ANTHONY FAUCI / TUTTE LE VITTIME AMERICANE SULLA COSCIENZA

Fortissime polemiche negli Stati Uniti sull’utilizzo dell’idrossiclorochina come prima terapia anti Covid-19.

Ricorderete tutti che l’ex presidente Donald Trump se ne fece primo testimonial pubblicizzandola addirittura in diretta tivvù.

Da allora è iniziata una campagna di demonizzazione del farmaco, che ha trovato nel numero uno dei virologi a stelle e strisce, Anthony Fauci, il suo portabandiera.

Una campagna, di tutta evidenza, orchestrata da Big Pharma, perché i colossi farmaceutici, of course, vedono come il fumo negli occhi un prodotto economico, in netto contrasto con i loro cari – e insicuri – vaccini. Del resto è successo lo stesso in Italia con il plasma iperimmune, terapia che ha la grande colpa di essere efficace e, soprattutto, poco cara.

 

NELLE “FAUCI” DELL’AMICO DI BIG PHARMA

Ma torniamo all’idrossiclorochina (HCQ), un prodotto approvato dalla Food and Drug Administration ben 65 anni fa ed incluso nell’elenco dei farmaci essenziali dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1977. Secondo autorevoli stime, miliardi di persone in tutto il mondo sono state trattate con HCQ per combattere la malaria, il lupus, l’HIV, l’artrite reumatoide. Esercita potenti effetti antinfiammatori e antivirali.

Proprio all’inizio della pandemia, è stata indicata come necessario e immediato presidio sanitario dal fondatore e animatore dell’Istituto per le malattie infettive di Marsiglia, Didier Raoult.

Didier Raoult. In apertura Anthony Fauci

Ma la FDA, negli ultimi tempi, ha fatto una clamorosa marcia indietro, inducendo molti Stati americani a vietare l’uso di HCQ per il trattamento anti Covid 19 e ha reso molto difficile ottenere una prescrizione per tale utilizzo, ricorrendo a studi che “esagerano” – così viene detto da tantissimi sanitari statunitensi – “un potenziale problema nel ritmo cardiaco”, nonostante i Center for Infectuous Desease (CDC) sostengano il contrario.

Una evidente guerra tra autorità che sono al governo della salute degli americani, pilotata – come rimarcato – dai colossi dell’industria farmaceutica che vedono nella pandemia il loro Eldorado.

Il 10 dicembre il dottor George Fareed, californiano, ha testimoniato davanti al Senate Homeland Security Committee sul trattamento con successo di oltre 1000 pazienti Covid con HCQ.

Ha detto: “Prima si può iniziare il trattamento dopo l’infezione meglio è. Purtroppo molte persone infette e medici di assistenza primaria seguono diposizioni del NIH e del dottor Anthony Fauci senza che vengano offerti trattamenti efficaci. Abbiamo bisogno che NIH, FDA, CDC riconoscano formalmente l’importanza di un trattamento precoce con antivirali sicuri e ad azione moderata, come l’HDQ, così prontamente disponibile”.

Secondo moltissimi medici di famiglia, la soppressione o comunque la estrema limitazione nell’uso di HCQ è un fattore centrale per cui gli Stati Uniti hanno tra i peggiori tassi di malattia e morte da Covid 19.

 

LA MORTE “SCIENTIFICA” DI TANTI AMERICANI

Harvey Risch

Ecco come descrive la situazione un autorevole epidemiologo alla Yale School of Public Helath, Harvey Risch: “C’è stata una massiccia campagna di disinformazione che si estende dal governo ai media. Le prove a favore del beneficio dell’idrossiclorochina nei pazienti ad alto rischio trattati precocemente come pazienti ambulatoriali, sono più forti di qualsiasi altra cosa che abbia mai studiato. La FDA si è affidata al dottor Fauci e al suo N.H.I per dire che non vi è alcun vantaggio nell’usare l’HCQ nei pazienti ambulatoriali. Ciò ha portato alla morte di centinaia di migliaia di americani che avrebbero potuto essere salvati dall’uso di questo farmaco. Le persone devono scrivere o chiamare i loro membri del congresso e senatori. La burocrazia è in combutta con altre forze che la inducono a prendere decisioni non basate sulla scienza”.

Parole pesanti come macigni. Che meritano una forte attenzione da parte delle corti di giustizia americane, affinchè vengano accertate fino in fondo le responsabilità circa il mancato (o quanto meno super ostacolato) uso dell’idrossiclorochina per combattere in prima istanza il coronavirus.

L’unico farmaco approvato fino ad oggi dalla FDA per il trattamento ambulatoriale del Covid 19 è Remedesevir, un prodotto – secondo non pochi esperti – in gran parte inefficace, ma prodotto dal gigante farmaceutico Gilead: costa 3000 dollari per un ciclo.

Da rammentare che nel magico cocktail somministrato a Donald Trump era presente anche il Remdesevir, oltre a Regeneron e altri farmaci. Un colpo al cerchio – la prima pubblicizzazione dell’idrossiclorochina – e uno alla botte, con l’assunzione del Remdesevir griffato Gilead: una sceneggiata in perfetto stile trumpiano.

 

LE RIVISTE MEDICHE NELLE MANI DI BIG PHARMA

Le riviste mediche più autorevoli, come Lancet, escono dal letargo e fanno ammenda di quanto in precedenza pubblicato, sotto pressione delle case farmaceutiche. Ricorderete, infatti, la prima stroncatura dell’idrossiclorochina via Lancet, che aveva pubblicato un articolo farlocco di tre ricercatori che non avevano alcun titolo per scriverlo.

Ora Lancet – come del resto il New England Journal of Medicine – citano le “pressioni criminali” esercitate su di loro dai big del settore farmaceutico, spiegando per filo e per segno come mai sono stati pubblicati quegli studi negativi su HCQ.

Ecco le significative parole del direttore di ‘The Lancet’, Richard Horton: “Se continua così, non saremo in grado di pubblicare altri dati di ricerca clinica, perché le società farmaceutiche sono finanziariamente troppo potenti. Le riviste si sono trasformate in operazioni di riciclaggio di informazioni per l’industria farmaceutica”.

Rincara la dose l’ex redattore capo del British Medical Journal, Richard Smith: “Le riviste mediche sono un’estensione del ramo marketing delle aziende farmaceutiche”.

Dichiarazioni ottime e abbondanti affinchè sia la Food and Drug Administration (un tempo inflessibile, oggi assonnata) sia la magistratura americana, a tutti i livelli, aprano un’inchiesta e facciano finalmente luce sui perversi rapporti che intercorrono tra le star di Big Pharma e il mondo dei media, in particolare quello delle tanto prestigiose (sic) riviste scientifiche.

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