ENI / I MAXI AFFARI PER IL GAS IN EGITTO. ALLA FACCIA DI REGENI E DI ZAKY

Il nostro colosso energetico ENI ha firmato il primo dicembre una serie di accordi con l’Egitto di Abdel Fattah el-Sisi e con le due più importanti società energetiche di quel paese, l’Egiptyan General Petroleum Corporation e l’Egiptyan Natural Gas Holding Company.

Ovviamente con l’ok del governo guidato da Giuseppe Conte.

Alla faccia dei ceffoni più volte rifilati al nostro esecutivo e a tutti gli italiani per la tragica morte di Giulio Regeni, una autentica vergogna di Stato.

Abdel Fattah el-Sisi. Nel montaggio di apertura, Giulio Regeni e Zaki

E per l’ultima beffa con i freschi altri 45 giorni di detenzione appioppati a Patrick Zaky, in galera da ormai quasi un anno.

Ma chissenefrega. I business sono business. Pecunia non olet.

E pensare che a capo dell’ENI c’è quel Claudio Descalzi che dovrebbe far parte della più che controversa (e in palese conflitto d’interessi) task force per la gestione della pioggia miliardaria del Recovery Fund.

Oltre ad essere più volte finito sotto inchiesta per le tangenti ENI in Africa (Nigeria e Algeria) e in Brasile con la maxi indagine della procura carioca “Lava Jato”.

Ma veniamo alle fresche intese italo-egiziane.

 

 

 

 

A TUTTO GAS

Obiettivo del recente accordo è il riavviamento della funzionalità dell’impianto di liquefazione della città portuale di Damietta, nel Delta del Nilo, a partire dal primo trimestre 2021. Fermo da otto anni, l’impianto ha una capacità di 7,56 miliardi di metri cubi di gas all’anno ed è di proprietà della SEGAS, società partecipata dalle due holding egiziane e dalla stessa ENI attraverso l’Union Fesova Gas, ossia una joint venture tra il gruppo italiano e la spagnola Naturgy Energy SA.

Sostengono all’ENI: “Gli odierni accordi consentono di rafforzare gli obiettivi strategici di Eni in termini di crescita del portafoglio GNL (gas naturale liquefatto, ndr), in particolare in Egitto dove Eni è il principale produttore di gas e sono di primaria importanza per tutte le parti coinvolte per risolvere tutte le dispute pendenti”. Boh.

Claudio Descalzi

Prosegue la nota aziendale: “L’accordo arriva in un momento importante in cui, anche grazie alla rapida messa in produzione delle recenti scoperte di gas naturale di Eni, soprattutto dai campi di Zohr e di Nooros, l’Egitto ha riacquistato la piena capacità di soddisfare la domanda interna di gas e può destinare la produzione eccedente all’esportazione attraverso gli impianti di GNL. L’operazione consente di rafforzare la presenza di Eni nell’Est del Mediterraneo, una regione chiave per l’approvvigionamento di gas naturale, una risorsa fondamentale per la transizione energetica”.

Le intese prevedono poi il rafforzamento di ENI nel controllo azionario dell’impianto di Damietta: d’ora in avanti la nostra società avrà il controllo del 50 per cento di Sagas, mentre il 40 per cento sarà nelle mani di Egyptian Gas Holding Company e il rimanente 10 per cento in quelle di Egyptian General Natural Gas Holding.

Non basta, perché ENI subentrerà nel contratto di acquisto del gas naturale destinato all’impianto e riceverà i diritti di liquefazione corrispondenti, aumentando in questo modo i volumi di GNL in portafoglio di 3,78 miliardi di metri cubi l’anno, che saranno disponibili senza restrizioni di destinazione.

E ancora: ENI subentrerà anche nelle attività di commercializzazione di gas naturale in Spagna, rafforzando la sua presenza sul mercato europeo. Colpi da non poco.

 

UN CONTRATTO TIRA L’ALTRO

Ma i lavori griffati ENI in Egitto non si fermano qui.

Nelle acque profonde del Delta del Nilo, a settembre 2019 il nostro colosso energetico ha avviato la produzione del giacimento a gas di Baltim South West, anche stavolta in joint venture con la multinazionale British Petroleum. La produzione avviene da una nuova piattaforma offshore collegata all’impianto a terra di Abu Madi, attraverso un nuovo gasdotto lungo 44 chilometri.

L’elenco dei lavori continua. Ed eccoci alle perforazioni in acque profonde e attività esplorative nel Mediterraneo, a una cinquantina di chilometri a nord della penisola del Sinai, nell’ambito della concessione ‘Nour North Sinai’. Qui ENI opera con il 40 per cento di quote della stessa concessione.

Ha come partner BP al 25 per cento, Mubadala Petroleum con il 20 per cento e Tharwa Petroleum Company con il 15 per cento.

Una piattaforma ENI in Egitto

Per completare la torta approdiamo al deserto occidentale egiziano. Qui la nostra holding ha avviato attività esplorative e di estrazione, attraverso il permesso ottenuto a luglio 2019 che ha consentito l’avvio della produzione di ‘South West Meleiha’, a 130 chilometri dall’oasi di Siwa.

Sottolinea il blogger antimilitarista Antonio Mazzeo: “Molte delle concessioni Eni sono state prorogate pochi mesi fa dalle autorità egiziane sino alla fine del 2030. L’estensione temporale è sicuramente uno dei successi più importanti della missione del gennaio 2017 al Cairo dell’amministratore delegato Claudio Descalzi. ‘Nel corso della visita, l’amministratore Eni ha incontrato il Presidente Abdel Fattah el-Sisi – riporta il comunicato Eni – i quali durante l’incontro hanno esaminato l’andamento delle attività di sviluppo dei giacimenti di Zohr. Particolare attenzione è stata dedicata allo sviluppo del campo di Nooros. Descalzi e el-Sisi hanno discusso delle future attività esplorative di Eni in Egitto, tra cui i due nuovi accordi di concessione per i blocchi di North El Hammad e di North Ras El Esh, siglati il 27 dicembre 2016”.

Un anno prima era stato sequestrato, torturato, ammazzato e fatto sparire Giulio Regeni. Per il quale mai è stata fatta giustizia. Ucciso due volte.

Tre giorni fa l’ennesima beffa per Patrick Zaky.

Intanto ENI fa in Egitto affari con la pala.

Il Governo non vede, non parla, non sente.

Vergogna.

 

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