Coprifuoco / A Napoli parte la richiesta di oltre 1.000 indennizzi

Le istituzioni non possono pensare di cavarsela con un video messaggio, ripetuti divieti e vane promesse senza certezze. Ora, nero su bianco, migliaia di vittime hanno deciso di chiedere tutela e giustizia, trascinando le istituzioni innanzi al tribunale come previsto dall’ordinamento.

I danni da lockdown sono ormai incalcolabili e mentre altri paesi introducono misure di salvataggio dell’economia e garantiscono anche contributi a fondo perduto per le aziende,  invece in Italia  c’è  ancora  grande caos e incertezza totale sul futuro. Le istituzioni  pensano di poter risolvere la crisi economica causata dalle misure restrittive imposte solo con un’elemosina di 600 euro, non per tutti gli imprenditori e con la promessa – che non trova sempre riscontro nella realtà – di potersi indebitare grazie  all’amore ed all’aiuto delle banche, cui andrà poi  restituito il capitale prestato più gli interessi  e spese, come segno di solidarietà?

Prima che sia troppo tardi, come presidente di Noi Consumatori ho deciso, con altri  professionisti, di predisporre ogni idonea azione legale per la tutela e la difesa della sopravvivenza e dei diritti di tutti i  titolari e dipendenti di ristoranti, bar, pub, discoteche e di tutte le altre attività danneggiate e  trascurate dalle istituzioni.

Nelle foto, Napoli deserta per lockdown

Sia chiaro che, per legge,  il principio sul diritto all’indennizzo per le vittime del lockdown vale per tutti i danneggiati, come prevede il codice civile e secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza e dalla nostra Costituzione. Ovviamente hanno diritto a tutela ed assistenza anche i dipendenti delle aziende chiuse o in crisi, come addirittura gli stessi avvocati e commercialisti che, se non si svegliano e  non reagiscono seriamente facendo valere  tutti i diritti e  tutelando anche la  dignità professionale,  rischiano  che in futuro  la toga sia vista quasi come abito di carnevale.

Dimostrando di aver subito un grave danno e la violazione dei propri diritti così come accade per cause di violazione del diritto alla salute,  anche senza impegnarsi a dimostrare le palesi colpe ed omissioni delle istituzioni e le loro indubbie responsabilità politiche ed amministrative, oltre a  specifica azione  per richiesta risarcimento danni,  come previsto dal codice civile (pur se spesso negato dalla vergognosa “politica del diritto” oggi in auge), è , comunque, previsto, possibile e legittimo  chiedere ed ottenere un indennizzo dalle istituzioni regionali o nazionali per le vittime del lockdown. Bisogna leggere i codici e applicare le norma alla triste attualità, perché il diritto all’indennizzo è previsto per legge. Questa è l’idea da cui prende forma l’iniziativa forense, circa la nascita di un “Comitato dei titolari di attività economiche impediti ed ostacolati nel loro lavoro ed impossibilitati a mantenere le loro attività e poter far fronte alle spese, canoni, tasse e dipendenti per poter sopravvivere”.

 

NASCE IL COMITATO PER L’INDENNIZZO DA COVID

Stiamo studiando tutte le possibili azioni da mettere  in campo per chiedere tutela e giustizia contro le beffe in danno di attività commerciali, imprenditoriali e professionali, il cui fallimento ovviamente risucchierà anche i privilegiati dipendenti dello Stato, oggi garantiti dallo stipendio a fine mese. Come avvocati abbiamo il dovere di scendere in campo e sulla base della conoscenza del diritto  vero e grazie alla giusta interpretazione ed applicazione delle norme, soprattutto dei principi costituzionali e degli articoli del Codice civile,  dobbiamo  essere utili a chi cerca di sopravvivere in questa crisi socio economica senza verità e certezze.  E’ stato necessario dare  vita al “comitato per l’indennizzo covid”,  un riferimento accessibile a chiunque ne abbia diritto e chiede assistenza.  La consulenza legale e lo studio delle singole fattispecie e segnalazioni di violazioni sono lo step iniziale: prima si analizza la situazione, per poi chiedere  l’indennizzo previsto dalla legge, che dovrà essere valutato e quantificato dal giudice di riferimento.

