Pierino, malefico birbantello di subdole rottamazioni

Un giornale carico di gloria, di mezzo secolo di autorevolezza, diventa ‘piccolo, piccolo’ e oggi, in copertina, titola l’esito del voto al senato “Un governo piccolo, piccolo’. Nello spazio totale riservato all’evento politico di Palazzo Madama non fa nulla per nascondere di militare nella tifoseria della compagine renziana. E poi, in prosecuzione dell’attestato di subordinazione alla Stellantis, emanazione di Fca e associate, concede   almeno una pagina al giorno alle faccende automobilistiche care ad Agnelli. Nella riserva editoriale dello sport conferma l’idillio permanente con la Juve-Fiat a trazione nord-centrica, ovvero neanche un rigo per raccontare il campionato del Napoli in tempi normali. Oggi sempre in omaggio alla squadra del cuore, due pagine, che ob torto collo, includono la squadra di Insigne, ma solo perché avversaria della sfida ai bianconeri per la ’supercoppa’.

Chi è il fortunato su cui il direttore della ‘Repubblica’ punta i riflettori e i microfoni, strumenti acconci per amplificarne le imprese? Molinari e i suoi dipendenti pigiano quotidianamente sui tasti dei computer per simulare dotte analisi sullo stato dell’arte del Conte bis e mascherano a malapena la scelta antagonista nei confronti della maggioranza giallorossa, proposta in forma indiretta con lo spazio quotidiano offerto al renzismo. Nel caleidoscopio del paradosso che marchia di tragicomicità la più che imperfetta partitocrazia del Bel Paese, si stagliano con netti contorni il profilo del ‘Pierino la peste’ le sue piroette, capriole, performance da contorsionista, che susciterebbero l’invidia di Erasmo da Rotterdam del suo ‘Elogio della follia’. ‘Pierino’ Renzi è il paradigma dell’ingratitudine, in risposta al dono che improvvidamente gli ha offerto la sorte,  dotandolo  di viva intelligenza congiunta a furbizia, a fluida dialettica, ma che ha omesso di fornirgli l’antidoto per uso improprio delle suddette qualità.

L’abbrivio dell’accelerato percorso renziano per bruciare le tappe del protagonismo è un classico delle infinite carriere di affermati politici italiani: casa e chiesa, né destra, né sinistra, ‘va dove ti porta il vento che spira più forte’. L’ideale per l’arrampicata? Invadere quel che resta della sinistra, nell’impossibilità di bussare alle altre porte, che da est a ovest della politica espongono il cartello ‘Occupato’. A destra del Pd si ergeva infatti la diga seppur traballante del berlusconismo e delle sue sparse affinità; più in là il razzi-fascismo della Lega e l’estremismo eversivo della Meloni;  a sinistra il pullulare di minimalismi ininfluenti, le origini catto-moderate di ‘Pierino la peste’ si sono perciò proiettate al futuro, per far breccia nel ‘sistema’, con un progetto di restaurazione del ‘grande centro’, che fu l’intuizione vincente del degasperismo, ovviamente da rieditare in danno del consunto liberismo dei forza-italioti. Non ci vuole l’onniveggenza della ‘zingara’ per decodificare la vocazione di ‘Pierino’ Renzi al ruolo di picconatore, interpretato con tempi e modi ben calibrati, di rottamatore malamente mascherato all’interno del Pd, di contemporaneo seminatore, in laboriosa attesa di raccogliere i frutti copiosi dell’auspicato ricompattarsi del centrismo moderato. I sedici senatori Iv, nel pronunciare compatti “astenuto”, hanno portato a casa di ‘Pierino’ Renzi il doppio obiettivo di indurre Conte a contrastare il ‘piccolo, piccolo’ di ‘Repubblica con una terapeutica battuta di pesca nel magma indistinto dei moderati, su cui piomberà Iv con una prossima variante e nel contempo hanno eroso la già precaria stabilità del Pd, la sua improbabile chance di crescere quanto sarebbe indispensabile a guidare l’Italia con un governo progressista.

Tema: stoppare le cattive intenzioni di ‘Pierino la peste’, prima che minacciosi nuvoloni oscurino il cielo d’Italia. Come è una cosa da ‘poi dice che uno si butta a sinistra’, cioè un’utopia da privare della sua apparente irreversibilità.

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