Roma, mandato bis, finto problema

Forse definirlo ‘falso in atto pubblico’ è forzare la mano, o forse no, se l’accusa si connette al coro dei sì per il ‘Raggi due’, esternato da autorevoli pentastellati. Primo dichiarante è il comico genovese, combattuto tra antichi e infranti sogni di un Movimento privo di sedi e ricchezze e la realtà di agire come un partito vecchia maniera, che viene meno al veto di candidature bis e lo fa spacciando la decisione di tifare per la rielezione della Raggi al Campidoglio come frutto di democratico ripensamento del popolo pentastellato. Il falso è tutto qui: sul tavolo non c’è la legittimità in astratto di una ‘Virginia due’, ma l’inconfutabile dato di una sindaca sprofondata all’ultimo posto della classifica dei sindaci delle grandi città italiane. Sulle ragioni del suo fallimento i media hanno versato fiumi di inchiostro. Inutile ri-enumerarle.
Un esponente istituzionale di Fratelli d’Italia mancava all’appello dei malnati della politica e la cronaca ha rimediato. Tale Orlando Fazzolari, sindaco di Varapodio da 24 anni per conto della Meloni, candidato alle regionali, è indagato dalla procura di Palmi sulla gestione per nulla trasparente del Centro di accoglienza per migranti. L’accusa è di aver favorito l’assunzione di amici per alimentare il proprio consenso elettorale e di aver distratto parte dei fondi a favore di parenti. I reati contestati: falso ideologico, frode nelle pubbliche forniture e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. “Non li ho commessi”, è la rituale recita del sindaco “confido nella magistratura”. Certo, spiegherà ai giudici anche come mai scarpe, vestiti e attrezzature sportive sono finiti nell’armadio del figlio anziché al Centro di Accoglienza.
Il club degli aderenti alla ‘casta’, beccati a giustificare lo schifo di parlamentari illegittimi accattoni, spieghi agli italiani onesti cosa nasconde la pressione interpartitica su chi custodisce gelosamente i nomi di deputati ed esponenti degli Enti locali che hanno scippato il Paese degli euro richiesti e ricevuti come bonus destinati a ben altro. Una ragione del traccheggiamento è palese, messo in atto per dar modo ai partiti implicati di organizzare l’auto difesa e, colmo della beffa, mostrarsi inflessibili censori dei furbastri. Ma come? Con il blando ‘paga pegno’ della sospensione? Sospensione per quanto tempo? Ma come, intascare il bonus non dovuto non è reato di truffa? Non per Salvini, per esempio.
Per noi comunissimi mortali con deficit conclamato di tecnoscienza è destinato a rimanere immerso nel buio il come l’inventore di Facebook abbia messo uno sull’altro 102 miliardi di dollari. Inutile aprire il proprio profilo alla ricerca di inserzioni pubblicitarie a cui gli analisti attribuiscono il rapido e vertiginoso arricchimento di Mark Zuckerberg. Non se ne trovano e cresce la sana, legittima invidia per il genio, che in età da discoteca e rapidi flirt, ha impegnato intelligenza e creatività per trovare nel mondo innovativo dell’informatica il suo pozzo di San Patrizio colmo d’oro.  Ma cosa accade nel pianeta del minimalismo italico di produzione e vendita? Il mistero si propone così: da anni, tre o quattro volte al giorno, su canali tv Rai e dei big del privato, un nota azienda, che fabbrica una vasta gamma di divani, prova a persuadere con accattivanti spot promozionali quant’è bello dotarsi di un loro prodotto, che ogni  fine settimana “ma solo fino alla prossima domenica” alletta con sconti del 50% + un altro 40 percento, consegna gratuita e piccole rate a lungo termine. Ma vuoi mettere? Tutto è in cambio del fare di ‘artigiani della qualità’, visibile in un numero consistente di show room sparsi in Italia. In parallelo si propongono in continuità un benemerito artefice del buon dormire, grazie a materassi scientificamente idonei al felice riposo, un colosso dell’iper commercio alimentare che si presenta con un allettante ‘uomini oltre le cose’, e una multinazionale del lifting, a cui si devono miracolose acque mucellari (?) e gocce di acido ialuronico che lisciamo, rimpolpano, spianano le rughe, rendono la pelle vellutata. Tirate un po’ di somme è arduo capire a quali risorse attingano tutti loro per onorare le fatturazioni dei network che trasmettono i loro ossessivi messaggi: per ogni trenta secondi di pubblicità televisiva a incassare più di tutti è Mediaset e comunque è di 83mila/centomila euro il costo di uno spot trasmesso prima o durante il programma d’intrattenimento ‘Striscia la notizia, di 68/90mila se a ridosso del Tg5 delle ore 20, di 56/66 mila se adiacente a ‘Report’ della Rai. Per chi ha confidenza con la moltiplicazione, il risultato approssimativo della trasmissione di duecento spot all’anno, al costo medio di 40mila lire a messa in onda, è di 160 milioni di euro. Quanti divani è indispensabile vendere per giustificare questo sontuoso investimento, quante creme antirughe?
Il nababbo Bannon, sostenuto dai miliardi di dollari che la chiesa americana di ultradestra investe per diffondere nel mondo il verbo della più bieca conservazione, è la punta d’iceberg di un movimento che si propone di imporre al mondo i peggiori valori della conservazione, dell’arretratezza culturale, della discriminazione razzista, del maledetto suprematismo, che trova negli Stati Uniti il suo punto più invasivo. Del club Bannon sono soci molti alti prelati americani e per esempio il cardinale Burke, che usa con cinismo minacce anti Biden, candidato democratico, antagonista di Trump. Intervistato da Fox News, emittente di sostegno del tycoon, Burke che tifa Trump, ha tuonato: “Niente comunione a Biden, sarebbe un sacrilegio”. Burke è lo stesso che nel recente passato si è schierato contro l’uso della mascherina antiCovid, perciò possibile responsabile di alcuni decessi da coronavirus. L’incredibile anatema, propone il cardinale Burke, vale per    tutti i “cosiddetti politici cattolici”. Il suo idolo, al secolo Trump, alla notizia della candidatura di Kamala Harris alla vicepresidenza degli Stati Uniti (se fosse Buden il successore del tycoon), ha sentenziato: “Buona coppia, ma inadatta a governare l’America” e il mondo pende dalle sue labbra: quando spiegherà perché inadatta? Grande attesa per le rivelazioni sul top secret dell’Oval Office della Casa Bianca, firmate da Bob Woodward nel nuovo libro dal significativo titolo ‘Rage’ (Rabbia). Da leggere prima del 3 novembre, data delle elezioni presidenziali Usa.

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