L’atto autoritativo di chiudere molte attività economiche, come accaduto per le scuole e finanche per i tribunali, tentando addirittura di cancellare il diritto di difesa tramite inaccettabili proposte di processo da remoto, che non deve rimanere la regola, ha causato gravi danni personali, professionali ed economici, questo è indubbio. Senza stare a discutere se l’atto che ha imposto il lockdown, ossia il dpcm, sia legittimo o meno – e secondo noi non lo è come in ritardo purtroppo si vedrà – per tutti i danneggiati del lookdown  si deve far  riferimento prima di tutto all’articolo 2045 del codice civile.  Un articolo in cui è scritto chiaramente che se si subisce un danno a causa di forza maggiore, si ha il diritto ad un indennizzo, salvo provare anche il diritto ad un risarcimento danni in casi specifici e da esaminare accuratamente.

Per esempio: se cade un aereo  su un  terreno agricolo, oppure si rompe una diga, e l’area non può più essere gestita e coltivata  fino al ripristino dello stato dei luoghi e la messa in sicurezza, in base alle norme del codice civile si ha diritto ad un indennizzo, calcolato da un giudice, da parte dello Stato.   Bene, con il lockdown si è verificato un po’  lo stesso principio per imprenditori impediti a svolgere la loro attività commerciale. In particolare se si è in grado di dimostrare di aver subito una perdita di guadagno pari a “x”, si potrà richiedere un indennizzo al governo, e non certo la ridicola somma promessa dei 600 euro, molto meno anche del noto reddito di cittadinanza, elargito a chi non lavora per politica». Peraltro, dimostrare di aver perduto un incasso non è cosa difficilissima, ad esempio per un professionista che paga le tasse, è un principio di diritto molto semplice questo, e non riguarda per niente le provvidenze che lo Stato promette di dare alle imprese, non si sa quando.

L’obiettivo dell’azione legale è il governo, nella persona del Presidente del Consiglio, come le regioni che hanno danneggiato, anche per causa di forza maggiore, importanti  diritti, non meno rilevanti del diritto alla salute, in una società civile». Ma c’è di più: il dettato del 2045 potrebbe anche aprire la strada all’indennizzo per un danno psicologico, subito in casi di certa rilevanza e accuratamente dimostrabile.

 

VANE PROMESSE DEL GOVERNO

Milioni di imprenditori italiani potranno fare causa allo “Stato” perché le istituzioni nazionali o regionali non hanno previsto per gli imprenditori alcuna idonea e sufficiente forma di indennizzo, che invece la legge prevede. E certo non può essere considerato tale uno show televisivo o la vana promessa di  prestito garantito.

L’imposta chiusura di molte attività produttive ha danneggiato  e sta mettendo  a dura prova la tenuta del nostro sistema economico-finanziario. A seguito della pandemia di COVID-19 il Governo ha infatti dovuto emettere una serie di “legittimi “provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica che, tuttavia, hanno inevitabilmente cagionato nocumento agli imprenditori abbandonati al loro destino senza poter proseguire le loro attività.

Le istituzioni  hanno solo prospettato  una forma di “aiuto” per gli imprenditori consistente nella possibilità di accedere al credito bancario grazie alle garanzie poste in essere dallo Stato, iniziativa di fatto rivelatasi fasulla per i dinieghi delle banche. Gli imprenditori, pertanto, non solo hanno dovuto chiudere le loro attività rinunciando ai loro guadagni, alle loro prospettive di crescita, sobbarcandosi in questi mesi i costi dell’attività (tranne in alcuni casi il meccanismo della cassa integrazione), ma dovranno anche diventare debitori principali degli Istituti di credito a seguito della loro eventuale richiesta di prestito in caso di erogazione.

Insomma, lo Stato funge da garante mentre l’imprenditore – dopo aver subito ingenti perdite – dovrà pure indebitarsi e affrontare il costo finanche degli interessi e solite spese di sistema.

Per legge lo Stato, Governo o Regione a seconda delle limitazioni o chiusure imposte  dovevano prevedere una forma equa di indennizzo per gli imprenditori. Nel nostro ordinamento, l’indennizzo o indennità è la somma che viene corrisposta a un soggetto come ristoro patrimoniale per il sacrificio di un suo diritto che non deriva da un fatto illecito, ma da un comportamento autorizzato o imposto dalla legge.

