Politica? Eh no, antipolitica

È pratica diffusa, ad ogni latitudine, il tenace lavoro che alimenta sentimenti qualunquisti e ampie aree di convinzione dell’antipolitica. Segnala la generale condizione di superficialità nella partecipazione disinformata alle trame complesse di democrazie e governi, è specchio dell’universale degenerazione che riduce il confronto tra ‘diversi’ a rissa, insulti, minacce, è sottocultura di chiassata da cortile?
L’ oramai lontana parentesi di dignità, vissuta da Napoli con la nobile figura di Valenzi primo sindaco comunista del sud Europa, è forse l’ultimo caso di illuminata progettazione istituzionale di una grande città. Nella giunta guidata dalla sinistra ogni tassello s’incastrava sinergicamente nel mosaico di competenze ed esperienze pregresse, al servizio di un programma organico, risultato di lavoro collegiale elaborato in dettaglio, reso noto alla città in tutte le sue componenti. La metodologia di quel fertile processo, in grado di ottimizzare il contributo dei singoli e collettivo, mise al tappeto, con un micidiale ko, le battagliere velleità delle opposizioni. Trasparenza: su questo caposaldo della democrazia partecipata si accese l’interesse del mondo e non meno l’attenzione positiva dei napoletani. Alle promesse seguirono sistematicamente un puntuale resoconto delle attività, le giustificazioni meticolose delle spese. L’esito delle iniziative intraprese fu documentato con puntualità quasi maniacale. Il ‘sistema’, evidentemente innovativo, fu importato in parallelo dal sindacato, consapevole di dover esternare obiettivi e finalità, in una stagione cruciale per il futuro della Napoli espropriata a est e a ovest della presenza determinante di attività produttive, con il devastante effetto collaterale della scomparsa della classe operaia. A distanza di molte migliaia di chilometri, la comunità brasiliana di Porto Alegre applicava, prima al mondo, la democrazia diretta del ‘bilancio partecipato’, del coinvolgimento popolare nel definire priorità e conseguente destinazione delle risorse pubbliche. Esempio, studiato, invidiato, non adottato dalle nostre parti.
Cosa rimane di quel clima, della ‘normalità’ di rendere esplicite le regole della politica, il rapporto tra chi governa e chi vi si oppone?  Meno di zero. I cosiddetti ‘grandi’ del mondo vivono di provocazioni verbali e non, s’insultano, perseguono il discredito reciproco, senza risparmio di colpi bassi, minacciano ritorsioni militari. Nei rispettivi ‘regni’ decidono e operano da despoti, reprimono con la violenza opinioni non organiche al sistema, imprigionano, governano a senso unico, alimentano la discriminante ricchi-poveri e soprattutto riducono il confronto politico a beghe insolenti, mentono, ricorrono al turpiloquio.
È mister tycoon, al secolo Donald Trump, il leader dell’’antipolitica, con cui gran parte del mondo, Italia inclusa, intrattiene rapporti di amicizia ma in posizione subordinata, senza dare di stomaco. Non è da meno il competitor cinese Xi Jinping e Putin non scherza, ma guardare lontano e ignorare l’antipolitica di casa nostra sarebbe errore da strabismo: in Italia l’infimo livello del conflitto maggioranza-opposizione propone clamorose testimonianze di liti, ingiurie, attacchi personali, che sfociano nelle prestigiose aule parlamentari in urla, insulti, assalti ai banchi del governo, scontri fisici e in sedi extra istituzionali, prima fra tutte i social, in messaggi vietati ai minori di 18 anni.
Il recente ‘scambio di vedute’ Trump-Biden è solo l’anteprima di un gioco al massacro, destinato al peggio di qui al 3 novembre, con reciproci complimenti di inadeguatezza a governare gli States. Il tycoon boicotta il voto via posta, con la speranza di scansare la data delle elezioni e nomina direttore generale un suo fidato suddito. Un importante senatore repubblicano, che voterà per il democratico Biden, è peraltro inviso ai dem perché sessista. Dalle nostre parti? L’ex ministro dell’interno Salvini, che sarà processato per sequestro di persona aggravato, insulta il premier Conte chiamandolo “Criminale, da arrestare”, con la bava alla bocca per l’auto esclusione dall’alleanza e dal governo gialloverde. Insomma, in vista del confronto-scontro di settembre, anche in Italia ne vedremo delle ‘belle’, vietate ai minorenni e contribuiranno a un balzo in su dell’antipolitica.

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