Il ‘Chinavirus’ del presidente negazionista

Cresce in modo spaventoso il bilancio della pandemia negli Stati Uniti, la previsione di ulteriori aumenti di positivi e deceduti tocca dimensioni terrorizzanti. Finora quasi 2 milioni e 200mila i positivi, duecentomila i morti e l’imbonitore da strapazzo Trump prova a scaricare la sua personale responsabilità sul ‘nemico’ Cina. In corso di un comizio in Pennsylvania, lui e la folla rigorosamente senza mascherina, ha inventato per fanatico, quanto ingiustificato patriottismo un “Non chiamatelo corona. È Chinavirus”. Con gli americani che muoiono di Covid (specialmente i poveri), che affollano i reparti di terapia intensiva e incrementano senza sosta il numero di contagiati (30.000 infetti al giorno), il mistificatore tycoon osa dichiarare “Stiamo distruggendo il virus”.
Insulti pesanti, offensivi, rivolti a Biden, accreditato dai sondaggi di un +8%: “Indossa sempre la mascherina. (meno male, c’è qualcuno ad alto livello che dà il buon esempio, ndr). Il mio avversario è contro le armi (meno male! ndr) e contro Dio (???, ndr). Tutti quei soldi in chirurgia plastica per coprirla con una mascherina…noi abbiamo salvato milioni di vite (salvato?). Tra quarantadue giorni vinceremo le elezioni. Così millanta Trump, alla Salvini (sparare balle non costa niente, ndr). Ieri a Tulsa il mefitico presidente Usa ha rivelato di aver chiesto di ‘rallentare i test’ anti Covid perché (sic) portano a un incremento dei casi. Lo scopo è chiaro: meno test, meno accertamenti di americani ammalati, meno contestazioni al suo operato. A proposito, sei positivi nel suo staff al comizio di Tesla!
Una cosa è più che certa: il miliardario uruguaiano che tira calci, niente da dire con riconosciuta maestria, resta sudamericano come mamma l’ha fatto e detto tra noi il Bel Paese si libera del soggetto disposto a condividere un caso di corruzione. Fitto il parlottare di uomini e donne della Juventus con uomini e donne dell’Università specializzata in test, che spianano a stranieri la via della nazionalità italiana accertando la conoscenza di medio livello della lingua di Dante. Nasce tutto dalla libido dei vertici della squadra bianconera di regalare a se stessi e al neo allenatore Pirlo un surplus di potenza offensiva, già certificata da un altro miliardario del pallone, il lusitano Ronaldo. C’è forse di più indecente nelle ‘presunte’ trattative con la suddetta Università: il gioco  di prestigio proibito di azzerare le difficoltà dell’esame fornendo all’esaminando Luis Suarez le frasi da imparare a memoria. per dimostrare di essere degno dell’italianità. È andata due volte malissimo alla società di Agnelli: mentre Suarez sceglieva di l’Atletico Madrid per garantirsi l’ingaggio di dieci milioni versato per anni dal Barcellona, si delineava il pasticciaccio brutto, raccontato con   giustificato clamore del comportamento scorretto della società, oggetto di un’inchiesta scottante. Indaga la Procura di Perugia, indaga la Guardia di Finanza, indaga la FGCI: oggetto del procedimento è appunto l’esame farsa sostenuto dal famoso calciatore ex Barcellona, che la Juventus ha tentato di ‘acquistare’ a stratosferiche cifre di mercato. Per giocare nel nostro Paese l’asso uruguaiano, come ogni straniero, avrebbe dovuto dimostrare ‘confidenza’ con la lingua del nostro Paese. L’urgenza, rivelatasi fuori luogo, di ottenere l’ok e perfezionare il trasferimento calcistico nella squadra di Agnelli, ha fatto esplodere il caso del test fasullo. Cosa raccontano le intercettazioni degli esaminatori dell’Università per stranieri di Perugia: “Non spiccica una parola, ma non si può bocciare”. “Lui sta memorizzando le parti dell’esame”. “Abbiamo praticamente concordato con la persona che gli farà l’esame”. “Ho chiamato…chi gli ha fatto la simulazione dell’esame e abbiamo concordato. Mi ha detto, guarda, fagli scegliere ‘ste due cose”., “Non dovrebbe, ma passerà. Non puoi far saltare i dieci milioni d’ingaggio a stagione che percepisce”. “Una volta che è inserito nell’anagrafica io posso già mettergli il voto. Mi dici tu che voto ci do e via”. “Sul verbale non ho problemi a metterci la firma, perché in commissione ci sono io e mi assumerò la responsabilità dell’attribuzione del punteggio”. Chi ha indotto gli universitari di Perugia a costruire la farsa dell’esame fasullo? Il capo della procura della Federcalcio, Giuseppe Chinè, ha chiesto gli atti dell’indagine della magistratura ordinaria di Perugia per verificare eventuali violazioni al Codice di giustizia sportiva e decidere possibili sanzioni. La certezza di accurati accertamenti è garantita nella figura del procuratore capo di Perugia, il napoletano Raffaele Cantone.

Lascia un commento