poggia su una montagna di debiti, circa 7 miliardi di dollari, di cui, come ha documentato il Financial Times, 1,2 sarebbero in scadenza a breve. Vista così, per i padroni dell’Inter le priorità oggi sono ben altre che non continuare ad iniettare denaro nelle casse della società di calcio”.

Continua la cruda analisi: “I due Zhang, padre e figlio, hanno finora perso solo soldi nell’avventura calcistica italiana. Tolto il costo dell’acquisizione, Suning in questi anni ha dovuto continuare a convertire finanziamenti soci in capitale. Solo nel 2020 il gruppo cinese ha rinunciato a 70 milioni a favore del bilancio dell’Inter. E i conti dicono che in totale Suning ha convertito negli anni 215 milioni a favore dalle sua partecipata”.

Non è finita. “L’Inter di oggi non è da meno quanto a buchi nei bilanci. L’anno scorso, ultimo bilancio disponibile, quello della stagione 2019-2020 e impattato solo per alcuni mesi nel Covid, il club nerazzurro ha perso 102 milioni su 382 di ricavi. Ogni 100 euro di incassi, l’Inter ne ha persi oltre 25. Il patrimonio netto consolidato era in passivo per 37 milioni e il gruppo calcistico era oberato della bellezza di 871 milioni di debiti totali”.

E la batosta finale. “Quelli che contano ai fini della solidità sono i debiti finanziari che in ogni caso viaggiano a 408 milioni. Di fatto superano ampiamente il fatturato. Su quei debiti finanziari pesano obbligazioni sottoscritte in Lussemburgo da investitori istituzionali per 375 milioni. Due bond, uno da 300 milioni e l’altro da 75 milioni, che ogni anno costano solo di interessi 26 milioni e che andranno rimborsati completamente a dicembre 2022”.

Ma chi cavolo pensa mai di comprare una società tanto pesantemente indebitata? Chi mai si sognerebbe di tuffarsi in mari così tempestosi? E vuoi vedere che la trattativa con BC Partners, a questo punto, era solo fumo negli occhi?

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