Il Draghi pensiero di Mattarella

Prima o poi dovevamo mettere nel conto della crisi, che naviga in alto mare, l’accadimento temuto, ovvero che la regia occulta di Mattarella conoscesse una svolta in simbiosi con la sua matrice politica di ex democristiano moderato. È successo e senza oltrepassare il lecito esercizio di critica è giusto addossare al presidente della Repubblica la responsabilità di aver complicato la soluzione dello stallo, che congela l’urgenza di tornare alla gestione operativa delle emergenze sanitaria, economica, sociale.

La strafottenza di Italia Viva, che antepone al ‘bene comune’ l’interesse personale di ex leader fermo al due percento nelle tabelle dei sondaggisti, non avrebbe impedito di concludere rapidamente la trattativa per sventare l’attentato all’esecutivo, se Mattarella avesse contrastato il nuovo sabotaggio che ha costretto alla resa il Presidente della Camera. Errore o scelta di parte, consapevole? L’incarico esplorativo a Draghi è già all’origine destinato al fallimento, o alla drammatica alternativa di condannare l’Italia al sovranismo, se la destra fosse compatta nel sostenere la candidatura di Draghi a premier e se si aggregassero al consenso per l’ex presidente della Banca Europea i ‘cani sciolti’ del parlamento, ostili a elezioni anticipate per il timore di non essere rieletti.

La riflessione sarebbe infertile, anche se indotta da legittimo malumore, se non contrapponesse all’improvvida decisione del Quirinale una proposta alternativa. E allora: il Paese deve misurarsi con due grandi questioni, questo è certo: la prima, decisiva per il presente e il futuro prossimo è l’accelerazione dell’iter per incassare i miliardi dei fondi europei e rivitalizzare l’economia devastata dalle conseguenze della pandemia; l’altra è di neutralizzare l’egocentrismo paranoico di Renzi, che infligge al Paese un’insostenibile precarietà, a carico della sua già imperfetta democrazia. Come non capire che il fine del bilioso ex premier, ex dem, ex enfant prodige della partitocrazia italiana, perseguiva il principale obiettivo di attentare al ruolo istituzionale del ‘nemico’ Conte; che il tortuoso percorso per centrarlo era l’apertura della crisi e il sabotaggio della conseguente trattativa? Primo errore, aver azzerato la visibilità di Conte e scoraggiato la costituzione esplicita di un gruppo numericamente sufficiente a sostenere anche al Senato la maggioranza del suo governo. Il secondo, altrettanto, se non più grave, è la designazione di Draghi, non a caso accolta con favore da Berlusconi, sicuramente dalla Confindustria destrofila di Bonomi (la foto e il titolo di Repubblica-Fiat, a corredo di questa nota, lo confermano clamorosamente con l’espressione “L’ora di Draghi”, che evoca il Mussolini della dichiarazione di guerra).

Scenari di segno opposto si sarebbero aperti se Mattarella avesse incaricato Conte della seconda esplorazione. La paura di un nuovo fallimento e di arrendersi alla prospettiva di elezioni anticipate, avrebbe quasi certamente conseguito il doppio risultato del Conte ter, di una maggioranza, certo provvisoria, ma in grado di lavorare per le emergenze Covid e Recovery Fund e di escludere Renzi dalla dialettica politica, di impedire alla sua libido di potere di far danni al Paese.

Ma poi, il presidente della Repubblica, prima di coinvolgere Draghi ha sondato l’umore dei partiti? Avrebbe scoperto che alla candidatura si oppone il movimento 5Stelle, e non è l’unico indice di non gradimento. Altro tempo prezioso perso?  L’unica certezza è lo stupore e la rabbia diffusa per l’ennesima percezione di caos isterico della politica italiana.

Lascia un commento