IL MANDARINATO GIUDIZIARIO DELL’ITALIA

Pubblichiamo questo interessante articolo dell’avvocato Marco Della Luna tratto dal suo blog che analizza l’impressionante baratro nel quale è piombato il nostro Paese con il sovvertimento dei tre Poteri dello Stato e il predominio, di fatto realizzato, di quello giudiziario sugli altri due. Una lezione da meditare, sperando che ci sia ancora la possibilità di riportare i nostri assetti democratici all’impianto originario del padri costituenti. Di tutto rilievo l’aspetto dell’analisi che riguarda il moloch finanziario: Della Luna ci spiega perché l’oligarchia economica preferisce affidarsi ai magistrati e non ai politici, che sono soggetti al consenso popolare. Mentre la Casta dei magistrati è intoccabile ed inamovibile: appunto, un Mandarinato. 

 

Come il parlamento serve a creare un’apparenza di democrazia, così i tribunali servono a creare un’apparenza di legalità.

Nella scia del caso Palamara e di altri analoghi, oggi da più parti, anche da parte di magistrati non intruppati, si lamenta che il potere giudiziario da decenni è finito nelle mani o nei tentacoli di una organizzazione illegittima di magistritati-capi, un’organizzazione

-che lo usa per interessi privati e politici, per sostenere la sinistra (particolarmente il PCI-PD) colpendo (talora) arbitrariamente la destra,

-che si è presa il ruolo spettante della politica, svuotando così la democrazia elettorale,

-che tollera nella magistratura il turpe business sulla pelle dei minori,

-che copre le colpe dei suoi adepti togati,

-che gestisce il concorso di magistratura in modo truccato o truccabile, facendone un sistema di cooptazione massonica.

Luca Palamara

Questo è ciò che ha denunciato Il Riformista, e il CSM ha aperto un’inchiesta, che, come tutte, come quella del caso Palamara, ovviamente sarà trasparente e indipendente. Invero, la legge istitutiva del concorso niente specifica su come rendere irriconoscibili i compiti scritti, e lascia così agli esaminatori ampia facoltà di scegliere chi promuovere e chi non promuovere in base a criteri diversi dal merito.

Che il concorso di magistratura era truccato, l’avevo denunciato 18 anni prima de Il Riformista, nella prima edizione de Le Chiavi del potere (e allora nessuno si mosse), scrivendo: “Ma se su una cosa si può scommettere in un paese dove gare e concorsi pubblici sono sistematicamente truccati, è che il concorso che più zelantemente si cercherà di pilotare, sia quello di magistratura [che è gestito dal Consiglio Superiore della Magistratura; e, visto quel che è stato divulgato sul CSM, ci sarebbe da mettere in questione tutte le nomine dei magistrati in carica!]. E truccare quel concorso è facilissimo: tutte le buste sono numerate, basta cercare quelle il cui numero corrisponde al candidato che deve passare… io uno volta lo provai – una volta sola, perché (oltre a prendermi un colpo di calore a causa della mancante climatizzazione nell’aria stagnante e tropicale del Centro dei Congressi dell’Eur e a non essere assistito dall’apatico medico del concorso, privo dei necessari farmaci) vidi certi signori, forse commissari, davanti a tutti, dettare il compito a certi candidati.”

Da più parti, si fa altresì notare che siamo di fronte a una struttura illecita di controllo e potere dall’alto sui magistrati, sulle indagini e sulle decisioni giudiziarie, sicché a poco vale che la maggior parte dei magistrati siano persone per bene o perlomeno non siano complici volontari, per tornaconto o semplicemente per paura. A poco vale: l’effetto di insieme sarà una devianza di insieme. E il conseguente dato di realtà è che il potere giudiziario italiano, assieme alle sue decisioni, è complessivamente inattendibile e delegittimato, e che solo un babbeo o un bugiardo può dichiarare, oggi, di aver fiducia in esso e di demandare ad esso l’accertamento della Verità. Difendersi dal processo anziché nel processo, per contro, è pienamente giustificato – soprattutto se sono in causa interessi importanti e/o politici. Ma chi lavora nei tribunali non ignora i quotidiani rapporti di amicizia e affari tra certi giudici, certi avvocati, certi imprenditori – soprattutto in ambiti come quello fallimentare, dove si vendono beni a frazioni del loro valore di mercato. E tutto ciò è inevitabile, è la genuina espressione della mentalità del potere in questo Paese, identica in giustizia, politica, amministrazione.

