Cecità, mutismo, sordità

In concorrenza con lo stereotipo dei vigliacchi, che si spacciano come muti, sordi e ciechi per fingere di non poter vedere, sentire, parlare; in competizione con la massaia birbante che per faticare meno nasconde sotto il tappeto quanto ha scopato, il decotto portacolori del Carroccio ‘glissa’ sulle frequenti mascalzonate di tipi e tipe della sponda qualunquista, razzista, xenofoba, che ha gratificato con ruoli istituzionali scippati alla democrazia. Sindaci, assessori, consiglieri di Comuni inquinati dalla presenza leghista, sono ‘clienti’ della cronaca nera e della politica in vistoso degrado, raccontate dalle residuali pagine dell’informazione salvata dal famelico ‘piglia tutto’ della destra, che domina il mondo della comunicazione e di cui profitta il valpadano per scrollarsi di dosso quanto il dovere di ‘capo’ gli imporrebbe e cioè di assumere la responsabilità di quanto combinano i suoi peggiori sudditi. Sicché, silenzio sui 50 milioni truffati allo Stato, bocca cucita sulle trattative con la Russia per ricavare una macro tangente, sui reati di ‘suoi’ amministratori (uno degli ultimi coinvolge Fontana, governatore leghista della Lombardia per l’acquisto di materiale sanitario dall’azienda del cognato e della moglie), sul tentativo di co-imputare il governo per la decisone di non consentire per molti giorni a migranti in pessime condizioni igienico sanitarie lo sbarco dalla nave che li ha salvati in mare. C’è molto altro, cose che potrebbero apparire poco rilevanti, che invece assumono dimensioni di indecenza: la mensa scolastica negata ai bambini dei migranti in scuole leghiste, i raduni di piazza di negazionisti senza alcuna precauzione, altri comportamenti da censura ignorati per solidarietà omertosa, un paio di episodi recenti. Nessun commento alla gaffe di uno storico pastificio qual è la “Molisana’ che ha etichettato suoi prodotti “Abissine’, ‘Tripoline e nella scheda di accompagnamento ha scritto “Il nome evoca luoghi lontani, esotici e un gusto ‘littorio’”. Nostalgia canaglia? L’azienda smentisce, Salvini ignora. E finge di non essere informato degli arresti domiciliari della sindaca di San Germano Vercellese Michela Rosetta, leghista salviniana, come conferma un’immagine dei due sorridenti, felicemente accomunati dalla fede nel Carroccio. La tizia e il suo consigliere Carando sono agli arresti domiciliari per peculato, aggravato da odio razziale. Hanno fatto man bassa delle risorse destinate all’emergenza pandemia e anziché convertirle in pacchi per le famiglie bisognose le hanno investite in cibi prelibati, da gustare alla tavola del consigliere e dei suoi amici. Ai poveri finivano alimenti scadenti e spesso neppure quelli. Esempio? Il pacco alimentare negato a una donna marocchina senza marito, madre di due figli, a una disabile e al contrario pacchi ‘ricchi’, con prodotti di qualità consegnati a una famiglia con reddito alto. Il consigliere della sindaca, così racconta l’indagine dei carabinieri, non disdegnava di mettere in tavola mazzancolle e altre prelibatezze, grazie al finanziamento per l’emergenza Covid.

Casi indiretti, collaterali, confermano l’assordante silenzio leghista su argomenti ‘scomodi’, in questo caso relativi all’alleato più organico, qual è la Meloni, alla testa di Fratelli d’Italia. Raccontano numerosi e purtroppo impuniti episodi di apologia del fascismo, violenze, aggressioni e, anche se meriterebbe di essere ignorata per non darle rilievo, una ‘fresca’ vicenda avvenuta nel Veneto leghista. La signora, o signorina (chi l’avrebbe mai sposata?) Elena Donazzan, assessora in quota Fratelli d’Italia della regione Veneto (presieduta dal leghista Zaia), nonché titolare del ruolo con delega a ‘Istruzione, Lavoro e Pari Opportunità!’,  nel corso del programma ‘Zanzara’ ha cantato il ritornello fascista di ‘Faccetta nera’. Sommersa da una valanga di contestazioni, ha risposto rabbiosamente:Non sono pentita, sono io che ho subito un attacco squadrista…ho capito che quando si parla di fascismo non siamo in democrazia. Apologia del fascismo per cosa? Per avere cantato una canzone alla ‘Zanzara?’”

Già per questo, e per l’impudenza provocatoria di rivendicare fedeltà al ‘Ventennio’, come se fosse un merito.

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