L’articolo 2045 del codice civile prevede che il danneggiato possa chiedere un’indennità la cui misura è rimessa all’equa valutazione del Giudice adito, a carico di chi abbia compiuto il fatto dannoso costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona che non è stato dallo stesso volontariamente causato né altrimenti evitabile
Classico esempio di indennizzo previsto dallo Stato è quello per pubblico interesse previsto dall’articolo 834 del codice civile. Ad oggi  nessuna istituzione ha previsto valido strumento  di sopravvivenza per gli imprenditori. Se si vuole dare un senso al termine indennizzo previsto  dalle norme, non potrà essere sottaciuta la ratio della norma che sottintende la responsabilità dello Stato per non essere riuscito a tutelare “a monte” il cittadino.

Nel caso del COVID-19, lo Stato ha emesso dei provvedimenti legittimi proprio per scongiurare la diffusione della pandemia, che tuttavia hanno danneggiato seriamente gli imprenditori
Sicché, in astratto, è possibile per gli imprenditori chiedere allo Stato un indennizzo per le difficoltà cagionate dai legittimi interventi normativi del Governo o delle Regioni.
Solo un  provvedimento normativo che riconosca a tutti coloro i quali hanno subito danni economici (magari concertandolo con le diverse categorie) degli indennizzi risultanti idonei potrebbe disinnescare delle future cause. La  notizia di  class action contro le autorità di Pechino promosse dagli Stati Uniti per le presunte responsabilità della Cina nella diffusione del COVID-19 riguardano casi  di risarcimenti e non indennizzi, in quanto i promotori delle iniziative ritengono sussistenti delle responsabilità da fatto illecito delle autorità cinesi. Invece secondo il codice civile, artt. 843 e 2045, chi procura un danno grave se pur costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo, incorre nella responsabilità di indennizzare chi ne è stato vittima; così lo Stato italiano, autore del danno economico e patrimoniale arrecato alle aziende col famoso lockdown, per l’emergenza coronavirus, potrebbe essere chiamato a indennizzare milioni di imprenditori.

 

LA SFIDA

Questa è la sfida che lancia l’avvocato napoletano Angelo Pisani tramite il web, salvo che lo Stato italiano non adotti subito un provvedimento di Legge che riconosca idonee e sufficienti forme di indennizzo a chi ha subito limitazioni o danni, non certo identificabile nell’elemosina dei 600 euro o all’incitamento ad indebitarsi.

Se non ci sarà subito una risposta delle istituzioni, come avvocati  abbiamo il dovere di organizzare  una causa pilota per far sentire la voce e tutelare i diritti degli imprenditori, rivolgendoci al giudice civile, per richiedere un indennizzo per le attività costrette alla chiusura per il lockdown.  Deve esser chiaro l’art. 2045 c.c., prevede che l’autore del fatto dannoso (in questo caso il governo e/o le regioni ) commesso in stato di necessità (l’emergenza COVID 19) sia tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato (in questo caso le imprese costrette alla chiusura).

Durante il lockdown ci siamo trovati in una situazione di coesistenza di due diritti:

  • Diritto a tutela della salute (costituzionalmente garantito)
  • Diritto del singolo imprenditore, professionista od altro a non vedersi menomato nel godimento del proprio diritto di impresa (altrettanto costituzionalmente garantito)

Durante il lockdown  oltre due milioni di aziende, corrispondenti al 50 % delle imprese attive, sono state costrette a sospendere la loro attività riportando danni  in taluni casi incalcolabili,  danni patrimoniali ed economici considerevoli che si manifestano sia come mancate entrate che come perdite.

In mancanza di interventi idonei riteniamo che il Consiglio dei Ministri, come in altri casi le Regioni responsabili,  abbiano violato i doveri di diligenza, prudenza e periziache devono contraddistinguere l’attività amministrativa, causando un danno extracontrattuale ingiusto a tutte quelle imprese italiane che si sono viste costrette ad interrompere la propria attività senza una tutela o un’alternativa, abbandonate ad un ignoto destino tra annunci e chiusure . Da qui la necessità ed urgenza di  chiedere alla magistratura italiana e fino alla Corte Europea  la condanna del Governo o della Regione al pagamento di almeno una indennità ai sensi dell’art 2045 c.c. in favore delle imprese colpite dalla chiusura delle attività produttive, disposta tramite DPCM.

L’ordinamento giuridico offre la possibilità di dare ristoro all’imprenditore o al professionista danneggiato dal Lockdown, il cui diritto a fare impresa è stato sacrificato tanto da essere impedito in favore di un diritto altrettanto tutelato costituzionalmente.

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