Grottesco appare, infine, approvare, in base a una supposta superiorità morale dei magistrati sui politici, il fatto che il potere giudiziario si è appropriato del ruolo politico: in Italia, potere politico e potere giudiziario sono gestiti nel medesimo modo, ossia da comitati di affari, che portano di fatto avanti interessi e programmi propri e del capitalismo finanziario globalizzato, il quale (anche questo scrivevo nel 1992) preferisce affidarsi, per il controllo dell’Italia, al potere giudiziario perché esso in mano a persone che non dipendono dal consenso popolare, dalle elezioni, bensì sono funzionari tecnici nominati per concorso e che restano in carica a vita, salvo interventi dall’alto, proprio come i mandarini cinesi; mentre i politici italiani sono mutevoli, instabili, inaffidabili e mediamente molto ignoranti.

Avete mai guidato un veicolo cingolato? Al posto del volante, ha due leve, che comandano ciascuna un cingolo: avanti, fermo, indietro. Quando vuoi sterzare, fai avanzare un cingolo e blocchi l’altro. Similmente dirige il corso politico colui che controlla il potere giudiziario, perché può colpire, anche arbitrariamente, senza subire conseguenze, gli uomini politici della parte che disturba i suoi piani, e al contempo coprire i lucrosi traffici illeciti della parte che gli è funzionale, che porta avanti la sua agenda. Dato che la politica si fa con le clientele, ossia prendendo e distribuendo ‘utilità’ prese dalle risorse pubbliche,  perlopiù in modo illecito, per direzionarla basta evitare o insabbiare le indagini sull’affarismo delle formazioni politiche che sono utili, e indagare quelle che disturbano, passando informazioni alla stampa. Figuriamoci se la ‘giustizia’ vorrà risanare la politica, o la politica normalizzare la ‘giustizia’!

Enzo Tortora

L’atto di instaurazione del mandarinato giudiziario può essere individuato, psicologicamente, con la campagna di distruzione giudiziaria di Enzo Tortora, l’innocente che fu perseguitato pervicacemente con prove inventate, e poi nessuno pagò, anzi ci furono promozioni. Fu un chiaro messaggio terroristico agli Italiani in generale e specialmente ai politici: “badate bene a ciò che fate, vi possiamo distruggere anche se siete innocenti e anche se non ci sono prove”.

L’operazione più importante del mandarinato giudiziario fu invece Mani Pulite, che servì, oltre ad eliminare le forze politiche popolari diverse dal PCI-PDS da poco alleatosi col grande capitale mondialista, nonché a coprire la campagna di privatizzazioni e svendite decisa il 2 Giugno 1992 nel famoso Britannia Party, e pure a coprire l’insider trading intorno alla svalutazione della Lira nel Settembre 1992. Tale operazione fu completata dall’insabbiamento di indagini e denunce su molti ‘aspetti’ delle grandi privatizzazioni, le quali hanno portato alla privatizzazione-esterizzazione persino della Banca d’Italia. Da quei gloriosi ed eroici tempi ad oggi, la reputazione popolare della ‘giustizia’ è crollata, ma il potere politico del mandarinato non ne ha risentito.

L’operazione oggi in corso, è quella di insabbiare i recenti scandali giudiziari e in particolare consiste nel gestire la vicenda Palamara in modo appropriato.

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